Difesa

EQUO INDENNIZZO E CAUSA DI SERVIZIO, L’AUDIZIONE DEL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA

La Proposta di Legge Scanu, concernente la sicurezza sul lavoro e la tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali del personale delle Forze armate, ha sollevato non pochi commenti nel mondo militare. Tre sono le basilari linee ispiratrici della proposta di legge. La prima di esse è l’effettività. Non basta che le norme stabiliscano princìpi astrattamente protettivi, ma occorre che esse impongano meccanismi idonei ad assicurarne l’attuazione concreta. Non basta, ad esempio, predisporre un apparato di organi preposti alla vigilanza sul rispetto delle disposizioni antinfortunistiche, se poi fa difetto un contesto organizzativo che di fatto valga a renderne incisiva l’azione, né basta attribuire a uno o ad altro soggetto responsabilità che siano dissociate dal possesso di tangibili poteri decisionali e di spesa, così come non basta prevedere indennizzi astrattamente adeguati, qualora non siano organizzate strutture e procedure atte a garantirne l’appropriata attribuzione.

Destano allarme anche sotto questo aspetto, e meritano quindi una fattiva risposta da parte dello Stato, le dolorose esperienze – per non dire le battaglie – vissute oramai per troppi anni dalle vittime e dai loro congiunti negli attuali percorsi previdenziali ed eloquentemente esposte alla Commissione di inchiesta in audizioni drammatiche, per la mortificante sproporzione che in più casi si registra tra la dedizione dimostrata in attività altamente pericolose dal militare incorso in menomazioni invalidanti o mortali e la riluttanza istituzionale al tempestivo riconoscimento di congrui indennizzi. Strettamente connesso è il requisito della specificità del contesto nel quale sono destinate a operare le norme: una specificità, peraltro, che deve essere intesa non già come pretesto per giustificare una riduzione delle tutele, bensì come esigenza di fornire ai lavoratori misure di prevenzione che, mediante l’adattamento alle peculiarità delle Forze armate, valgano vieppiù a garantire ad essi la sicurezza e la salute. Come accettare allora un sistema che ritenga assolto con un semplice ordine il fondamentale obbligo di vigilanza sui lavoratori spettante al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti ? Ovvero un sistema che non si preoccupi di commisurare obblighi essenziali, come la valutazione dei rischi e la formazione dei lavoratori, a situazioni lavorative specifiche quali sono quelle che si riscontrano nei luoghi di lavoro delle Forze armate, a contatto con equipaggiamenti militari speciali, armi, munizioni, sistemi d’arma, materiali di armamento ?

Infine,terza linea ispiratrice è il sapere scientifico. In un settore, qual è quello delle Forze armate, in cui si assiste a un continuo sviluppo sia delle conoscenze sui rischi lavorativi e ambientali, sia delle tecnologie atte a fronteggiarli, la normativa cautelare ha bisogno di essere integrata dal sapere scientifico e tecnologico che reca il vero nucleo attualizzato della disciplina della prevenzione. Ben s’intende, pertanto, l’esigenza di potenziare un sistema nell’ambito del quale ciascun garante è chiamato ad analizzare i rischi specifici connessi alla propria attività e adottare le conseguenti appropriate misure cautelari, avvalendosi di figure realmente preparate e autonome come il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, che del sapere necessario sono istituzionalmente portatori.

Ebbene della proposta di legge Scanu a destare preoccupazione, tralasciando completamente le eventuali maggiori tutele previste ed enucleate nella descrizione sopra rappresentata, sono gli articoli sono gli articoli 13 e 14. In particolare con il primo si stabilisce che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, al personale delle Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, si applicano le disposizioni del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, prevedendo che l’assicurazione del personale sia attuata dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), provvedendo alla modifica e all’integrazione delle tabelle previa individuazione delle malattie professionali derivanti dalle attività del personale militare sulla base della verifica delle denunce ricevute. Con il secondo (art. 14) si stabilisce l’abolizione dell’istituto dell’equo indennizzo derivante da causa di servizio.

Il giorno 31 ottobre, come avevamo anticipato, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Claudio Grazio è stato audito dalla XII Commissione della Camera in merito a tale proposta di legge.

