Thomas D’Alba, ex parà della Folgore caduto a Sumy: “Combatteva per l’Ucraina, per l’Europa”
Un altro italiano ha perso la vita al fronte in Ucraina, combattendo al fianco delle forze armate di Kiev. Si tratta di Thomas D’Alba, 40 anni, originario di Legnano, in provincia di Milano. A comunicarne la morte è stato l’attivista e creator ucraino Vladislav Maistrouk, che lo conosceva personalmente.
D’Alba è morto intorno alla metà di giugno a Sumy, nel nord-est del Paese. «Thomas era un uomo gentile e coraggioso, un italiano. È caduto in battaglia, nel Donbas, difendendo l’Ucraina e l’Europa», ha scritto Maistrouk in un post di commemorazione.
Secondo quanto riferito, il quarantenne aveva già militato nella Folgore, per poi congedarsi e intraprendere una carriera nella musica, sua vera, grande passione.
Dal paracadutismo alle percussioni: una vita in bilico tra disciplina e armonia
Diplomato in una scuola professionale di musica, Thomas aveva scelto la batteria. Uno strumento potente, d’impatto, quasi a simboleggiare quel misto di forza e ritmo che lo caratterizzava. Era stato insegnante alla Scuola di Musica Paganini di Legnano per oltre dieci anni.
«Un insegnante combattente, così lo ricordiamo», ha raccontato Fabio Poretti, direttore della scuola. «A febbraio, alla scadenza del contratto, ci disse che sarebbe partito per l’Ucraina. Non spiegò mai nel dettaglio cosa andasse a fare. Ma chi lo conosceva sapeva che non era per soldi. Thomas non era in vendita. Era un uomo giusto».
Due giorni di riposo? Suonava per i bambini in ospedale
Colleghi e amici lo descrivono come una persona riservata, ma presente. Anche dal fronte non aveva mai interrotto i contatti con la scuola: un messaggio ogni tanto, quasi a voler rassicurare chi lo aspettava.
«Era il suo modo di dirci che stava bene», continua Poretti. «Era capace di usare i pochi giorni di licenza per suonare nei reparti pediatrici degli ospedali ucraini. Questo era Thomas».
Non era sposato, non aveva figli, ma amava la musica e detestava le ingiustizie. E proprio questo senso profondo di giustizia potrebbe averlo spinto a lasciare una vita stabile e sicura per unirsi alla resistenza ucraina.
“Scelse le trincee al posto del letto, gli addestramenti al posto degli aperitivi”
Maistrouk, che condivideva con D’Alba la causa ucraina, lo ha ricordato con parole commosse ma taglienti.
«Lasciò le armi per diventare insegnante di musica. Poi è iniziata l’invasione russa. E Thomas non riuscì a rimanere a guardare. Rinunciò al lavoro ben pagato per un modesto stipendio da volontario. Scelse le esercitazioni nei boschi al posto degli aperitivi con gli amici. Le notti in trincea, al posto del proprio letto. Ha dato tutto».
Le sue scelte, dure, radicali, non sono state rese pubbliche in modo eclatante. Anzi, aveva chiesto riservatezza persino ai suoi colleghi. Anche per questo, quando è arrivata la notizia che era disperso, nessuno ha parlato: la speranza era viva, e la discrezione era l’unico modo per onorarlo.
Una morte che scuote e divide
La morte di Thomas D’Alba, come già accaduto in casi simili, riaccende il dibattito sul coinvolgimento degli italiani nel conflitto ucraino. Non si tratta di mercenari – lo hanno ribadito in molti – ma di volontari mossi da ideali, da scelte personali spesso incomprensibili a chi osserva da lontano.
Non è ancora stato confermato se il corpo di D’Alba sia stato recuperato o rimpatriato, né se verrà concessa una cerimonia ufficiale. Ma una cosa è certa: nella memoria di chi lo ha conosciuto, Thomas continuerà a battere come la sua batteria. Con ritmo, con forza. Con dignità.
Infodifesa è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale
Cosa Aspetti? Al costo di meno di un caffè al mese potrai leggere le nostre notizie senza gli spazi pubblicitari ed accedere a contenuti premium riservati agli abbonati – CLICCA QUI PER ABBONARTI