Emergenza cappellani militari: governo abbassa l’età minima per far fronte al “calo vocazionale”
La presentazione alla Camera dei Deputati di un nuovo disegno di legge per modificare i requisiti dei cappellani militari ha riacceso i dubbi sulla reale necessità di questa istituzione nell’Italia contemporanea. Il provvedimento, presentato il 13 marzo 2025 dai Ministri Tajani e Crosetto, mira a facilitare il reclutamento abbassando l’età minima e accelerando il transito al servizio permanente.
I dettagli del provvedimento
Il disegno di legge, frutto del lavoro congiunto del Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani e del Ministro della Difesa Guido Crosetto, introduce alcune modifiche al Codice dell’ordinamento militare riguardanti i requisiti per i cappellani militari. Le principali innovazioni riguardano:
- La riduzione dell’età minima per la nomina a cappellano militare di complemento da 28 a 25 anni, eliminando contestualmente il limite massimo precedentemente fissato a 40 anni
- La riduzione da cinque a due anni del periodo di servizio continuativo necessario per poter presentare domanda di passaggio al servizio permanente
- L’eliminazione del limite di età massimo (45 anni) per il transito nel servizio permanente
Una figura sempre più anacronistica
Mentre lo Stato si preoccupa di ringiovanire il corpo dei cappellani militari, risuona ancora inascoltato l’appello lanciato dai gruppi cattolici pacifisti: “La Chiesa cattolica rinunci ai preti-soldato, soprattutto in questo tempo di guerra mondiale che stiamo attraversando. L’assistenza spirituale al personale militare può essere assicurata da cappellani senza stellette non inquadrati nelle forze armate.” Lo chiedono, con una lettera indirizzata al cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin e al cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi, il Coordinamento delle teologhe italiane, Pax Christi, il movimento Noi Siamo Chiesa, le Comunità cristiane di base e una serie di associazioni
Come ricordava profeticamente don Tonino Bello: “Cappellani sì, militari no.”
Con 162 preti-soldato che costano alle casse dello Stato oltre 11 milioni di euro l’anno, e con l’Ordinario militare equiparato a un generale di corpo d’armata con retribuzione annua lorda di 200mila euro, è evidente perché questa istituzione resista tenacemente al cambiamento.
Stellette e privilegi: i numeri che non tornano
La struttura attuale prevede cappellani perfettamente integrati nella gerarchia militare:
- Il vescovo ordinario militare è equiparato a un generale di corpo d’armata (200.000€ annui)
- Un cappellano addetto ha i gradi di tenente (51.000€ annui)
- Un cappellano di complemento è equiparato a un sottotenente (37.000€ annui)
Un dibattito mai veramente concluso
Negli anni passati si è effettivamente discusso della possibile abolizione del ruolo dei cappellani militari. Già nel 2015-2016 erano emerse proposte in questa direzione, sostenute da alcuni partiti e associazioni laiche, che sottolineavano come in un esercito moderno e in uno Stato laico tale figura potesse essere considerata anacronistica.
I costi attuali e la loro giustificazione
Il mantenimento di un organico di 162 cappellani militari rappresenta un impegno economico significativo. Sebbene la relazione tecnica affermi che non ci saranno “nuovi o maggiori oneri”, è legittimo interrogarsi sulla necessità di mantenere l’attuale struttura, considerando che:
- I cappellani militari hanno status, gradi e stipendi equiparati a quelli degli ufficiali
- L’organico attuale comporta costi che potrebbero essere destinati ad altre priorità delle Forze armate
- La società italiana è diventata sempre più secolarizzata e multiculturale
Un’occasione mancata per una riforma sostanziale
L’elefante nella stanza che nessuno sembra voler affrontare è proprio questo: abbiamo davvero bisogno di 162 cappellani militari stipendiati dallo Stato nel 2025?
Il disegno di legge presentato appare come un tentativo di rivitalizzare un’istituzione in affanno – lo ammette la stessa relazione citando il “generalizzato calo vocazionale” – piuttosto che un’opportunità per ripensare radicalmente l’assistenza al personale militare in una società profondamente cambiata.
Abbassare l’età minima e facilitare l’ingresso in servizio permanente sembra più una strategia di sopravvivenza istituzionale che una risposta alle effettive esigenze dei militari moderni. E così, mentre Papa Francesco continua a denunciare guerre e riarmo, l’istituzione dei cappellani militari – con tutti i suoi privilegi – rimane sorprendentemente intoccabile.

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