Sindacati Militari

Militari Richiamati in Servizio: Tra Disparità e Costi Nascosti

In un recente comunicato stampa rilasciato da Antonio Nicolosi, Segretario Generale di Unarma, emerge un tema di rilevante interesse pubblico e di acuto dibattito all’interno delle forze armate italiane: la gestione dei richiami in servizio dei militari. Unarma pone l’accento su una questione di equità e di efficacia nella gestione delle risorse umane all’interno dell’Arma dei Carabinieri.

Il cuore della problematica risiede nelle procedure di richiamo in servizio dei militari, un fenomeno regolamentato da una serie di normative che si sono susseguite negli anni, tra cui il Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; il Decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165; il Decreto legislativo 21 maggio 1995, n. 199; la Legge 01 maggio 1983, n. 165; e il Decreto legislativo 15 marzo 2010, Artt. 986, 992, 2135 e 2136.

Secondo l’analisi di Unarma, emerge un’apparente disparità nel richiamo in servizio tra i diversi gradi militari, con una prevalenza di Generali e Colonnelli rispetto ad altri gradi inferiori. Questa situazione sembra suggerire una sorta di disparità di trattamento che potrebbe tradursi in una fonte di malcontento e di tensione all’interno dell’organizzazione.

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Inoltre, vi è la questione dell’impatto di tali richiami sulle carriere degli altri militari in servizio permanente. La possibilità per i richiamati di esercitare funzioni di comando potrebbe limitare le opportunità di sviluppo professionale e di crescita per gli ufficiali in servizio, ostacolando il loro percorso di acquisizione di competenze tecniche, esperienze e valori  “è come se i militari di grado inferiore – scrive Unarma – sempre del ruolo ufficiale, non siano indispensabili, ovvero non siano meritevoli.”

Il Costo dei richiami in servizio

Nel contesto dell’analisi sulle procedure di richiamo in servizio dei militari, emerge un altro aspetto rilevante e spesso trascurato: il costo economico associato a questi richiami. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’istituto dei richiami, che viene impiegato con una frequenza crescente, non può essere considerato una soluzione a “costo zero” per le forze armate.

Nella pratica, i militari richiamati in servizio godono di una serie di benefici che vanno oltre il semplice stipendio/pensione. In alcuni casi, essi mantengono diritti all’alloggio, alle indennità per ore straordinarie, ai trattamenti di missione, e, nei ruoli di comando, possono avere a disposizione risorse aggiuntive come segreteria e autisti. Questi costi aggiuntivi, sebbene necessari per garantire il corretto svolgimento delle funzioni assegnate, possono rappresentare un onere non trascurabile per il bilancio delle forze armate.

È quindi importante sottolineare che, mentre il richiamo in servizio può essere un mezzo efficace per sfruttare l’esperienza e le competenze di personale altamente qualificato, esso comporta anche implicazioni finanziarie che devono essere considerate attentamente. Questo aspetto aggiunge un ulteriore livello di complessità alla questione dei richiami in servizio, enfatizzando la necessità di un’analisi approfondita e di un bilanciamento attento tra i benefici operativi e i costi associati.

In conclusione sarebbe interessante e lecito interrogarsi su quanti siano realmente gli ufficiali richiamati in servizio, quali ruoli chiave stiano effettivamente ricoprendo e, in particolare, quali siano i costi effettivi di queste operazioni. Dettagli non di poco conto che meriterebbero di essere conosciuti e regolamentati.

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