Tragedia a Secondigliano: poliziotto penitenziario prossimo alla pensione si toglie la vita nel parcheggio del carcere
Una nuova tragedia scuote il mondo della Polizia Penitenziaria: nella mattinata di venerdì 27 giugno, un sovrintendente di 59 anni si è suicidato nel parcheggio del carcere di Secondigliano, a Napoli. L’uomo originario della provincia partenopea, si sarebbe tolto la vita con un colpo di pistola, presumibilmente utilizzando l’arma di ordinanza, poco prima dell’inizio del servizio.
Il gesto estremo avvenuto a pochi metri dall’ingresso del penitenziario
Il corpo senza vita è stato trovato da alcuni colleghi, all’interno della sua auto. Nonostante i tentativi di soccorso, per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Il suicidio è avvenuto nell’area parcheggio interna alla struttura carceraria, zona riservata al personale in servizio. Il poliziotto era a pochi mesi dalla pensione e, secondo quanto si apprende, non avrebbe lasciato alcun messaggio o biglietto a spiegare il gesto.
Secondigliano, carcere ad alta sicurezza, è una delle strutture penitenziarie più complesse del Sud Italia. L’episodio ha lasciato sgomenta l’intera comunità carceraria: il sovrintendente era considerato da tutti un uomo riservato, serio, sempre disponibile.
Lascia moglie e due figli: il dolore dei colleghi
L’uomo lascia una moglie e due figli. Il dolore tra colleghi e superiori è palpabile: era descritto come una figura solida, affidabile, molto stimata dal personale. Un professionista che, dopo una lunga carriera nelle forze dell’ordine, si avvicinava a un meritato congedo.
Una sofferenza silenziosa che interroga tutti
Dietro l’uniforme, spesso si celano fragilità invisibili. L’ambiente carcerario, con i suoi ritmi logoranti e la costante esposizione a situazioni di tensione, può pesare duramente sull’equilibrio psicologico di chi lo vive quotidianamente. Anche quando mancano pochi mesi al traguardo della pensione, il peso dello stress cronico, dell’isolamento emotivo e della responsabilità può diventare insostenibile.
Un caso che riaccende l’attenzione sugli operatori delle forze dell’ordine, spesso lasciati soli di fronte al disagio psicologico. Non è raro che dietro la disciplina e il silenzio si accumuli un carico di dolore non espresso, che può sfociare in esiti drammatici.
Una vita al servizio dello Stato
Il sovrintendente era entrato nella Polizia Penitenziaria nei primi anni ’90. Aveva prestato servizio in diverse strutture prima di arrivare a Secondigliano, dove da anni era un riferimento per molti colleghi più giovani. In carriera aveva ottenuto il grado di sovrintendente, frutto di dedizione e rigore professionale.
Una tragedia che impone riflessioni sul sistema
Secondigliano, come molte altre carceri italiane, è da anni al centro di discussioni su sovraffollamento, turni massacranti e carenza di personale. In un contesto simile, la salute mentale rischia di diventare l’ultima priorità, con conseguenze potenzialmente letali.
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