Carabinieri

CARABINIERE MORTO IN CASERMA. SOTTO CHOC IL COLLEGA CHE GLI HA SPARATO PER ERRORE

Esercitazione «in bianco» vuol dire con le armi scariche, sulla carta senza pericoli, e dunque al momento nessuno è in grado di spiegare come sia possibile che da una pistola mitragliatrice Beretta PM12, intorno alle 18 di lunedì, sia partito un proiettile che ha colpito il carabiniere Andrea Vizzi, 33 anni, sulla parte destra del torace. Le ambulanze sono entrate nella caserma «Montebello» di via Vincenzo Monti e, per 40 minuti, i medici hanno provato a rianimare il carabiniere, poi lo hanno trasportato al Policlinico, dove è morto poco dopo.

E’ spirato poco dopo esservi arrivato. I medici hanno potuto fare ben poco per strapparlo al terribile e beffardo destino di morire non in uno scenario di azione reale, ma nel corso di un’esercitazione. Dove i rischi non mancano di certo, questo è ovvio. Ma in cui si ritiene che debbano essere contenuti, per via di tutte le cautele adottate. E invece: può bastare un errore, un colpo accidentale, come quello che si ritiene sia partito, per compromettere una vita.

Il militare che ha sparato, un brigadiere esperto, è stato soccorso e curato, in una condizione di choc profondo. Entrambi stavano partecipando a un addestramento delle «Api» (Aliquote di pronto intervento), il reparto istituito dopo gli attentati a Parigi del 2015, di fatto una «prima linea» nelle città per la risposta in caso di attacco terroristico e altre emergenze. In via della Moscova c’è il Comando provinciale dei carabinieri di Milano, dunque la sede delle gerarchie, della dirigenza, dei reparti investigativi; in Vincenzo Monti invece lavora soprattutto il Radiomobile: in quel piazzale i carabinieri rientrano con gli arrestati, si fermano a fumare una sigaretta alle fine delle nottate in pattuglia, condividono storie personali e fatica del lavoro; per questo molti carabinieri vivono quella caserma come la «vera casa» dell’Arma in città: e tutto questo rende se possibile ancor più drammatica la morte di Andrea Vizzi.


L’incidente è avvenuto al secondo piano sotterraneo, proprio sotto il piazzale, dove è stata ricavata un’area di «addestramento in contesto urbano», di fatto un grande parcheggio nel quale vengono simulate alcune situazioni di potenziale conflitto cittadino. L’M12 è un’arma in dotazione a tutte le pattuglie del Radiomobile; i carabinieri la maneggiano di continuo, almeno a ogni inizio e fine turno per chi esce in pattuglia; le Api sono poi il reparto con il livello di addestramento più elevato, in cui si entra soltanto facendo domanda e dopo una selezione molto severa: un quadro che al momento, stando alle prime informazioni, rende ancor più inspiegabile l’incidente. «Una tragica fatalità», ha spiegato in una nota il Comando generale: «L’intera Arma dei carabinieri si stringe compatta intorno ai familiari di Andrea Vizzi, ai quali esprime il più sentito cordoglio».

Il fatto che l’appuntato non indossasse il giubbotto antiproiettile lascia presumere che l’incidente sia avvenuto al termine dell’esercitazione, o comunque in una fase di «riposo». Il comandante provinciale, Luca De Marchis, e quello del reparto operativo, Antonio Montanaro, sono arrivati nella caserma «Montebello» appena avuta la prima notizia di un carabiniere «gravemente ferito».

Andrea Vizzi aveva una decina d’anni di servizio e aveva trascorso un periodo alla stazione Arese prima di firmare la domanda per passare alle unità «antiterrorismo». Non aveva figli, non era sposato; il suo paese d’origine era Corigliano d’Otranto, in provincia di Lecce. Il brigadiere che ha sparato era in servizio nella stessa squadra. In serata il Capo di Stato maggiore della difesa, il generale Claudio Graziano, «ha espresso ai familiari del militare e al comandante generale dell’Arma dei carabinieri, generale Giovanni Nistri, profondo cordoglio e sentimenti di affettuosa vicinanza». Nella memoria della caserma di via Vincenzo Monti c’è un precedente di un carabiniere morto per un incidente; un fatto che risale ad agosto del 1994, quando un militare, prima di un’esercitazione, rimase ucciso a causa di un incendio divampato dentro il poligono di tiro della «Montebello».

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