Durante gli interrogatori di garanzia i fatti sono risultati “parzialmente diversi” rispetto alle accuse iniziali. Tanto che, secondo il gip Tamara De Amicis, “la condotta dei pubblici ufficiali è stata assolutamente corretta“. Colpo di scena nell’inchiesta sugli appalti truccati nell’esercito che a inizio luglio ha portato all’arresto di 26 persone su oltre 60 indagati, fra cui ci sono ben 16 militari (6 in carcere) di ogni grado: generali, colonnelli, tenenti colonnello e brigadieri di esercito, aeronautica, carabinieri e Guardia di Finanza. Il giudice ha cambiato idea sui due colonnelli che secondo i pm hanno avuto un ruolo nell’appalto da oltre 9 milioni di euro per tende da campo da destinare ai militari. E ha negato le richieste di misure cautelari avanzate dall’accusa, revocando pure quelle per quattro ex dipendenti della ditta fornitrice.

Leggi anche Servizi Segreti, pronte le nomine. Ecco i nomi.

 

“Gli indagati hanno concordemente dichiarato – scrive il gip nel provvedimento – che dopo l’aggiudicazione della gara e la sottoscrizione del contratto emerse una problematica tecnica concernente il tipo di tessuto da utilizzare”. Da qui l’intervento dei militari e dei dipendenti della ditta fornitrice per ovviare al problema. I pm, invece, avevano ipotizzato che quell’iniziativa fosse spia di un episodio di frode, dal momento che il contratto prevedeva che fosse usato un tessuto di classe 1 (ignifugo), poi rivelatosi difettoso alle alte temperature. “La condotta dei pubblici ufficiali è stata assolutamente corretta”, ha invece chiarito il giudice, rimandando al mittente le richieste di misura cautelare a loro carico. Scagionati anche i dipendenti coinvolti nell’appalto per le tende, due dei quali difesi dell’avvocato Nicola Madia. Per loro sono stati revocati il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e il divieto di esercitare attività imprenditoriali.

Restano in pista, invece, le accuse nei confronti degli altri indagati per frode e corruzione negli appalti. Le gare più importanti riguardavano il centro logistico di Roma dell’Esercito italiano, il Comando generale dei Carabinieri, l’Istituto di medicina aerospaziale, l’ufficio del Capo di stato maggiore dell’Aeronautica, le direzioni di commissariato relativi agli aeroporti militari di Guidonia e Pratica di Mare e l’Agenzia di supporto e approvvigionamento della Nato (Nspa) in Lussemburgo. Alla base uno “specifico e bel collaudato sistema corruttivo”, come lo ha definito il gip, in cui gli alti ufficiali dell’Aeronautica militare si ponevano “in condizione di stabile asservimento ad interessi privati”.

Redazione articolo a cura del Fatto Quotidiano