Editoriale

Russia: “L’arresto di Putin sarebbe una dichiarazione di guerra”

Continua a far discutere in Russia il mandato d’arresto spiccato dalla Corte dell’Aia contro il presidente Vladimir Putin. Dimitrij Medvedev, già premier e capo dello Stato, dichiara che la sua cattura all’estero equivarrebbe a una dichiarazione di guerra.

La cattura del presidente russo, Vladimir Putin, da parte di un Paese straniero significherebbe una dichiarazione di guerra contro Mosca. È quanto affermato dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev, con particolare riferimento alla Germania, che sarebbe pronta a rispettare il mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro Putin per crimini di guerra in Ucraina.

Cattura di Putin: la posizione di Berlino

Le dichiarazioni dell’ex presidente russo arrivano, infatti, dopo che il ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann ha affermato che il mandato sarebbe valido in Germania. Posizione ribadita anche dal cancelliere Olaf Scholz, che, durante la sua visita in Giappone, ha assicurato che “nessuno è al di sopra della legge”.

Medvedev: “Dichiarazione di guerra, pronti a rispondere”

“Alcuni idioti, come il ministro della Giustizia tedesco, dicono: ‘Bene, se viene, lo arrestiamo.’ Capite cosa significa? Immaginiamo, il capo in carica di uno Stato nucleare (dotato di armi atomiche, ndr) arriva in un territorio, diciamo, della Germania e viene arrestato. Che cos’è? Una dichiarazione di guerra alla Federazione russa”, ha detto Medvedev in un’intervista a Ria Novosti. Secondo l’ex premier, in un caso simile Mosca userebbe i mezzi a sua disposizione per prendere di mira “il Bundestag, l’ufficio del cancelliere e così via“.

“Inutile cercare un accordo”

“Secondo me, è inutile cercare di raggiungere un consenso in alcune situazioni. Devi ignorare, e talvolta prendere decisioni simili a quella presa il 24 febbraio 2022 (sull’avvio dell’operazione militare speciale)”, ha dichiarato l’ex presidente alle agenzie di stampa russe.

“Gli accordi sono controproducenti in alcuni casi”, ha sottolineato. “È inutile cercare un accordo con alcuni Paesi, blocchi e associazioni di Paesi, perchè capiscono solo il linguaggio della forza!“, ha tuonato Medvedev.

Cosa vuol dire il mandato di cattura della Cpi

La Russia non riconosce la giurisdizione della Cpi, come precisato anche dal ministero degli Esteri di Mosca tramite la portavoce Maria Zakharova.  Sono infatti le forze di polizia nazionali a eseguire i mandati di cattura spiccati dalla Cpi (che non ha forze proprie). Nel caso di Putin, la Corte ha emesso un mandato di cattura che vincola non la Russia stessa, ma diversi Paesi vicini. Ciò non toglie che le autorità russe possano eseguire il mandato di propria volontà o addirittura consegnare il capo del Cremlino a un Paese che ha sottoscritto lo statuto che istituisce la Cpi. Entrambe ipotesi molto remote.

Il mandato fa discutere Mosca

Vale la pena sottolineare che il mandato, per quanto giuridicamente non valido per Mosca, sta comunque facendo discutere le autorità russe. Se da un lato Medvedev aveva definito “carta igienica” l’ordine della Cpi, non sembra casuale il fatto che se ne parli ancora a distanza di diversi giorni e che lunedì 20 marzo la procura generale di Mosca ha annunciato di aver aperto un’indagine penale sul procuratore della Cpi, Karim Khan, in risposta al mandato contro Putin.

Il peso di Xi Jinping

All’inizio della sua visita a Mosca, durata dal 20 al 22 marzo, il presidente cinese Xi Jinping si è detto “sicuro” che il popolo russo sosterrà il leader del Cremlino alle elezioni presidenziali che si terranno nel 2024. Il sottotesto è molto chiaro: dal punto di vista di Pechino la leadership di Putin non è in discussione. Quella della Cina – che come Usa e Russia non riconosce la Cpi – è anche una risposta sia al mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale nei confronti del leader russo, sia alle speranze di chi ipotizza un cambio di regime a Mosca.

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