Avvocato Militare

Buoni pasto negati a 180 carabinieri: il TAR dà ragione (in parte) ai militari

La battaglia dei turni senza mensa

(di Avv. Umberto Lanzo)

Una battaglia legale condotta da oltre 180 carabinieri delle Marche si è conclusa con una vittoria parziale ma significativa: il TAR ha riconosciuto il loro diritto a ricevere i buoni pasto sostitutivi, negati per anni in base a una prassi interna dell’Arma.

Al centro della controversia, una prassi interna dell’Arma che subordina il diritto al vitto gratuito a un turno di servizio che si prolunghi di almeno un’ora oltre le 14 o le 20. Una condizione che, secondo i ricorrenti, non ha alcun fondamento nella normativa primaria e ha impedito per anni la corresponsione dell’indennità.

Il ricorso dopo il rigetto della diffida

La causa è nata dal rigetto della diffida notificata il 16 maggio 2024 ai comandi competenti da parte dei militari interessati. La determinazione n. 247/3-2024 del 3 giugno 2024, emessa dal Comando Legione Carabinieri Marche, ha negato l’accoglimento dell’istanza. Da qui il ricorso presentato al Tribunale Amministrativo Regionale, con cui i carabinieri hanno chiesto l’annullamento del provvedimento e l’accertamento del diritto ai buoni pasto non ricevuti nel periodo compreso tra il 2019 e il 2024.

Nel mirino anche le due pubblicazioni del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – la “N-29” dell’11 dicembre 2021 e la “C-19” del 30 agosto 2021 – ritenute illegittime in quanto limitative rispetto a quanto previsto dall’art. 61 del D.P.R. n. 254/1999 e dalla Legge n. 203/1989.

La sentenza: rigetto parziale ma principio confermato

Il TAR ha accolto il ricorso solo in parte, respingendolo per uno dei ricorrenti che, tra il 2017 e il 2022, aveva prestato servizio all’estero presso un’ambasciata, ricevendo già un’indennità onnicomprensiva. Ma per gli altri carabinieri coinvolti nel ricorso, la sentenza è chiara: il diritto al buono pasto sostitutivo esiste, anche se il turno non supera l’ora oltre la soglia indicata dalle circolari interne.

Secondo quanto stabilito dai giudici, le direttive dell’Arma non possono modificare o restringere i diritti garantiti dalla legge, e l’amministrazione non ha fornito prova sufficiente di aver messo i militari in condizione di usufruire della mensa o dei servizi convenzionati.

Cosa cambia ora per i militari

I militari riconosciuti come aventi diritto potranno ora ottenere gli importi sostitutivi del buono pasto per tutti i giorni in cui non hanno potuto accedere alla mensa, a partire dal 16 maggio 2019. Le somme andranno maggiorate degli interessi legali, ma non rivalutate monetariamente, in quanto non si tratta di una retribuzione in senso stretto.

L’Arma, tuttavia, potrà ancora intervenire in sede esecutiva per contestare singoli casi, purché sulla base di documentazione già presente agli atti. La sentenza, infatti, lascia aperta la porta a verifiche puntuali, ma fissa un principio: le norme interne non possono comprimere un diritto previsto per legge.

Un precedente che farà scuola

Pur senza rotture clamorose, questa decisione conferma l’orientamento giurisprudenziale già espresso in sentenze precedenti. La mancata predisposizione di alternative concrete per il vitto durante i turni, unita a una regolamentazione interna più restrittiva della legge, non può andare a danno del personale.

Una decisione che, con tutta probabilità, avrà impatto anche in altri contesti e comandi territoriali dove simili prassi sono ancora in vigore. La sentenza, seppur tecnica nei toni, lascia un messaggio chiaro: i diritti non si interpretano al ribasso, nemmeno per chi indossa una divisa.

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