Geopolitica

“Si apre una crisi molto più ampia”, allarme intelligence. Meloni convoca vertice, Crosetto: forte preoccupazione

Un attacco militare su larga scala, tre siti nucleari iraniani colpiti nella notte dagli Stati Uniti. La crisi in Medio Oriente entra in una nuova fase e il governo italiano corre ai ripari. La premier Giorgia Meloni ha convocato una riunione d’urgenza in videoconferenza, seguita da numerosi contatti con leader internazionali e regionali.

In serata, una telefonata con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: un punto sulla situazione, un aggiornamento necessario alla luce del nuovo equilibrio instabile che si sta formando a poche ore dai raid americani. L’Italia si trova di fronte a una scelta delicata, nel pieno di una crisi che si sta allargando oltre ogni previsione.


Sicurezza rafforzata: 29mila obiettivi sotto sorveglianza

Nel frattempo, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo e il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, riuniti dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, hanno disposto un innalzamento immediato del livello di vigilanza.

Secondo fonti ministeriali, oltre 29.000 obiettivi sensibili sono stati posti sotto controllo. Tra questi, più di 10.000 infrastrutture critiche e circa 1.000 asset riconducibili a interessi americani e israeliani. Il timore è concreto: eventuali ritorsioni iraniane potrebbero non fermarsi ai confini della regione.

A gestire l’allerta anche i vertici delle forze dell’ordine, l’intelligence e le strutture di cybersicurezza.


Il vertice di governo e la linea di Tajani: “Nessun coinvolgimento italiano”

Il punto politico si è fatto subito stringente. La mattina ha visto riuniti a Palazzo Chigi, oltre alla presidente del Consiglio, i ministri Antonio Tajani, Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e il sottosegretario Alfredo Mantovano, assieme ai vertici dell’intelligence nazionale.

Tajani ha dichiarato che l’Italia non è stata informata in anticipo dell’operazione americana. Nessuna richiesta di utilizzo delle basi italiane è stata avanzata da Washington, né risultano decolli da basi sul nostro territorio. Ma il ministro ha ammesso che l’attacco “era nell’aria”, visti i movimenti militari osservati nelle ore precedenti.

“Abbiamo già rimpatriato alcuni militari italiani da Baghdad“, ha aggiunto, “perché si trovavano in una base condivisa con forze americane e il rischio di ritorsioni è concreto”.


Diplomazia in prima linea: Meloni chiama i leader del G7 e del Golfo

A livello internazionale, Meloni ha intensificato i contatti diplomatici. Telefonate con il presidente di turno del G7, Mark Carney, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer.

Ma il cuore della tensione è in Medio Oriente: da qui le interlocuzioni dirette con il Principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, il presidente degli Emirati Mohamed bin Zayed e l’Emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani.

Evitare un allargamento del conflitto e riportare tutti al tavolo negoziale”: è il messaggio condiviso da Roma con i partner internazionali.


Crosetto: “Scenario radicalmente cambiato, rischio escalation globale”

Il tono del ministro della Difesa Guido Crosetto è stato tra i più netti. L’attacco a siti profondamente protetti come Fordow, Arak e Natanz segna, secondo Crosetto, un punto di non ritorno:

“Si apre una crisi molto più ampia, e il rischio di una risposta iraniana su scala globale è concreto. Potrebbero essere presi di mira obiettivi occidentali anche lontani dal teatro regionale”.

Una dichiarazione che sottolinea quanto sia sottile, oggi, la linea tra guerra regionale e destabilizzazione internazionale.


Fratture politiche interne: Schlein e Conte al contrattacco

Sul fronte politico interno, il governo si trova stretto tra la necessità di rassicurare l’alleanza atlantica e una crescente pressione delle opposizioni.

La leader del PD, Elly Schlein, ha avuto un lungo contatto telefonico con Meloni e ha chiesto pubblicamente al governo di escludere qualunque coinvolgimento militare italiano:

“Serve un impegno concreto per la de-escalation. L’Italia ripudia la guerra, lo dice la Costituzione, e deve difendere il Trattato di non proliferazione nucleare”.

Ancora più duro Giuseppe Conte, leader del M5S:

“L’attacco USA è un’escalation dagli esiti incontrollabili. Meloni non deve offrire le basi italiane per un conflitto che ci trascina in una guerra senza fine. Il governo è in ordine sparso. Uno parla di de-escalation, l’altro di crisi globale. E la premier tace”.


L’Italia tra Costituzione e alleanze: il bivio geopolitico

Domani, Giorgia Meloni sarà in Parlamento. Le attese sono alte, le pressioni ancora di più. Da una parte, l’impegno nella NATO e l’alleanza con gli Stati Uniti. Dall’altra, l’articolo 11 della Costituzione, la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica e una sinistra pronta a denunciare ogni passo giudicato compiacente verso Washington o Tel Aviv.

Le prossime ore saranno decisive. Per la sicurezza nazionale, ma anche per la posizione internazionale dell’Italia.
Perché la guerra, stavolta, non è solo alle porte: è a un bivio, e l’Italia dovrà decidere da che parte stare.

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