Polizia

Poliziotti uccisi a Trieste, avvocati del killer: “Va curato. Farlo morire in una cella non sarebbe giustizia”

Fare presto. E’ la richiesta che gli avvocati di Alejandro Stephan Meran, accusato dell’omicidio dei due poliziotti avvenuto negli uffici della questura di Trieste il 4 ottobre 2019, hanno avanzato al giudice delle indagini preliminari Massimo Tomassini. Nella richiesta urgente di anticipazione d’udienza di incidente probatorio, inviata anche al sostituto procuratore di Trieste Federica Riolini, i difensori Paolo e Alice Bevilacqua chiedono di anticipare la prossima udienza fissata l’1 marzo, a causa del peggioramento delle condizioni di salute dell’imputato, detenuto in regime di osservazione psichiatrica nel carcere di Verona. Un provvedimento preso all’indomani dell’ennesimo colloquio muto dietro le sbarre.

I legali denunciano – nell’atto in possesso dell’Adnkronos – un “radicale peggioramento delle condizioni di salute mentale” del 30enne di origine domenicana, il quale “ha intrapreso una vertiginosa parabola discendente che l’ha portato ad una repentina interruzione del trattamento curativo in corso”, un atteggiamento di chiusura “che sta rendendo imminente la necessità di adozione di un ricovero coatto in regime di Tso”.

Un rifiuto che incide, oltre che sull’efficacia della cura, anche sulla linea difensiva, impossibilitata a qualsiasi forma di dialogo, a pochi giorni dal deposito della perizia che deve stabilire la capacità di intendere e di volere per l’uomo che – fermato per il furto di uno scooter – ha sparato tre colpi di pistola contro l’agente Pierluigi Rotta e quattro contro Matteo Demenego, intervenuto per soccorrere il collega.

La perizia, affidata da un pool di psichiatri, dovrà accertare anche la pericolosità sociale di Meran e la sua capacità di partecipare al processo. Allo stato, per i difensori, “emerge una condizione psico/patologica severa che suggerisce “il serio e tangibile pericolo che l’indagato non abbia la minima capacità di stare in giudizio” dal momento che si è “chiuso in un mondo interiore, impenetrabile, che non consente più di entrare in sintonia con il suo pensiero”.

Da qui l’urgenza, rivolta al gip, di anticipare l’udienza per valutare “nell’immediatezza” la capacità di Meran di partecipare al processo “preludio, finanche, di una collocazione in struttura sanitaria idonea per il prosieguo del vigente regime cautelare”.

La richiesta, spiega all’Adnkronos l’avvocato Paolo Bevilacqua, “non è escamotage per farla franca, ma è un’istanza per consentire a un ragazzo di essere curato e poter continuare a vivere. Questa tragica vicenda, semplice sotto un profilo tecnico-processuale, non può trasformarsi in un giudizio sommario per soddisfare il desiderio di vendetta della pubblica opinione. Meran va curato perché non merita di morire in una cella, non sarebbe giustizia”.

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