Senza categoria

LIBIA, PINOTTI: “AMBASCIATA CHIUSA PERCHE’ BERSAGLIO, PRODI SAREBBE UN OTTIMO MEDIATORE”

(di Monica Rubino) – Un cambio di passo sulla crisi
in Libia: la richiesta di una soluzione politica si fa più urgente. Perché il
tempo, come ha detto questa mattina alla Camera il ministro degli Esteri
Paolo Gentiloni, non è infinito.

Lo ha ribadito il ministro della Difesa
Roberta Pinotti ospite questa mattina del videoforum di Repubblica Tv. “La
soluzione deve essere politica – ha spiegato Pinotti -. E’ stata proprio
l’Italia a porre all’Occidente il problema della Libia, un paese fuori
controllo da tempo”. Anche se l’avanzata dell’Is rappresenta un fatto
nuovo: “Attorno alla Libia è nata l’idea di terrorismo che si fa Stato. Usare
il terrorismo per spaventare le nazioni occidentali, uccidere chiunque non la
pensa come loro e utilizzare i mezzi di comunicazione sono fenomeni
nuovi”.

Infiltrazione dell’Is in Libia, non invasione.
 L’idea di violenza del
Califfato ha rafforzato il fenomeno dei ‘foreign fighters’, che “per
fortuna in Italia è contenuto”, ha rassicurato il ministro. E ha chiarito:
“In Libia adesso non c’è l’invasione dell’Is, si può parlare di
infiltrazione, soprattutto a Derna, città dove il fondamentalismo islamico era
più forte già ai tempi di Gheddafi. A Sirte ci sono infiltrazioni
significative. A Tripoli l’attentato all’hotel Corinthia è stato il
segnale della volontà di attaccare il simbolo dell’apertura della Libia al
mondo”.
La chiusura dell’ambasciata. Quanto
alla chiusura dell’ambasciata italiana a Tripoli, il ministro ha spiegato:
“L’italia è stato l’ultimo paese a chiudere la propria sede diplomatica in
Libia. E lo ho ha fatto per motivi di sicurezza, i rischi si sono elevati al
punto che la nostra presenza non era più utile, anzi l’ambasciata poteva
diventare un bersaglio”.
Intervento impossibile senza
legittimità Onu
. Oggi sulla crisi libica si riunisce il
Consiglio di sicurezza dell’Onu: “La convocazione richiesta da Francia ed
Egitto è stata sostenuta con forza anche dall’Italia. Senza un quadro di
legittimità internazionale intervenire in Libia non è possibile. Senza una
capacità di trovare un punto di incontro tra il Parlamento di Tobruk e quello
di Tripoli, con la creazione di un governo di unità nazionale, sarà difficile
trovare una via d’uscita e contrastare l’infiltrazione dell’Is. Ed è questo il
lavoro svolto dalll’inviato dell’Onu Bernardino Leòn”.

Imprimere un’accelerazione alla diplomazia. Ma Pinotti ha sottolineato
la necessità di un’accelerazione: “La diplomazia lavora da mesi ma ci sono
lentezze, mentre noi abbiamo davanti a noi un quadro che richiede interventi
urgenti. Vogliamo imprimere il senso dell’urgenza – ha ribadito – la Libia non
è già un pezzo del Califfato, ma bisogna evitare che lo diventi. La pressione
della comunità internazionale sta facendo valere il suo peso politico.
Dall’attentato di Tripoli in poi, c’è una maggiore consapevolezza anche da
parte dei libici rispetto alla minaccia rappresentata dall’Is. Le forze di
Misurata hanno già accettato di sedersi a un tavolo per trovare un accordo.
Bisogna continuare su questa strada”. 

Prodi mediatore? L’italia deve
avere un ruolo
. Quanto all’ipotesi di nominare Romano
Prodi
 quale inviato Onu al posto di Leòn, Pinotti ha spiegato:
“Noi appoggiamo Leòn, ma siamo consapevoli che c’è la necessità di salire
di livello. Le scelte sugli uomini saranno condivise”. E ha concluso:
“Prodi sarebbe una persona centrale: conosce molto bene la situazione in
Libia. Per esperienza politica e per quello che sta vivendo conosce
perfettamente l’Africa. Ha rapporti con Russia e Cina. Stiamo lavorando affinché
l’Italia abbia un ruolo da protagonista nelle trattative diplomatiche”.
Più tardi, una precisazione su twitter: “Prodi figura importante, ma
Governo si muove con efficacia e autorevolezza su piano internazionale”.

Chiarimenti sulle dichiarazioni alla stampa. Pinotti ha poi voluto
chiarire di non aver fatto nessun dietrofront rispetto alle posizioni,
apparentemente più interventiste, espresse nell’intervista uscita sulla
stampa domenica scorsa: “La titolazione dell’articolo ha interpretato male
le mie parole. La posizione del governo è chiara: siamo per una soluzione
diplomatica, per aiutare con il supporto della comunità internazionale, il
confronto fra i libici. E siamo disposti a fare la nostra parte, il che vuol
dire che potremmo pensare a una missione di tipo peace keeping, oppure di
supporto e addestramento, come quello che stiamo già facendo in Iraq”.

Una Difesa che funziona.
 Il ministro poi ha tenuto a sottolineare che
la nostra Difesa funziona: “In tutti gli scenari in cui abbiamo agito,
come Libano e Balcani ad esempio, l’Italia è stata quella con il contingente
europeo più numeroso. Siamo stati anche in Afganistan. Ovunque è stata
riconosciuta all’Italia grande capacità. Vorrei tranquillizzare i cittadini in
un momento di preoccupazione: rappresentarci come un Paese che non ha capacità
di difesa non è vero”. E ha rassicurato: “Non abbiamo elementi che
inducano a pensare che ci sia un rischio particolare per il nostro Paese,
nonostante la propaganda delle bandiere nere fatte sventolare. Ma abbiamo
comunque stabilito di proteggere gli obiettivi sensibli. Stiamo mettendo in
campo tutto quello che serve”.

Gli sbarchi di immigrati. Quanto al fenomeno degli sbarchi, Pinotti
ha difeso “Mare Nostrum”: “Il problema è che non può essere
l’Italia da sola ad accollarsi i costi di queste operazioni che riguardano
tutta l’Europa. Il vero nodo è come fermare le partenze. In Libia la situazione
è fuori controllo e si è formata una associazione di scafisti, che causano
l’aumento dei barconi diretti verso l’Italia. Ci vuole un accordo, così come
aveva fatto Massimo D’Alema con l’Albania o come abbiamo fatto in Tunisia, dove
il pattugliamento delle coste funziona. Ma finché in Libia non si ha un
interlocutore preciso, con chi lo facciamo l’accordo?”.

F35, spenderemo di meno. Sugli
F35, infine, Pinotti ha precisato che “per ora il programma è sospeso. I
90 aerei non sono stati né confermati né disdetti dall’Italia, perchè in
Parlamento non si è  deciso il numero ma solo che il costo complessivo per
le casse dello stato debba essere dimezzato, tenuto conto dei ritorni
economici. La spesa ipotizzata inizialmente era di 14 miliardi di euro. Io ho
ridotto di un terzo il budget. Il Parlamento però non ha chiesto di uscire dal
programma, sia chiaro”. E ha concluso: “Il libro bianco per la
sicurezza internazionale è pronto. Ne ho parlato con il presidente Sergio
Mattarella
, e a questo punto dovrà essere vagliato dal primo Consiglio
supremo di difesa, che sarà convocato dal nuovo Capo dello Stato”.

Lascia un commento

error: ll Contenuto è protetto