Polizia

Parrucchiere aperto in caserma nonostante i divieti anti-virus

Le restrizioni per tutta l’Italia varate con il dpcm firmato l’11 marzo dal presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, per fronteggiare il contagio di nuovo coronavirus, hanno riguardato molte attività tra le quali, dovevano sospendere l’esercizio anche parrucchieri, barbieri, estetisti. Un articolo, che riportiamo di seguito, di Michele Focarete per Libero, ha evidenziato invece come Agenti e non solo si facevano tagliare i capelli all’interno della caserma più grande di Milano, la Garibaldi.

 

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“Mentre il nostro presidente Sergio Mattarella si sistemava il ciuffo in un simpatico fuorionda che ha fatto il giro del mondo: «Anch’io non posso andare dal mio parrucchiere perché è chiuso». Qualcuno dal barbiere ci andava di continuo, ed era proprio chi avrebbe dovuto vigilare in tempi di coronavirus affinché la legge fosse rispettata: agenti e non solo, si facevano tagliare i capelli all’interno della caserma più grande di Milano, la Garibaldi, meglio conosciuta come Sant’Ambrogio, dove di fatto è ubicata. Sede dell’ufficio tecnico logistico, di quello del personale e delle Volanti della questura.

 

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Unica testimonianza milanese di architettura militare costruita nel periodo napoleonico. E qui, nei pressi dell’omonima basilica e di fronte al tempio della Vittoria, in pieno centro storico, uomini e donne anche in divisa entravano per farsi belli nel centro estetico gestito da due civili, in uno spazio al piano terra, nello stesso corridoio dove sono ubicate alcune sedi provinciali del sindacato di polizia. Barba, baffi e capelli.

Ma anche messa in piega e tinta. Ceretta e pedicure. Il tutto a prezzi modici, imposti. Un campionario vario che è stato interrotto dal questore, Sergio Bracco, il 25 aprile, appena è venuto a conoscenza della imbarazzante vicenda.

E c’è addirittura chi giura di aver visto persino un prefetto di una Provincia lombarda farsi dare una regolatina.

Questo accadeva durante il Dpcm, il decreto «Io resto a casa» della prima fase che imponeva la chiusura di parrucchieri e centri estetici. In pratica era vietato dalle disposizioni per contenere il contagio del Covid-19, ma praticarlo di nascosto e a pagamento in un caserma della polizia di Stato, chi lo avrebbe mai detto.

Con clienti che indossavano la divisa. Gli stessi che poi giravano per la città a controllare che tutto filasse liscio, che i milanesi, parrucchieri compresi, fossero rispettosi delle regole.

Ma si sa, il paese è piccolo e la gente mormora. E questa poco edificante attività è finita anche all’orecchio dell’inquilino numero uno di via Fatebenefratelli che non ha esitato a far chiudere la baracca il 25 aprile, proprio nel giorno della liberazione.

Adesso, molto probabilmente, ci sarà un’indagine e qualcuno potrebbe rispondere di epidemia colposa.

Abbiamo contattato l’ufficio del questore, che comunque ha agito tempestivamente, ma non abbiamo ricevuto dichiarazioni ufficiali. Come è accaduto l’altro giorno a Roma, ad alcune vigilesse che si facevano rifare le unghie in ufficio, quello del Gruppo Pronto Intervento centro storico, uno dei reparti speciali dei vigili urbani, tra i più impegnati in prima linea ma dall’inizio dell’emergenza.

Lì però a far saltare gli altarini è stata un’indagine interna al Corpo. Qui, invece, qualche gola profonda. Forse pensando ai rischi che derivano dal contagio tra chi opera e il cliente. Ma anche sul tanto sospirato caffè, ci sarebbe da dire. Il bar interno alla questura non ha mai chiuso.

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