Carabinieri

ARRESTO VIOLENTO: PIGNORATA CASA E STIPENDIO A BRIGADIERE DEI CARABINIERI

Nel 2016 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva Michele Gatto, brigadiere in congedo dell’Arma dei carabinieri, alla pena di 3 anni e due mesi di reclusione e un risarcimento nei confronti di Torquato Epifani di 50.000 euro per il pestaggio subito durante un arresto.

Per comprendere meglio la vicenda bisogna fare un passo indietro. Nell’aprile del 2009 i carabinieri di Gallipoli notificarono a Epifani un’ordinanza di custodia cautelare. La misura, secondo quanto contestato dalla difesa dell’uomo, fu eseguita con modalità talmente negligenti da provocarne la fuga, tanto che lo stesso è stato poi assolto dall’imputazione con sentenza divenuta irrevocabile. Al termine dell’inseguimento scaturito dall’esecuzione di quella misura cautelare, uno dei carabinieri, raggiunto Epifani, lo avrebbe deliberatamente percosso in maniera talmente violenta da lesionargli il midollo della spina dorsale e da renderlo invalido e inabile al lavoro. Gli è stata poi riconosciuta una pensione d’invalidità quale infermo al 100 per cento unitamente all’indennità di accompagnamento.

Nelle scorse settimane è stato proprio Gatto a riportare l’attenzione della magistratura sul caso. L’ex militare avrebbe ricevuto, nella propria cassetta della posta, una busta anonima con alcuni video e foto che ritraggono Epifani mentre cammina per le strade del paese solo con un bastone, guida l’auto ed esegue alcuni lavori in campagna. Si ipotizza dunque che la pensione e l’accompagnamento non siano necessari e che si tratti di un falso invalido. Il materiale è confluito in un esposto depositato alla Procura di Lecce. Il pubblico ministero Donatina Buffelli, dopo aver delegato le indagini alla polizia giudiziaria, e sulla base di una memoria presentata dal legale di Epifani, ha chiesto l’archiviazione del procedimento, cui Gatto si è opposto. Sul procedimento si pronuncerà ora il gip.

La vicenda è poi finita all’attenzione della trasmissione “Le Iene”, che hanno mostrato (in un servizio dal titolo “Guardie e ladri: con chi state?) il materiale ricevuto da Gatto e lo hanno intervistato, chiedendo poi spiegazioni ad Epifani. Una vicenda lunga e complessa, fatta di ricorsi, perizie e sentenze, ed originata il 15 aprile del 2009. Unitamente al brigadiere Gatto finirono nel “calderone” per falsa testimonianza quattro colleghi, poi assolti, con la seguente motivazione del g.u.p.:  «tutti i militari escussi non hanno inteso contribuire in maniera asettica alla obiettiva ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione, ma si sono adoperati per proteggere i loro colleghi imputati e metterli al riparo dalle gravi accuse elevate nei loro confronti, nella convinzione, drammaticamente errata, che l’onore e il decoro dell’Arma potessero in questa vicenda essere tutelati solo con l’assoluzione degli imputati, obiettivo da perseguire anche a costo di tradire la fiducia che l’Autorità giudiziaria ripone nell’operato degli appartenenti all’Arma». Nel servizio delle Iene, il Brigadiere Gatto racconta il periodo difficile che sta affrontando, con la casa e lo stipendio pignorati per far fronte al pagamento del risarcimento dovuto ad Epifani, arrivando finanche a vendere le fedi nuziali ed a trovare momentaneo rifugio nell’alcool. Epifani raggiunto dalla “iena”, racconta le difficoltà della propria disabilità accertata da numerose perizie, le difficoltà nel vestirsi, ad allacciarsi le scarpe, ad aprire una bottiglia d’acqua.

 

“Non so chi abbia richiesto l’intervento de “Le Iene” – commenta l’avvocato Stefano Stefanelli, legale di Epifani –, ma se fosse stato Gatto tale iniziativa sarebbe gravissima. Lascio a voi giudicare l’iniziativa di chi, dopo avere commesso un grave reato definitivamente accertato dall’autorità giudiziaria, si rivolge a una trasmissione televisiva invece di prodigarsi per la vittima del proprio reato. Il servizio andato in onda fornisce allo spettatore un’immagine irrealistica e profondamente distante dalla verità dei fatti così come accertata in via definitiva dalla giustizia, verità secondo la quale Epifani è la vittima e Gatto è invece l’autore di un grave reato, commesso peraltro indossando la divisa dell’Arma dei carabinieri”.

 

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