Ecco uno stralcio dei 20 minuti di audizione, visibili integralmente a questo link [button style=’blue’ url=’http://webtv.camera.it/evento/12080′ icon=’iconic-ok-circle’]AUDIZIONE[/button]

“La natura dell’impiego del personale militare deve essere considerata su un piano differente ad una comune attività lavorativa, il militare infatti all’atto dell’arruolamento decide di prestare servizio a favore della collettività, un servizio di esclusivo interesse pubblico che spesso impone al militare ed ai suoi familiari sacrifici e rinunce che difficilmente trovano corrispondenze in altri contesti lavorativi. Ritengo, quindi, che la condizione militare assume una connotazione di assoluto rilievo che non può essere in alcun modo disgiunta da legittimo riconoscimento di un carattere di specificità. Tale specificità è riconosciuta con la legge 183/2010 non solo alle forze armate ma anche alle forze di poolizia e vigili del fuoco.” Il gen. Graziano ha inoltre rappresentato che l’attuale legge 81/2008, che disciplina la sicurezza nei luoghi di lavoro, ha consentito di configurare le strutture ordinative e l’organizzazione le forze armate attraverso l’istituzione degli elementi di organizzazione dedicati alla sicurezza del lavoro. “Ovviamente si tratta di strutture relativamente giovani, entrate a pieno regime da circa sette anni, che stanno modellando la propria fisionomia ordinativa anche in funzione delle sopravvenute esigenze che un ordinamento complesso come quello delle Forze Armate necessità e delle lezioni apprese nel corso degli anni e dei vari contributi che arrivano anche dall’esterno. Un complesso di misure il cui obiettivo è quello di conseguire le migliori condizioni per il personale prevenendo eventuali rischi ed eventuali conseguenze della salute. Sulla base di tali osservazioni – ha proseguito Graziano – troviamo di difficile comprensione la scelta auspicata dal disegno di legge di riservare tale azzeramento alle sole Forze Armate che più di altri sono impiegate in situazioni lavorative estreme e di non contemplare, almeno nell’immediato, analoga misura per le forze di polizia ed ulteriori articolazioni della pubblica amministrazione. Una misura che si ritiene distonica anche rispetto all’approccio da sempre adottato nei i rapporti tra i comparti difesa e sicurezza, ispirato al recente riordino dei ruoli con la conseguenza di prefigurare inevitabili sperequazioni (anche la Guardia di Finanza è militare, ma di fatto è esclusa).

Si ritiene, comunque, che senza stravolgere l’assetto antinfortunistico si possa comunque giungere a eventuali mirate misure di ottimizzazione. L’impianto normativo vigente in materia appare corretto ed efficace in grado di rispondere compiutamente in materia antinfortunistica. In tale contesto lo stato maggiore della Difesa ha assicurato e continuerà a garantire un’ottimizzazione del dispositivo. Un altro aspetto su cui la proposta di legge incide significativamente  quello relativo agli aspetti assistenziali e sanitari e previdenziali da riservare al personale in relazione alle attività espletate. Devo con piacere riconoscere che le proposte di legge sono comunque col dichiarato obbiettivo di riservare ai dipendenti della Difesa un più ampio sistema di tutela sanitaria e previdenziale e vedo ovviamente con favore le finalità poste all’origine del provvedimento in esame sebbene l’obiettivo sia in parte assicurato dall’attuale dispositivo che garantisce al personale una puntuale assistenza.

Vorrei inoltre evidenziare che il transito del personale la difesa nell’ambito del regime esclusivo indennitario dell’Inail auspicato proprio nella proposta di legge, farebbe venire meno alcuni istituti fondamentali, quali quello della causa di servizio e dell’equo indennizzo con ricadute significative nei confronti del personale, verrebbe quindi meno il concetto di privilegio su cui si basa l’intera costituzione del sistema indennitario militare che non è considerato una regalia dello stato, ma un giusto ristoro per le sofferenze subite in servizio per causa di servizio da lavoratori che esercitano la propria professione in contesti di alto rischio.”

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