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UNA NOTIZIA BUONA ED UNA CATTIVA. SIAMO TUTTI MARO’

 

L’altro ieri su tutte le tv, radio e giornali abbiamo assistito alla visita del segretario di Stato americano John Kerry a Roma, ufficialmente per promuovere maggiori sforzi alla coalizione nella lotta al terrorismo. Il Governo italiano nelle parole del Ministro Gentiloni ha affermato che “..l’Italia è pronta sulla Libia a fare la sua parte..».
Come nelle migliori tradizioni, nella conferenza Stampa ci sono state due notizie, una buona e una  cattiva. Quella buona è stata data la risposta ufficiale che la ditta italiana (Trevi SPA di Cesena) avrà l’appalto dei lavori di ristrutturazione della diga di Mosul (a 50 km dalla città), quella cattiva è che la sicurezza del cantiere toccherà alle truppe italiane. Se ne parlava già da Dicembre, era tutto in forse, c’erano resistenze da parte del Governo Iracheno. Con la conferenza stampa la diplomazia ha fatto il suo corso, ha strappato il contratto con buona gioia per l’azienda romagnola e per i militari. Si tratta di un progetto di ristrutturazione di 200 milioni di dollari, niente di che, però dà vita ad un cantiere con poco più di 40 tecnici italiani a tempo indeterminato.
Tra la gioia per l’appalto vinto dall’impresa italiana, il Segretario Kerry ha rassicurato che non ha intenzione di mettere gli scarponi sul suolo iracheno, salvo poi precisare che Assad rimane l’asse magnetico del terrorismo, tuttavia, per il momento Obama è contrario ad un intervento in Siria a meno che non si presentano situazioni particolari (chi lo sa, magari spuntano armi di distruzione di massa). Alcuni analisti imputano l’abbandono al consueto interventismo americano all’approssimarsi delle elezioni presidenziali, nessuno vuole prendersi la briga di fare un’altra guerra, l’elettorato medio americano non gradisce più come un tempo l’attivismo militare, così democratici e repubblicani hanno pensato bene di muoversi in giro per il mondo in cerca di alleati, capaci di temporeggiare l’attesa del nuovo Presidente. La Francia fa da eco agli americani ed ha lanciato l’appello del rischio di nuove azioni terroristiche in Europa. Come dire, meglio sbrigarsi. Fino ad oggi, per un motivo o per un altro ci siamo salvati. La politica attendista, del dialogo, dell’inciucio, fino a prova contraria ha dato i suoi frutti e non abbiamo subito attentati. Se da un lato l’America si muove con ambiguità, il Cremlino fino ad ora ha messo a disposizione artiglieria, aerei, razzi a lungo raggio, bombe anti bunker. Hanno impiegato le loro forze speciali e mandato al fronte alti ufficiali per organizzare gli iraniani, gli hezbollah, le milizie sciite (iracheni, afghani). Putin ritiene ancora Assad l’unico interlocutore credibile in quella zona destabilizzata.
Per difendere gli “interessi italiani” (della Trevi SPA) dovrebbe partire un Contingente italiano di 450 militari, probabilmente Bersaglieri della Brigata Garibaldi, magari con Reparti di forze speciali.  Questa modalità di intendere gli “interessi italiani” coincidenti con questa o quella azienda privata mi ricorda il famigerato decreto “La Russa” che assegnava dei militari di protezione sulle navi italiane che attraversavano l’Oceano. Il nostro Governo ebbe la brillante idea di mettere un presidio militare sulle navi di compagnie private. Finchè un triste giorno la petroliera Enrica Lexie si trovò coinvolta in un gioco di specchi tra pirati, corsari e pescatori buoni. Il resto del racconto è un classico della commedia degli equivoci all’italiana. Tutti colpevoli, nessun colpevole. In mezzo a tanti protagonisti, il cerino acceso è rimasto in mano ai due “marmittoni”, i Marò.  E’ una vergogna, dopo quattro anni sono ancora gli unici capri espiatori di errori, malizie, approssimazioni, intrecci strani tra Imprese e lo Stato. Quanto sia il costo reale di questa imbarazzante gestione degli “interessi italiani” è impensabile. Con l’operazione  “mare sicuro”, un anno fa sono state assegnate 5 Unità Navali e impiegati circa 1000 militari al giorno, per difendere tra le altre cose le piattaforme dell’ENI. E’ un continuo tentativo di giustificare operazioni militari per gli “interessi italiani”. Allo stato attuale il parere dell’ONU non è così chiaro e concorde sull’operazioni.
E l’Europa come la pensa? Sempre pronta a intimare il divieto di aiuto dello Stato alle imprese, osserva e si lava le mani. Probabilmente è concorde con questo andazzo, se vuoi le Commesse, gli appalti te li devi pagare. Anche chi non è esperto in operazioni militari nel calcolo dei costi, benefici e vantaggi, sappiamo fin d’ora che il prezzo sarà altissimo (molto più di 200 milioni di Commessa), in termini economici, di vite umane dirette e indirette. Solo oggi a distanza di 10/20 anni dagli interventi in Iraq, nei Balcani, calcoliamo le perdite dei colleghi morti per l’uranio impoverito, amianto, vaccini. Per pudore o per vergogna non riusciamo a riconoscere loro né la causa di servizio
e tanto meno di essere state “vittime del dovere”. Figli dello Stato abbandonati per gli “interessi italiani” che non si capisce mai di chi sono. Qui non si tratta di fare i piagnucoloni per evitare le guerre, tantomeno esaltare un pacifismo fine a se stesso, piuttosto conoscere i motivi, le responsabilità, i risvolti, i costi a cui siamo disposti a pagare per dei principi democratici e civili, valori che ci convincono come cittadini e come militari. Quando tutto appare chiaro non c’è bisogno di dare due notizie una “BUONA” ed una “CATTIVA”, basta quella “cattiva di fronte all’inevitabile nessuno si tira indietro. Soprattutto, quando si parla di “interessi italiani” tocca precisare di quali italiani stiamo parlando, le Imprese o i poveri cittadini?
Articolo a cura di Ferdinando Chinè



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