Difesa

BELLA CIAO PINOTTI SENZA RIMPIANTI: HA “OSCURATO” I MILITARI ITALIANI ALL’ESTERO

Ministro che va, ministro che viene. L’uscente ministro della Difesa Roberta Pinotti non lascerà grandi rimpianti tra le forze armate, mentre il neo ministro Elisabetta Trenta, per il suo curriculum di militare (è capitano della riserva e ha partecipato a missioni internazionali) lascia ben sperare per il futuro, in quanto è persona che conosce la materia. La Pinotti, che viene direttamente dal Pci, non ha potuto nascondere in questi anni quella che è una tara della sinistra, ossia la profonda ostilità, quasi epidermica, per le forze armate, considerate quasi una seccante necessità da tollerare ma certo non da esaltare. E l’ha dimostrato col progressivo limitare i viaggi dei giornalisti nei teatri internazionali caldi dove sono impegnati i nostri militari.

Ci riferiamo alla Libia e all’Iraq, dove da tempo i giornalisti italiani non sono più ammessi a seguire da vicino le operazioni, tranne quando proprio non se ne può fare a meno e solo per le testate più prestigiose. Negli anni scorsi, come si ricorderà, le nostre forze armate ospitavano spesso la stampa sui loro aerei e nei loro compound: in Kosovo, in Bosnia, in Afghanistan, in Somalia persino, quello sì teatro “caldo”, e altrove. Ma un paio d’anni, però, le forze armate, anzi, il ministero della Difesa, non gradiscono più tanto la presenza di giornalisti in teatro.

E questo è una duplice penalizzazione: da una parte alla stampa, perché non può fare il suo lavoro, e dall’altra – soprattutto – per le nostre forze armate, il cui lavoro sempre ottimo non può essere raccontato agli italiani dai giornalisti. Prima funzionava così: le testate chiedevano allo Stato maggiore un passaggio per i giornalisti sui mezzi militari, spesso scomodi ma aerei da trasporto, per poi alloggiarli nelle nostra basi militari e portarli in zona di operazioni, sempre coi mezzi italiani, con la protezione adeguata. Adesso i teatri più “tranquilli” come Libano, Balcani, etc. sono ancora accessibili, ma per i passaggi ci sono sempre difficoltà, mentre laddove succedono le cose, ossia in Libia e Iraq, non si può più andare.

Il ministro Pinotti non solo non ha mai chiarito i motivi di questo brusco cambio di rotta, ma a quanto pare il suo staff è giunto addirittura a denunciare qualche giornalista troppo critico nei confronti del ministero. Piccole meschinità, come quella di non invitare più ai briefing e alle conferenze stampa i giornalisti “scomodi”. Uno dei motivi potrebbe essere proprio che il governo di sinistra, come sempre, voglia mantenere un low profile nelle sue operazioni, per non far arrabbiare la stessa sinistra e l’ultrasinistra, ma non è possibile che per ragioni di bassa politica si metta il bavaglio alla libertà di stampa. Sì, qualche collega è stato portato col ministro in viaggio, ma quando si è trattato di vedere come i nostri soldati operano in loco, la stampa è rimasta fuori dalla porta.

E il motivo non può essere l’alta pericolosità della situazione, perché ricordiamo al ministro Pinotti che in alcuni casi, come ad esempio in Kosovo nel 1999, i giornalisti italiani arrivarono sul luogo anche prima delle forze armate italiane, anche se all’epoca il ministro Pinotti si occupava di scuola e non di forze armate. E poi, l’esercito ha portato più volte con i propri aerei i colleghi in Somalia, certamente il luogo più pericoloso del pianeta, per cui non si capisce perché oggi non si possa andare in Libia, dove il governo ha addirittura riaperto l’ambasciata. Per non parlare del pasticcio del Niger, dove sembrava che i militari italiani dovessero andare per difendere gli interessi francesi, fino a quando il governo nigerino ha bruscamente stoppato la nostra missione, dicendo “ma chi vi ha invitati?”. E poi la questione degli F-35, finanziati dal governo di sinistra, ma sul cui esordio la sinistra stessa e il ministero hanno osservato il più rigoroso riserbo. Da una parte il governo Pd ha dovuto cedere al diktat del loro amico Obama, dall’altra non hanno voluto irritare i loro fiancheggiatori pacifisti, antimilitaristi e quant’altro.

Quando la Pinotti disse che l’Isis era fascista

E tre anni fa la stessa Pinotti, parlando dell’Isis, disse che si sarebbe potuta sconfiggere con la tolleranza, con una operazione culturale. Parlando a un convegno del Pd genovese, la Pinotti inoltre definì fascisti i terroristi dell’Isis, con un semplicismo infantile che rivelava le sue origini comuniste, secondo cui tutti i cattivi sono fascisti e tutti i buoni comunisti. Per queste dichiarazioni la Pinotti fu criticata anche dal filosofo Massimo Cacciari, che certo troppo di destra e militarista non è. Molte gaffes e incertezze quelle del ministro del Pd: come quando nel 2015 si scordò dell’anniversario di el Alamein, evento completamente assente sul sito del ministero della Difesa. Il nuovo ministro è tutto il contrario: per una volta in Italia si è messa la persona giusta al posto giusto, e non per lottizzazioni politiche ma per competenza. Elisabetta Trenta infatti ha una laurea in scienze politiche, un master in cooperazione internazionale e uno in intelligence e sicurezza. Nata a Velletri nel 1967, è già stata battezzata come la iron lady del neonato governo M5S-Lega. Candidata al Senato per il Movimento 5 Stelle alle ultime politiche, prima del voto del 4 marzo Trentaera stata indicata dal leader grillino come possibile ministro della Difesa. Come si legge nella sua scheda pubblicata sul Blog delle Stelle, Trenta è una “manager di programmi e progetti di sviluppo, esperta in difesa, sicurezza e cooperazione internazionale, nonché docente universitaria”. Nel suo cv si segnala l’incarico di vicedirettore del master in Intelligence e sicurezza dell’Università Link Campus di Roma. L’esponente 5 Stelle è stata “ricercatrice in materia di sicurezza e difesa presso il Centro Militare di Studi Strategici”. E per nove mesi, su incarico del ministero degli Affari Esteri, “è stata Political Advisor dei Comandanti della Itjtf in Iraq. Ha rivestito anche il ruolo di esperta in governance nell’Unità di assistenza alla Ricostruzione di Thi Qar”. Dal 1998 – si legge sempre nella sua scheda – Trenta “è stata responsabile di molti progetti di sviluppo e assistenza alla governance sia in Italia che all’estero, dove ha coordinato interventi come quello per l’assistenza ai City Council della provincia di Thi Qar (Iraq) o quello per il rafforzamento delle competenze del ministero dell’Interno in Libano”. E’ stata inoltre “Country Advisor per la Missione Leonte in ambito Unifil in Libano nel 2009 e ha partecipato ad attività militari e civili, in Italia e all’estero, su incarico del Ministero della Difesa”. Insomma, come accennato in precedenza, la Pinotti la rimpiangeranno in pochi.

di Antonio Pannullo per il il Secolo d’Italia

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