Anticipo liquidazione: interessi delle banche triplicati, la sentenza della Corte Costituzionale ignorata e tante promesse sparite
Sentenza storica, effetto nullo
Il 23 giugno 2023, con la sentenza n.130, la Corte Costituzionale ha demolito un sistema palesemente ingiusto: il differimento e la rateizzazione del Tfr e del Tfs ai dipendenti pubblici è incostituzionale, in contrasto con l’articolo 36 della Carta, che garantisce una giusta retribuzione.
Parole chiare, scolpite nero su bianco. Eppure, due anni dopo, tutto è rimasto esattamente com’era. O forse peggio. I pubblici dipendenti attendono ancora anni per ricevere quanto gli spetta, mentre chi non può permettersi l’attesa, deve bussare alla porta delle banche, pagando interessi triplicati rispetto a cinque anni fa.
Il principio costituzionale è rimasto sulla carta, mentre la prassi continua a negarlo. E il silenzio, da parte di chi avrebbe dovuto agire, è assordante.
Banche, rendistato e interessi: la liquidazione è un affare… ma non per i lavoratori
Nel 2020, con grande enfasi, è stato lanciato il sistema di prestiti bancari convenzionati, che anticipano fino a 45mila euro del Tfs/Tfr agli statali. All’inizio, il tasso era contenuto: il rendistato si aggirava attorno all’1%. Oggi viaggia quasi al 3%.
Quella che poteva sembrare una soluzione tampone, cinque anni dopo si è trasformata in una beffa a lungo termine: la dipendenza da un sistema bancario il cui tasso d’interesse cresce di pari passo con l’abbandono politico.
Nel frattempo, l’unico esperimento realmente a vantaggio dei lavoratori – l’anticipo Inps a tasso fisso dell’1% – è stato interrotto per mancanza di fondi. E così piovono diffide. I lavoratori pubblici non ci stanno, si appellano alla Consulta, chiedono quello che la Costituzione già riconosce loro. Ma chi dovrebbe ascoltarli ha voltato le spalle.
🔗 Anticipo Inps Tfs, finito per mancanza di soldi
Carrà: una proposta di legge e un Parlamento addormentato
Nel maggio 2023, il deputato Anastasio Carrà (Lega) ha presentato una proposta: superare il differimento per le Forze Armate e di Polizia, restituendo dignità e tempi certi a chi serve lo Stato con disciplina e onore. Un provvedimento atteso, annunciato con clamore, poi rimasto impantanato nei corridoi del Parlamento.
La proposta – Atto Camera n.1283 – giace dimenticata dal 18 aprile 2024, data dell’ultima attività registrata. Nessuna notizia, nessun aggiornamento, nessun interesse. Il silenzio è totale. Un’altra promessa mancata. Un’altra bandierina piantata sulla luna del populismo parlamentare.
🔗 Testo ufficiale proposta Carrà – Camera dei Deputati
🔗 Cosa prevedeva la proposta: i dettagli
Tre anni di governo: è passato abbastanza tempo perché chi siede nei palazzi del potere si renda conto che questa non è una polemica sterile, ma un problema reale. Un problema che non si risolve dicendo “non l’abbiamo creato noi”. Anche perché è vero solo a metà: il differimento esiste da decenni, ma l’inazione attuale lo perpetua.
Basta promesse, basta silenzi
Lo sappiamo, le pensioni dei parlamentari viaggiano su binari ben più rapidi, regolate da leggi puntuali e provvidenziali, scritte da loro per loro. Ma proprio per questo, oggi le promesse non bastano più.
È il momento di dare risposte vere, non narrazioni elettorali.
E se la politica pensa che basti ignorare la questione, se pensa che il tempo basti a spegnere le voci dei lavoratori, si sbaglia. Perché noi continueremo a suonare la sveglia, finché le lancette non torneranno a segnare diritto, equità, rispetto.
E torneremo presto a parlarvi anche del destino (evaporato) del ddl Gasparri sulle pensioni delle Forze Armate e di Polizia.
Un altro grande annuncio, poi l’oblio. Ma se nessuno si prende la briga di riportarlo all’attenzione, ci pensiamo noi. Come sempre.
🔗 Che fine ha fatto il ddl Gasparri?
Perché se la politica dorme, qualcuno deve pur mettere la sveglia. E noi di Infodifesa.it lo faremo. Sempre.
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