Carabinieri

GENERALE TOMASONE: “METTERE PIÙ DIVISE IN CAMPO, VISIBILI E REATTIVE”

E’ quanto ha detto il Generale di Corpo d’Armata Vittorio Tomasone in un’ Intervista di Giovanni Marino a “Repubblica”. “Quando Vittorio Tomasone, tra gli anni Ottanta e i primi Novanta, era un investigatore in prima linea, «il fenomeno delle “stese”, i raid a colpi di pistola all’impazzata, non esisteva». C’erano, invece, molti omicidi, «ma il fatto che questi siano drasticamente diminuiti, assieme alla percentuale di tutta una serie di reati che prima tormentavano la città, sembra non aver dato maggiori certezze ai napoletani che, invece, reclamano, con più forza di prima, maggiore sicurezza e noi dobbiamo dare ascolto alla loro percezione della realtà, è nostro compito istituzionale e mio dovere, nel ruolo che oggi occupo». Il generale Vittorio Tomasone fa il punto sul suo ritorno a Napoli, otto mesi dopo la sua prestigiosa nomina a comandante interregionale dell’Arma dei carabinieri. L’occasione per un dialogo ad ampio raggio è una gradita visita alla nuova sede di “Repubblica”, in via dei Mille 16.

Generale Tomasone, quegli spari all’improvviso, quelle scorribande di piombo, preoccupano, e molto…
«Sono azioni scelleratissime. Chi le compie, ne sono convinto, non percepisce in pieno le possibili nefaste conseguenze di quei proiettili esplosi. Più che di camorra nel senso tradizionale, parlerei di gangsterismo urbano, sparano per essere riconosciuti, per dire noi ci siamo e vogliamo essere considerati clan dominante. Non sparano per uccidere, ma è purtroppo ovvio che il morto può scapparci in ogni occasione. Tuttavia, codice alla mano, azioni comunque gravi cosa sono? Spari in luogo pubblico con l’aggravante di aver agito con metodologie e finalità camorristiche. Questo dice la legge, ma bisognerebbe tenere conto del fatto che la criminalità ha avuto una sua evoluzione…».

C’è dunque, nell’azione di contrasto al crimine un problema di leggi non più al passo con i tempi?

«Il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, ne ha discusso frequentemente con i ministri in questi mesi. Sicuramente la legislazione andrebbe aggiornata, non dico stravolta, ma adeguata alle azioni delittuose che oggi vengono compiute rispetto al passato. Non è un lavoro semplice, ma sarebbe molto utile».

In tal senso molti spingono per togliere i figli alle famiglie inquinate dalla malavita organizzata. Che ne pensa?
«Penso che sia una operazione molto difficile, non la vedo tanto. Ci sono poi implicazioni pedagogiche e psicologiche delicatissime».

Come ha trovato nel complesso Napoli, che aveva lasciato circa 25 anni fa agli albori di Tangentopoli, con varie faide tra clan in corso e dopo aver scoperto che Diego Armando Maradona era caduto nella spirale della droga?
«Migliorata. Anche se sofferente, perchè i problemi sono tanti e non di facile soluzione. Ma decisamente migliorata. Quel lungomare è uno spettacolo e vedere così tanti turisti italiani e molti stranieri era un qualcosa di impensabile quando sono andato via. Bello, tutte quelle navi da crociera poi…Ma da carabiniere dico subito che dobbiamo difendere questo turismo. Assolutamente. È un valore nuovo per la città e va messo in totale sicurezza. Perchè, attenzione, se è vero che la camorra impoverisce una città allontanando gli investimenti e lasciando il campo a un’economia opaca, i reati predatori aumentano la percezione di insicurezza e hanno vasta eco anche fuori dai confini cittadini e causano un danno altrettanto grave all’immagine della città. Dunque, vanno combattuti entrambi».

Con quale strategia, generale?
«Controllando il territorio. Che significa, concretamente, mettere più divise in campo, visibili e reattive. Il cittadino deve vederle e deve sapere che sono lì per uno scopo preciso. Ed è quello che stiamo facendo. Il controllo del territorio è fondamentale e si fa schierando gli uomini nei posti strategici, negli orari strategici e con compiti strategici. Siamo partiti così, sono convinto che funzionerà».

Tornando in città da generale ha ritrovato, come capo della Procura, quello che, quando lei andò via, era un giovane ma già impegnatissimo pm…
«Il procuratore Giovanni Melillo. E devo dire che ne sono stato ben lieto. Tra l’altro il capo dei pubblici ministeri napoletani e tutto il suo ufficio stanno lavorando alacremente. E sono inoltre felice di aver visto come il procuratore ami il confronto, discuta con noi addetti ai lavori di situazioni e strategie, ascolti i pareri senza preclusione. C’è una bella e proficua collaborazione con la Procura di Napoli, un ufficio forte e competente».

Qual è il primo obiettivo da raggiungere che si pone?
«Come diciamo spesso con il generale Nistri, che conosce benissimo il territorio per le sue recenti esperienze, vogliamo dare una risposta oggi e non prometterne una domani. Insomma, questa città non può e non deve attendere una risposta alla sua domanda di sicurezza. Siamo impegnati su questo, con tutti i carabinieri, che ringrazio per la loro dedizione. E poi mi lasci dire una cosa, magari un po’ romantica ma assolutamente sentita, vera…».

Prego, generale…
«C’è sempre un motivo in più per fare le cose migliori per questa città. Perchè Napoli per me, e credo non soltanto per me, è qualcosa di più: è uno spirito che si è fatto storia, una storia che si è fatta città. Tutti vengono a Napoli almeno una volta nella vita. Tutti vogliono venire a Napoli. E tutti, nonostante le difficoltà e i problemi, la amano nel profondo. La criminalità, in qualsiasi sua forma, la offende. E noi, come carabinieri, siamo qui per cancellare questa offesa insopportabile».

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