Polizia

Rimilitarizzare l’accesso a Polizia e Arma sarebbe un grave errore

Nel 2019, ormai quasi 2020, c’è chi ancora pensa che la sicurezza sia appannaggio esclusivo dei militari. Il capo di stato maggiore dell’Esercito, Salvatore Farina, nell’ambito delle audizioni parlamentari legate ai comparti sicurezza e difesa, ha proposto una ridefinizione del periodo di ferma volontaria e soprattutto il reinserimento della riserva di posti nei concorsi per le forze di polizia per i volontari congedati dalle forze armate, con l’obiettivo di raggiungere il 20 per cento (attualmente siamo al 14%).

Oggi per diventare poliziotti la via principale è quella del concorso pubblico, aperto a tutti i cittadini provenienti dalla vita civile, come è giusto e normale che sia per un Corpo civile, democratico e sindacalizzato quale la Polizia di Stato. Con l’abolizione della leva, nel 2004, fu introdotto un meccanismo, quello dei volontari in ferma prefissata, che sostanzialmente obbligava chiunque avesse voluto fare un concorso in Polizia o nell’Arma dei carabinieri a trascorrere un anno o addirittura quattro anni vestendo le stellette.

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Un meccanismo che dal 2005 al 2015 ha permesso l’arruolamento di 17.000 operatori provenienti solo dalle sole forze armate, penalizzando l’età media di ingresso che ovviamente è più alta e riducendo la presenza di genere, che nel mondo militare è di molto inferiore rispetto alla Polizia. Negli ultimi anni, per fortuna, si è registrata una inversione di tendenza con concorsi che sono stati banditi senza la riserva di posti per i militari.

Oggi si vorrebbe fare un passo indietro, obbligando migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi che vogliono vestire la divisa della Polizia di Stato a un “passaggio” come volontari nell’esercito. Con questo tentativo di rimilitarizzazione si ridurrà, inevitabilmente, la presenza di genere nei corpi in divisa che nella Polizia di Stato è pari al 14 per cento.

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I concorsi pubblici sono destinati per fortuna a far aumentare il numero di donne in Polizia (e non solo) mentre il passaggio dalla vita militare porta il rischio contrario, con l’ulteriore innalzamento dell’età media in ingresso. Forze di polizia e forze armate non possono diventare un territorio a esclusiva cittadinanza maschile.

C’è anche un altro aspetto non da poco conto. Una reintroduzione della riserva metterebbe a rischio le assunzioni dalla vita civile e lo scorrimento delle graduatorie degli ultimi concorsi agenti. Il mio pensiero va ai 455 idonei del bando per 1.851 allievi agenti.

Infine, ma non meno importante, v’è la questione delle guardie giurate: i vertici delle forze armate pensano di introdurre il principio che il servizio militare sia requisito indispensabile per ottenere l’abilitazione. Le guardie giurate armate per ottenere un porto d’armi per difesa personale sostengono esami severi e si esercitano al tirassegno, il tutto stabilito da un preciso disciplinare del Ministero dell’Interno.

Si vuole quindi far fare un passo indietro di decenni anche a questo settore? Se a tutto ciò uniamo il fatto che la libera sindacalizzazione è ancora in parte inattuata tra le stellette, si comprende come in ballo ci sia molto, molto di più. Da parte nostra, come sindacato democratico della Polizia di Stato, facciamo e faremo di tutto per contrastare questa assurda operazione.

Articolo a cura di Daniele Tissone Segretario generale sindacato di polizia Silp Cgil per Huffington Post

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