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RICORSO 81/83, ALTRA PESANTE SCONFITTA PER L’INPS. MILITARI COSTRETTI A RIVOLGERSI ALLE CORTE DEI CONTI PER AVERE GIUSTIZIA

Sono sempre più frequenti i casi di orientamenti divergenti tra le varie sezione regionali delle Corti dei Conti in merito alla ben nota questione del ricalcolo pensionistico dei militari arruolati 81/83 sollevata per la prima volta proprio da Infodifesa.it.

Una materia così importante non può essere decisa secondo l’orientamento divergente tra le varie regioni, generando il paradosso che a parità di requisiti (e di errori subiti) si godano benefici previdenziali differenti per il solo fatto di essere residente in una regione piuttosto che un’altra.

Queste ambiguità alimentano la confusione e producono ingiustizia. In Sardegna il trend è differente, con le recenti sentenze pubblicate in questi giorni, infatti, il principio del riconoscimento delle richieste avanzate dai militari arruolati negli anni 81/83 è ormai riconosciuto da ben 4 sentenze favorevoli. Cosa ben diversa è l’orientamento delle altre regioni e da ultimo la Corte dei Conti Umbra. (clicca qui per leggere l’articolo).

Come detto, la corte dei conti Sardegna con due sentenze consecutive del 27 febbraio consolida l’orientamento positivo. A rivolgersi alla magistratura contabile per il ricalcolo pensionistico due ex sottufficiali, uno dell’Aeronautica Militare e l’altro dell’Esercito italiano, per richiedere il ricalcolo, la riliquidazione ed il pagamento del trattamento pensionistico erogato con attribuzione della percentuale del 44 per cento ai fini del calcolo della base pensionabile, il tutto con decorrenza dalla data di collocamento in congedo.

Peraltro –si legge nelle sentenze – non può essere dimenticato che l’ordinamento italiano è stato interessato, nei primi anni novanta, da un’integrale riforma del sistema pensionistico, che ha preso avvio con il D.lgs. n. 503 del 30.12.1992, il quale ha recepito i principi e criteri direttivi della legge delega, n° 421 del 23 ottobre 1992, ed è proseguita, per l’aspetto che qui interessa, con la legge 8 agosto 1995 n° 335, la quale ha introdotto un nuovo sistema di calcolo delle pensioni, dal sistema retributivo (imperniato sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi), al sistema contributivo (basato sull’ammontare dei contributi versati nell’intera vita lavorativa).

La stessa legge n° 335 (art. 1 comma 13), ha fatto salva, in regime transitorio, a favore dei dipendenti che avevano maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione della pensione “secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo” (calcolata, dunque, tenuto conto della retribuzione pensionabile, dell’anzianità contributiva e dell’aliquota di rendimento).

Per i dipendenti che, alla medesima data, avevano un’anzianità inferiore, il trattamento pensionistico è attribuito con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), in cui le anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 vengono calcolate secondo il sistema retributivo (quota A), mentre le anzianità successivamente maturate sono computate secondo il sistema contributivo (cfr. art. 1 comma 12, legge n. 335/1995).

Ne consegue che le modalità di calcolo della pensione e le relative aliquote, previste dall’art. 54 DPR 1092/1973, potranno trovare applicazione, in maniera integrale, laddove la pensione sia liquidata interamente secondo il sistema retributivo, o in maniera parziale, qualora la pensione medesima sia attribuita con il sistema misto (quindi sulla parte del trattamento che “rimane” in retributivo).

Al riguardo, non appare condivisibile l’interpretazione offerta dall’Istituto previdenziale, secondo cui la norma potrebbe trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui la pensione sia calcolata unicamente con il sistema retributivo.

Detta affermazione, infatti, non trova riscontro nel dato testuale della disposizione, la quale, per come formulata, attribuisce l’aliquota del 44% a coloro che possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni, mentre il successivo comma chiarisce che la disposizione del comma 1 non può intendersi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio, atteso che esso prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1.80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo. Né è dato rinvenire alcuna norma che abbia limitato, nei sensi voluti dall’INPS, l’applicazione dell’aliquota pensionistica di cui all’art. 54 al solo sistema retributivo, desumendosi per contro, chiaramente, dalle leggi più sopra succintamente riportate, che hanno ridisegnato il sistema pensionistico, il mantenimento, per le quote di pensione maturate anteriormente al 31 dicembre 1995, dei precedenti criteri di calcolo (limitati alla quota A).

La corte ha, infine, rammentato che lo stesso INPDAP, nella circolare n. 22/2009 aveva chiarito che le norme citate andavano applicate nel senso ora detto.

Pertanto atteso quanto sopra la Corte dei Conti ha accolto i ricorsi ed in virtù di tale accoglimento competono ai ricorrenti gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.

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