“Un Generale con il coraggio di cambiare”. Inizia la rivoluzione di Luongo che trasforma l’Arma?
Il nuovo Comandante Generale sfida la tradizione con una mossa di buon senso che nessuno aveva osato prima
In un’Arma dove ogni bottone racconta due secoli di storia, Salvatore Luongo ha fatto ciò che generazioni di comandanti non hanno avuto il coraggio di fare: ha eliminato la bandoliera dai servizi operativi. Un gesto apparentemente semplice che segna invece una rivoluzione nel rapporto tra tradizione e funzionalità all’interno dell’Arma dei Carabinieri.
La bandoliera, elemento quasi bisecolare dell’uniforme, non era solo un accessorio ma un simbolo. Nata nell’Ottocento per trasportare la polvere da sparo necessaria a caricare le carabine, era diventata nel tempo una delle immagini più iconiche del Carabiniere in servizio. Una cinghia di pelle bianca con fibbie in ottone, completa di giberna in pelle nera con inserti metallici, indossata fino al grado di Brigadiere e distintivo del militare “nell’esercizio delle proprie funzioni”.
L’ovvio che nessuno vedeva. Quanti alamari ci vogliono per cambiare una bandoliera?
La domanda sorge spontanea: come è possibile che per decenni nessuno abbia avuto il coraggio di eliminare un manufatto tanto ingombrante quanto potenzialmente pericoloso durante i servizi operativi? Considerazioni che persino un allievo carabiniere avrebbe potuto formulare sono rimaste ignorate da una lunga processione di comandanti, ciascuno carico di medaglie e galloni dorati, ma evidentemente a corto di pragmatismo.
Mentre il mondo correva verso il futuro, l’Arma sembrava aver messo le radici in un passato che nemmeno i più nostalgici ritenevano funzionale. Forse sarebbe bastato chiedere a qualsiasi carabiniere in servizio esterno cosa ne pensasse di quell’accessorio durante un inseguimento o un controllo in zone ad alta tensione.
Molti hanno annunciato grandi cambiamenti, hanno modificato dettagli dell’uniforme, ma al momento decisivo si sono fermati. Piccoli aggiustamenti, minimi ritocchi, mai però il tanto atteso taglio con la tradizione più ingombrante. La modernizzazione dell’Arma sembrava sempre a un passo, ma quel passo non veniva mai compiuto.
Coraggio, il nome del cambiamento
“Bravo Luongo, hai avuto coraggio”, è il sentimento che attraversa i ranghi. Perché è proprio di questo che l’Arma ha bisogno: il coraggio del cambiamento, quello che a molti è mancato. La speranza diffusa è che questa decisione non rappresenti un punto d’arrivo ma solo l’inizio di una fase nuova.
Certo, eliminare la bandoliera dai servizi operativi sembra un passo piccolo visto dall’esterno, eppure all’interno dell’istituzione rappresenta una svolta epocale. È come se il Colosseo improvvisamente cambiasse colore: apparentemente insignificante per i turisti distratti, ma un terremoto culturale per chi vive la storia romana ogni giorno. Un simbolo che cambia è sempre un mondo che si trasforma.
La scia di questo cambiamento potrebbe ora investire altri aspetti dell’uniforme, ancora bisognosa di aggiornamenti dopo decenni di immobilismo.
Oltre l’uniforme: sogni di rinnovamento
L’auspicio è che questo fiume di rinnovamento possa estendersi alla logistica, alle infrastrutture, al benessere del personale e alla semplificazione burocratica. Le caserme aspettano lo stesso coraggio mostrato con la bandoliera. I fascicoli cartacei che si accumulano negli uffici sognano la stessa determinazione. I carabinieri che lavorano con computer di un’altra epoca sperano che questo vento di cambiamento soffi anche nella loro direzione.
Forse si chiede troppo, ma i carabinieri, dopo anni di tradizione immutabile, hanno ricominciato a sognare. Se una bandoliera è caduta oggi, domani potrebbero cadere anche i muri dell’immobilismo logistico e burocratico che tanto pesano sul lavoro quotidiano dell’Arma.
Un gesto simbolico che va oltre la semplice eliminazione di un accessorio: Luongo ha dimostrato che anche in un’istituzione dove la tradizione è sacra, il cambiamento è possibile quando serve a migliorare l’efficienza operativa. E mentre i carabinieri si godono questo momento di modernità, l’Italia osserva con curiosità questa piccola grande rivoluzione in uniforme, chiedendosi se sia solo l’inizio di un vero rinnovamento o l’eccezione che conferma la regola dell’immobilismo.
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