Poliziotto sanzionato per la pausa merenda: il TAR respinge il ricorso
(di Avv. Umberto Lanzo)
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto ha rigettato il ricorso n. 340 del 2023 presentato da un agente della Polizia di Stato contro un provvedimento disciplinare. La sanzione era stata inflitta all’agente dopo un diverbio con un superiore che lo aveva rimproverato perché stava mangiando un frutto durante l’orario di lavoro.
I giudici hanno reputato corretta la sanzione, ribadendo «il dovere per gli appartenenti alla Polizia di Stato di improntare i rapporti di subordinazione gerarchica e funzionale al massimo rispetto e cortesia».
La ricostruzione dell’episodio
L’episodio risale al 13 settembre 2021, quando l’addetto all’ufficio passaporti della Questura aveva fruito di una pausa nei locali dell’ufficio ed era stato ripreso da un funzionario sopraggiunto nel frattempo. Il superiore gli aveva intimato di ritornare alla propria postazione, contestandogli di essersi allontanato malgrado fosse operativo un solo sportello su tre e nonostante la presenza di utenti in attesa.
Nella relazione di servizio presentata dal superiore il 15 settembre 2021, era stato precisato che, al suo arrivo, l’agente:
- Si trovava all’interno della sala attigua agli sportelli dell’ufficio passaporti, appoggiato ad un mobile ed intento a conversare con un collega
- Rispondeva alla richiesta di spiegazioni sostenendo «che aveva diritto ad una pausa, che stava mangiando una banana e stava in pausa»
- A seguito della contestazione, si alzava di scatto sbattendo le mani sul mobile cui era appoggiato, ribadendo di avere diritto ad una pausa
Il provvedimento disciplinare
Il Questore con nota del 13 ottobre 2021 contestava gli addebiti all’agente, sostenendo che la sua condotta risultava contraria alle disposizioni contenute negli artt. 11, comma 2, e 14 del d.P.R. n. 782 del 1985, che impongono al personale della Polizia di Stato di improntare i rapporti di subordinazione gerarchica al massimo rispetto e cortesia, evitando di diminuirne o menomarne l’autorità ed il prestigio.
L’agente presentava controdeduzioni il 29 novembre 2021, negando di aver tenuto un comportamento scorretto e producendo le dichiarazioni di due colleghi:
- L’assistente capo coordinatore che era in sua compagnia nella sala attigua
- L’assistente amministrativo addetto ad uno degli sportelli
Entrambi confermavano che inizialmente non c’erano utenti in attesa quando l’agente aveva iniziato la pausa, ma che questi erano sopraggiunti successivamente.
La sanzione e i ricorsi
Su questa base, il Questore con provvedimento del 10 gennaio 2022 infliggeva la sanzione del richiamo scritto all’agente per “contegno scorretto verso un superiore” ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 6) del D.P.R. n. 737/1981.
L’agente presentava ricorso gerarchico al Capo della Polizia il 7 febbraio 2022, che veniva respinto con decreto del 7 dicembre 2022, notificato il 30 gennaio 2023. Nel decreto, il Capo della Polizia sosteneva che la condotta dell’agente era stata «inequivocabilmente accertata, in sede d’istruttoria» e che questi aveva «posto in essere un comportamento scorretto e privo di senso di responsabilità, venendo meno alle regole deontologiche che obbligano l’operatore della Polizia di Stato alla lealtà e al rispetto nei confronti di superiori».
Il ricorso al TAR e le argomentazioni
Nel ricorso al TAR, l’agente, rappresentato dall’avvocato Mariagrazia Rua, deduceva l’illegittimità del decreto per:
- Violazione dell’art. 3, primo comma, n. 6), d.P.R. n. 737 del 1981 e del combinato disposto dai successivi artt. 13 e 14
- Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione e travisamento dei fatti
L’agente sosteneva che il provvedimento sanzionatorio erroneamente indicava che egli si sarebbe assentato nonostante la presenza di utenti, mentre dalle dichiarazioni dei colleghi emergeva che gli utenti erano sopraggiunti solo successivamente. Inoltre, negava di aver tenuto un contegno scorretto verso il superiore.
La decisione del TAR
Il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi addotti dall’agente. I giudici hanno evidenziato che:
- Sulla presenza di utenti: È provata la presenza, «sia pur sopravvenuta», di utenti presso l’ufficio passaporti nel momento in cui l’agente non era allo sportello e giungeva il superiore. Le testimonianze dei colleghi confermano che, durante la pausa, alcuni utenti erano effettivamente entrati nell’ufficio.
- Sul tono delle risposte: L’assenza di riscontri specifici circa le modalità con cui l’agente ha esternato le proprie giustificazioni «non consente di ritenere che l’applicazione della sanzione disciplinare presenti profili di irrazionalità o di illogicità o sia frutto di un palese travisamento dei fatti».
- Sull’autorità del superiore: Il TAR ha sottolineato che, a fronte del precetto che impone di astenersi da condotte che possano «diminuirne o menomarne, in qualunque modo, l’autorità ed il prestigio» del superiore, «anche il fatto di affermare con forza, in presenza di altri dipendenti, il proprio diritto di fruire di una pausa» può integrare la violazione di tale dovere.
Il Tribunale ha quindi concluso che l’applicazione della sanzione disciplinare «non presenta profili di irrazionalità o di illogicità, né risulta frutto di un palese travisamento dei fatti», essendo stata esercitata «all’esito di un compiuto esame degli elementi di prova acquisiti».
Il principio di diritto e le spese
La sentenza ribadisce un importante principio: la valutazione disciplinare dei fatti contestati ad un dipendente della Polizia di Stato appartiene alla sfera di discrezionalità dell’Amministrazione e, «eccetto che in ipotesi di manifesta irrazionalità, illogicità, travisamento dei fatti o sproporzione, non è ammissibile il sindacato giurisdizionale in ordine alla scelta di comminare una determinata sanzione disciplinare».
Il TAR ha condannato il ricorrente a rifondere all’amministrazione resistente le spese di giudizio, liquidate nella somma di € 1.000,00, oltre accessori di legge.
La conclusione: pausa sì, ma con educazione
Il messaggio finale della sentenza è chiaro: via libera alla merenda in servizio, ma con educazione verso gli altri, soprattutto se si tratta di superiori. Il diritto alla pausa non è in discussione, ma le modalità con cui si risponde alle contestazioni dei superiori devono sempre rispettare i principi di gerarchia e subordinazione funzionale propri della Polizia di Stato.
LEGGI ALTRE SENTENZE DELLA SEZIONE AVVOCATO MILITARE DI INFODIFESA
Cosa Aspetti? Al costo di meno di un caffè al mese potrai leggere le nostre notizie senza gli spazi pubblicitari ed accedere a contenuti premium riservati agli abbonati – CLICCA QUI PER ABBONARTI
Infodifesa è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale