Geopolitica

Difesa senza Washington: può l’Europa proteggere se stessa?

In un contesto di crescente incertezza geopolitica, gli Stati europei si trovano a fronteggiare una realtà complessa: la possibilità che gli Stati Uniti possano non rappresentare più un alleato affidabile come in passato. Questa prospettiva ha spinto il Vecchio Continente a considerare seriamente la creazione di una propria coalizione difensiva, che dovrà essere non solo volenterosa, ma anche effettivamente capace.

La sfida dell’indipendenza militare

Affrancarsi dalla protezione americana non sarà un percorso semplice. Dal termine della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno mantenuto circa 100.000 soldati sul suolo europeo e fornito armamenti alla quasi totalità dei Paesi del continente. Le recenti dichiarazioni del vicepresidente americano JD Vance non erano del tutto infondate: gli europei faticano a prepararsi adeguatamente per un conflitto convenzionale, avendo concentrato le proprie capacità operative principalmente su missioni antiterrorismo negli ultimi tre decenni.

Carenze strutturali evidenti

Le forze militari europee presentano criticità significative in termini di prontezza operativa, personale, esperienza di combattimento ed equipaggiamento. Questi problemi sono stati ulteriormente aggravati dal continuo trasferimento di armi all’Ucraina. Per decenni, la sicurezza europea ha fatto affidamento sulle truppe statunitensi e sui loro sistemi d’arma avanzati.

Iniziative franco-britanniche

Francia e Regno Unito stanno guidando gli sforzi per costituire una coalizione indipendente da Washington, con l’obiettivo primario di garantire la sicurezza dell’Ucraina, considerando anche l’eventuale dispiegamento di truppe sul campo. Secondo esperti e diplomatici interpellati da Infodifesa, una forza di pace efficace lungo la linea del fronte richiederebbe tra 150.000 e 250.000 effettivi, mentre una forza di dissuasione credibile sul territorio ucraino dovrebbe contare almeno migliaia di unità.

Il personale militare: realtà e percezione

Sulla carta, i membri europei della NATO dispongono complessivamente di circa un milione di truppe terrestri non impegnate in missioni. Nella realtà, i numeri effettivi sono notevolmente inferiori. Francia e Grecia guidano la classifica con rispettivamente 98.000 e 92.000 soldati, seguite da Italia e Polonia con circa 89.000 ciascuna. Regno Unito e Spagna contano approssimativamente 68.000 effettivi, mentre la Romania ne ha circa la metà.

Preparazione al combattimento

Francia, Italia e Regno Unito vantano la tradizione e la cultura militare più solide, mentre finlandesi e greci mostrano storicamente una maggiore prontezza operativa, motivata dalla vicinanza geografica ai loro tradizionali antagonisti, Russia e Turchia. Secondo le stime NATO, per rispettare adeguatamente i piani di difesa collettiva, gli eserciti europei dovrebbero incrementare del 130% sia il personale che l’equipaggiamento, e questo presupponendo il coinvolgimento americano.

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Capacità operative reali

La Finlandia rappresenta un caso interessante: con soli 17.000 soldati professionisti, può contare su un vasto bacino di coscritti addestrati, che la rende una forza considerevole, avendo sviluppato capacità autonome prima dell’ingresso nell’Alleanza Atlantica. Anche la Polonia sta compiendo sforzi significativi, puntando a raggiungere 300.000 effettivi e impegnandosi a destinare il 6% del PIL alla difesa, sebbene i suoi soldati abbiano limitata esperienza di combattimento.

Ostacoli politici e logistici

Un eventuale dispiegamento in Ucraina incontra significativi ostacoli politici: la Germania richiederebbe l’approvazione parlamentare, mentre l’Italia ha escluso l’invio di truppe in assenza di un mandato ONU. I paesi NATO di frontiera, come Finlandia, stati baltici, Polonia e Romania, difficilmente ridurrebbero le proprie difese territoriali per rafforzare il sostegno all’Ucraina.

Equipaggiamento e capacità tecnologiche

La situazione dell’equipaggiamento militare presenta un quadro eterogeneo. La Germania, nonostante gli investimenti recenti, mostra problemi di efficienza operativa, con una prontezza scesa al 50%. Complessivamente, i paesi europei possiedono tra i 200 e i 500 carri armati ciascuno, con una maggiore concentrazione nell’Europa orientale. Le principali carenze riguardano i sistemi di difesa aerea e missilistica avanzati, con i paesi NATO che dispongono solo del 5% delle capacità necessarie per proteggere adeguatamente l’Europa centro-orientale.

Verso una Difesa Europea Integrata: Superare l’Individualismo Industriale

Per costruire una difesa comune europea serve un’industria militare integrata e coordinata, capace di superare l’attuale frammentazione produttiva e tecnologica. Non basta moltiplicare i progetti nazionali: è necessario un target comune che garantisca interoperabilità, efficienza e sostenibilità economica. Solo un approccio condiviso permetterà di ridurre i costi, ottimizzare le risorse e creare un arsenale moderno e competitivo. L’Europa non può più permettersi di procedere in ordine sparso: è il momento di puntare su una pianificazione unitaria che trasformi l’autonomia strategica in una realtà concreta.

Sfide logistiche e organizzative

La forza militare europea è ulteriormente indebolita da significative carenze logistiche. Gli investimenti insufficienti limitano la capacità di dispiegare rapidamente grandi contingenti per operazioni prolungate. In assenza di una struttura di comando unificata, qualsiasi dispiegamento multinazionale dovrebbe operare attraverso quartieri generali nazionali non coordinati o centri di comando improvvisati, compromettendo l’efficacia operativa.

Se l’Europa intende costruire una coalizione duratura ed efficace come pilastro della propria sicurezza continentale, dovrà affrontare sfide considerevoli. Al momento, le varie iniziative mirate alla “prontezza operativa entro il 2030” restano largamente teoriche, evidenziando il lungo percorso ancora da compiere verso una reale autonomia strategica europea.

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