Avvocato Militare

Indennità di Pasto Negata? I Diritti del Finanziere in trasferta nella propria città

(di Avv. Umberto Lanzo)


Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha emesso una sentenza di grande rilevanza per il personale della Guardia di Finanza. Con la decisione n. 1006/2025, pubblicata il 20 gennaio 2025, il TAR ha stabilito che al finanziere in missione nel proprio luogo di dimora, che per ragioni di servizio non abbia potuto consumare il pasto, spetta comunque il rimborso, disapplicando la circolare interna della Guardia di Finanza che prevedeva il contrario.

Contesto della Sentenza:

Il ricorrente, luogotenente c.s. della Guardia di Finanza, era stato comandato a svolgere servizi di protezione di personalità sotto tutela presso la Procura della Repubblica di Catanzaro. A causa della natura del servizio, che si protraeva per oltre 10 ore consecutive senza possibilità di interruzione, si trovava nell’impossibilità oggettiva di consumare il pasto.

Tuttavia, la Guardia di Finanza aveva negato l’indennità per la mancata fruizione del pasto, sostenendo che il rimborso spettasse solo per pasti effettivamente consumati e documentati, come stabilito dalla circolare n. 181845 del 16 luglio 2020  la quale, al punto 7 g, prevede che “qualora la sede di missione coincida la località di mora del dipendente al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati

Il Dispositivo della Sentenza:

Il TAR Lazio ha accolto il ricorso del finanziere, stabilendo che la normativa vigente, in particolare l’articolo 36 comma 8 del d.P.R. 51/2009, riconosce il diritto al rimborso del pasto non fruito per ragioni di servizio, indipendentemente dalla coincidenza tra sede di missione e luogo di dimora del dipendente.

Il Collegio ha evidenziato che “la lettura restrittiva della Guardia di Finanza contrasta con il principio di ragionevolezza, poiché nega il rimborso proprio nelle situazioni più disagevoli, in cui il servizio impedisce qualsiasi pausa pranzo”.

Nel pronunciarsi a favore del ricorrente, il TAR Lazio ha sottolineato che la normativa sulle missioni deve essere interpretata in modo coerente con i principi di equità e tutela del personale. In particolare, il Collegio ha evidenziato come la mancata fruizione del pasto per cause di servizio non possa tradursi in una penalizzazione economica per il dipendente, il quale non ha alcuna possibilità di evitare la situazione.

Le Conseguenze Giuridiche:

La sentenza impone alla Guardia di Finanza di disapplicare le circolari che subordinavano il rimborso alla documentazione di un pasto effettivamente consumato. Di conseguenza:

  • I finanzieri in missione nel proprio luogo di dimora, che per motivi di servizio non riescano a pranzare, potranno richiedere il rimborso.
  • La decisione potrebbe avere ripercussioni su altre amministrazioni con regolamenti simili.
  • La Guardia di Finanza dovrà rivedere le proprie disposizioni interne in materia di indennità di pasto.

Questa sentenza potrebbe aprire la strada a numerosi ricorsi da parte di appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate che si trovano in situazioni analoghe. Potrebbe inoltre stimolare una revisione generale delle normative interne sulle indennità di missione.

Giustizia a caro prezzo: quando la burocrazia militare costa più della dignità

È paradossale che, mentre si pretendono sacrifici estremi dal personale in divisa, l’amministrazione militare continui a trincerarsi dietro interpretazioni burocratiche bizantine per risparmiare pochi spiccioli. Un militare costretto a saltare il pasto per dovere si ritrova a dover finanziare di tasca propria una battaglia legale che costa migliaia di euro, solo per vedersi riconosciuto un diritto fondamentale da trenta euro scarsi. Questa miopia amministrativa non solo offende la dignità di chi serve lo Stato con dedizione, ma rivela una cultura istituzionale ancora ancorata a una logica punitiva piuttosto che di valorizzazione del personale. È tempo che i vertici militari comprendano che la lealtà si nutre di reciprocità e che nessuna circolare può legittimare l’ingiustizia mascherata da rigore.

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