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Omicidio Vassallo, la Cassazione annulla gli arresti: colonnello dei Carabinieri Cagnazzo, Cioffi e Cipriano di nuovo al Riesame

SALERNO – Svolta nel caso dell’omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo. La Corte di Cassazione ha annullato le ordinanze di custodia cautelare emesse nel novembre 2024 nei confronti dell’imprenditore Giuseppe Cipriano, del colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo e dell’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, rinviando gli atti al Tribunale del Riesame di Salerno. Il motivo? Motivazioni “insufficienti, incomplete e non logicamente tenute” a sostegno delle gravi accuse, in particolare quelle di depistaggio e concorso nell’omicidio.

I dubbi della Cassazione: “Ipotesi non suffragate da prove”

Nel dispositivo firmato dal presidente Giacomo Rocchi, la Suprema Corte sottolinea che il quadro accusatorio si basa su dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia (come Romolo Ridosso, Eugenio D’Atri e Casillo) che, tuttavia, non trovano riscontro oggettivo. La Corte osserva che, anche ammettendo un possibile depistaggio operato da Ridosso, la tesi secondo cui tale azione fosse orchestrata per proteggere Cipriano rimane una congettura, non supportata da alcuna evidenza probatoria. Per i giudici si è trattato di un ragionamento incompleto, che ha ignorato i rilievi difensivi.

Carabinieri sotto accusa: ma le presenze non sono provate

Per il colonnello Fabio Cagnazzo, ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, le contestazioni mosse dalla procura si basano su una serie di condotte ritenute indiziarie di un piano di depistaggio: tra queste, il sopralluogo ad Acciaroli, la gestione irregolare di telecamere, il pestaggio di un testimone (Pierluca Cillo) e la frequentazione con Domenico Palladino, presso la cui struttura “Le Tre Palme” Cagnazzo alloggiava durante le vacanze.

Ma la Cassazione si chiede: quali elementi indicano un accordo preventivo per l’inquinamento delle indagini?. Lo fa chiudendo l’argomentazione con un punto interrogativo emblematico, che evidenzia l’assenza di prove concrete sul coinvolgimento dell’ufficiale dell’Arma in una strategia criminale. Analogo discorso per Lazzaro Cioffi, ex militare dell’Arma, indicato da alcuni testimoni come presente a Pollica. Una testimonianza ritenuta inattendibile, forse influenzata da servizi televisivi sull’omicidio.

Violazioni procedurali e testimoni “influenzati”

La difesa di Cagnazzo ha inoltre sollevato un vizio procedurale potenzialmente decisivo: le dichiarazioni rese da Eugenio D’Atri, secondo gli avvocati, sarebbero inutilizzabili in quanto raccolte senza un provvedimento formale di riapertura delle indagini da parte del giudice. Un rilievo che la Cassazione prende in seria considerazione, aprendo a nuove valutazioni sull’ammissibilità di alcune prove chiave.

Sul fronte delle testimonianze, anche quella di Pietro Campo, nipote della vittima, viene ridimensionata: la Corte ipotizza che potrebbe essere stato suggestionato dal contesto mediatico, e non aver realmente visto Cioffi e Cipriano nei pressi dell’abitazione di Vassallo, pochi giorni prima del delitto.

Il killer resta ignoto: il nodo centrale è ancora aperto

Nonostante gli sviluppi, il cuore del mistero resta irrisolto: chi ha ucciso Angelo Vassallo? La Procura di Salerno, con il procuratore capo Giuseppe Borrelli e le pm Guarino e Cioncada, punta ancora sull’ipotesi di un omicidio maturato nel contesto del traffico di droga e di un successivo depistaggio per incolpare il colombiano Bruno Humberto Damiani. Ma la Cassazione vuole prove più solide: non bastano sospetti e ricostruzioni, servono riscontri oggettivi, concreti e logici.

Nel frattempo, si attende la nuova udienza al Tribunale del Riesame di Salerno, chiamato a riformulare la propria valutazione secondo i principi indicati dalla Corte.

Le parole della difesa: “Sconfitta la giustizia sommaria”

Importantissimo risultato”, lo definisce l’avvocato Giovanni Annunziata, legale di Giuseppe Cipriano. “Le motivazioni della Cassazione recepiscono in toto le nostre argomentazioni e smontano un impianto indiziario debole, come da noi sostenuto sin dall’inizio”. Annunziata sottolinea inoltre che Cipriano ha già scontato cinque mesi in carcere sotto regime di alta sorveglianza, sollevando interrogativi sull’uso della custodia cautelare preventiva in Italia.

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