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PENSIONI 81/83, INPS FA ORECCHIE DA MERCANTE CON I MILITARI, SARA’ LA CORTE DEI CONTI A PRONUNCIARSI

L’inps, probabilmente per una soggettiva valutazione della problematica, prima accoglie i ricorsi, poi fa retromarcia, senza fornire le adeguate spiegazioni.

Sono in molti a chiedersi: “ma siamo in Italia o in un Paese dell’America Latina?”

Chi si è occupato della vicenda aveva previsto questo comportamento. E’ conosciuto ai più che l’INPS consideri le pensioni dei militari una sacca dei privilegi al pari dei politici e di alti funzionari di Stato, tant’è che i ricorsi presso le sedi competenti delle Corti dei Conti erano già stati approntati ancor prima che la Direzione Centrale dell’INPS, attraverso gli uffici di Arezzo, riliquidasse la pensione del primo ricorrente accogliendone le istanze.

La bontà delle valutazioni di chi si è accorto che le interpretazioni delle norme ancora in vigore venivano disattese è data dal fatto che persino alcuni sindacati di polizia (scoprendo con estremo ritardo che la 121/81 privandoli della condizione di militari, ha avuto conseguenze anche sul calcolo pensionistico) sono insorti affinché la loro amministrazione li tutelasse nella condivisibile considerazione che, a differenza del convincimento dell’INPS, le pensioni dei militari e degli appartenenti delle forze di polizia sono già pesantemente mortificate per coloro i quali vengono collocati in congedo ora, con il sistema misto.

Vengono i brividi a pensare a quanto ammonterà la pensione di un militare e/o un poliziotto che si congederà tra venti anni. Un inciso non trascurabile è la riflessione che dal ’95 è impedito a questi lavoratori in divisa di accedere ai fondi previdenziali negoziali.

Tutto il web parla di questo argomento ed oramai ogni militare arruolato in quel periodo (01/01/1981 – 30/06/1983) sa qual è il motivo del contendere: il fatidico art.54 del dpr 1092/73 che prevedeva e, fino a prova contraria prevede, che nel periodo retributivo, al 31/12/1995, al militare con una base pensionabile compresa nella forbice 15/20 anni la pensione debba essere calcolata con il 44% e non con il 35%. Ciò spiega perche, in linea di massima, tutti quelli che sono fuori da quelle date di arruolamento non rientrano nella casistica dell’articolo in parola.

Tutte le norme successive, comprese le circolari della ex INPDAP, diligentemente allegate ai ricorsi (rigorosamente gratuiti), richiamano il contenuto di tali disposizioni.

Ovvio che per l’INPS ammettere l’errore significhi ricalcolare le poche pensioni di chi si è congedato per motivi diversi dall’anzianità ma soprattutto modificare il metodo di calcolo per tutti coloro i quali, arruolati in quel periodo, nel triennio 2017/2019 verranno collocati naturalmente in congedo.

Un esborso che le casse dello stato non possono permettersi. Questo è quanto sinora si legge tra le righe. Rimaniamo in attesa della pronuncia della Corte dei Conti.

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