Difesa

Nuovo capitolo per l’Ordinariato Militare: Saba succede a Marcianò. Cappellani Militari: una figura tra fede, polemiche e bilanci statali

Papa Francesco ha nominato arcivescovo Ordinario militare per l’Italia monsignor Gian Franco Saba, trasferendolo dall’arcidiocesi metropolitana di Sassari. La notizia, riportata dal Bollettino della sala stampa vaticana, segna l’avvio di un nuovo capitolo per l’assistenza spirituale alle forze armate italiane, in un momento di significativo avvicendamento ai vertici dell’Ordinariato.

Il saluto di Crosetto: tra gratitudine e accoglienza

Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha accolto con entusiasmo il nuovo Ordinario: “Sono lieto di poter dare il benvenuto nella grande famiglia Difesa a S.E.R. Monsignor Gian Franco Saba. In questi tempi di incertezza, sono certo che sarà illuminata guida spirituale attorno alla quale saprà unirsi la nostra comunità.”

Contestualmente, Crosetto ha espresso profonda gratitudine verso Monsignor Santo Marcianò, ormai al termine del suo mandato: “Oggi ho salutato Monsignor Santo Marcianò, che si appresta a concludere il Suo mandato. Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia, è stato una guida straordinaria e un faro che ha illuminato la via per tutti i militari e per l’intera Difesa”, ha dichiarato attraverso i canali ufficiali del Ministero.

Una struttura costosa in tempi di riforme

Mentre si celebra il passaggio di consegne, rimane aperto il dibattito sull’attualità e i costi dell’istituzione. Con 162 preti-soldato che gravano sulle casse dello Stato per oltre 11 milioni di euro l’anno, e con l’Ordinario militare equiparato a un generale di corpo d’armata (retribuzione annua lorda di 200mila euro), molti si chiedono se questa struttura sia ancora giustificabile.

Le voci critiche arrivano persino dal mondo cattolico. Gruppi pacifisti come il Coordinamento delle teologhe italiane, Pax Christi e il movimento Noi Siamo Chiesa chiedono apertamente che “la Chiesa cattolica rinunci ai preti-soldato, soprattutto in questo tempo di guerra mondiale che stiamo attraversando.”

Tra snellimento promesso e realtà dei fatti

La questione si inserisce in un contesto più ampio di discussione sull’efficienza della Difesa italiana. Mentre i vertici promettono snellimento e ottimizzazione delle risorse, la struttura dei cappellani militari sembra rimanere intoccabile, con la sua rigida gerarchia di gradi e stipendi:

  • Il vescovo ordinario militare equiparato a un generale di corpo d’armata (200.000€ annui)
  • Un cappellano addetto con i gradi di tenente (51.000€ annui)
  • Un cappellano di complemento equiparato a un sottotenente (37.000€ annui)

L’eco di don Tonino Bello in una Chiesa che cambia

“Cappellani sì, militari no.” L’appello di don Tonino Bello risuona ancora oggi, in un’epoca in cui Papa Francesco denuncia costantemente guerre e riarmo. È paradossale che mentre la Chiesa cerca di rinnovare la sua testimonianza di pace, l’istituzione dei cappellani militari, con tutti i suoi privilegi e la sua integrazione nella gerarchia militare, resista tenacemente al cambiamento.

Un’occasione per ripensare l’assistenza spirituale

L’arrivo di monsignor Saba potrebbe rappresentare un’opportunità per avviare una riflessione profonda sul ruolo dei cappellani militari in una società italiana sempre più secolarizzata e multiculturale. La domanda rimane: abbiamo davvero bisogno di 162 cappellani militari stipendiati dallo Stato nel 2025, o esistono modelli alternativi di assistenza spirituale più coerenti con i valori evangelici e con le esigenze di un moderno Stato laico?

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