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SICUREZZA EXPO, ECCO IL LAVORO DEI MILITARI

(di Luca Zanoni) – Il sole picchia duro sui tendoni mimetici, come
fossero a un’altra latitudine. Quella oltre la cancellata, invece, è Milano.
I padiglioni di Expo
, la ferrovia, il centro delle Poste. Parcheggiato nel
mezzo, quello che all’occhio del profano sembra un accampamento militare.

E
invece è, ad essere precisi, una struttura di decontaminazione disposta
per l’Esposizione universale del 2015. La attivano gli uomini del settimo
Reggimento di Civitavecchia in caso di attacco nucleare, batteriologico o
chimico.
 In gergo tecnico, lotta Nbc. Per le fonti di intelligence,
bisogna mettere al riparo l’Expo dalla minaccia del bioterrorismo. È lo
scenario più estremo, ma l’esercito è già preparato a fronteggiarlo. Di
notte, quando ai cancelli della Fiera di Rho i camion
 con le
vettovaglie, gli allestimenti, rifiuti, materiali edili e gadget, circa 400 in
dodici ore, si sottopongono a una radiografia prima di poter entrare a Expo,
capita che gli strumenti di controllo o le unità cinofile suonino l’allarme.
Falso, tuttavia
. Le colle, ad esempio, hanno molecole in comune con gli
esplosivi. Una verifica in più e arriva il semaforo verde. Il «falso positivo»,
però, dimostra che i controlli funzionano.
All’Esposizione
universale di Milano i primi due mesi di attività sono andati come da
programma: 
una cittadella di
famiglie, lo stress della sicurezza per le visite dei grandi del pianeta (se la
battono, per fatica, Vladimir Putin e Michelle Obama), qualche furbacchione che
non è andato lontano, come il ladruncolo di computer e smartphone che voleva
squagliarsela dalla recinzione. I soldati che presidiano il perimetro l’hanno
acciuffato.
Il
venerdì del terrorismo globale, tuttavia, getta di nuovo un’ombra sul parco
dell’Expo, considerato sito sensibile.
 Il commissario
unico Giuseppe Sala ha annunciato che però non cambia nulla: «Daremo istruzione
ai nostri di stare ancora più attenti.
 I sistemi comunque sono quelli
che stiamo usando, che ci danno una percezione di un ottimo livello di
sicurezza». Per i sei mesi dell’Esposizione il ministero dell’Interno ha
spedito a Milano 3.796 rinforzi tra forze di polizia (2.558 in più) e militari
(1.234). Gli occhi sono puntati su 490 obiettivi sensibili,
 che oltre
al sito di Rho-Pero comprendono gli aeroporti lombardi, le stazioni ferroviarie
e i luoghi simbolo. 

La regia è del prefetto di Milano, Francesco Paolo
Tronca. 
Coordina quel Comitato operativo misto (Com), che monitora la
vita dell’Expo dalla centrale di comando di via Drago. Sui padiglioni vigilano
gli occhi elettronici di 2.500 telecamere. Agli ingressi i controlli funzionano
come in aeroporto, liquidi e metalli viaggiano sotto i raggi X. Dentro,
pattuglie di poliziotti, carabinieri, vigili urbani e fiamme gialle battono
palmo a palmo il Decumano. 
Passano le divise e gli agenti in borghese,
confusi tra la folla. All’ombra del padiglione Italia, gli uffici del
commissariato di Rho. Lungo i 5,5 chilometri di recinzione che isola l’Expo,
invece, fanno la ronda i militari.
Le prime mimetiche, con esperienze sui fronti del
Libano e dell’Afghanistan, sono arrivate a Expo a fine marzo. Oggi sono
1.600 soldati circa, tra alpini, bersaglieri, lagunari, paracadutisti, artiglieri
e cavalieri. 
I bersagli più sensibili, come la centrale elettrica del
sito, è controllata a vista 24 ore su 24, come i sette ingressi per i veicoli.
Una camionetta staziona anche nel villaggio dei delegati a Cascina Merlata,
dove dormono ministri stranieri e commissari. Ogni giorno, dalle 23, le
file dell’esercito si rafforzano: a loro spetta il presidio dei quartieri
 in
cui è suddiviso il sito di Expo. In parallelo, alla Fiera di Rho, i colleghi
passano al setaccio i camion che riforniscono i padiglioni.

Prima il controllo dei documenti affidato alla
polizia, poi il tir deve passare l’esame di unità cinofile alla ricerca di armi
ed esplosivi e di una radiografia chimico-batteriologica, con apparecchi da
35mila euro l’uno che analizzano le molecole nell’aria. Infine, il passaggio
sotto un arco che fa una lastra all’autoarticolato. Se tutto fila liscio,
scatta la luce verde. Il Reggimento artiglieria a cavallo di
Milano – le Voloire –, guidato dal colonnello Luca Franchini, e il
Reggimento lancieri di Novara, capitanato dal colonnello Elio Babbo, coordinano
le operazioni. 
Il sistema di difesa è costruito in 30 anni di scenari
di guerra e non è mai stato applicato in queste proporzioni per un evento
civile. In un laboratorio condiviso con i vigili del fuoco, l’esercito ha
portato un sofisticato macchinario da campo per analisi chimiche. L’Italia è il
secondo Paese al mondo per numeri di unità acquistate, dopo gli Stati Uniti. E
uno dei pezzi serve per sei mesi la sicurezza di Expo.

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