Polizia Penitenziaria

Polizia Penitenziaria, “Da agenti a camerieri dei detenuti”: l’amara denuncia dal carcere

A cinque anni dalla drammatica rivolta che causò nove vittime, la situazione nel carcere modenese peggiora anziché migliorare. Gli agenti denunciano condizioni di lavoro insostenibili e un sistema al collasso.

MODENA – “Il carcere di Modena è il più sovraffollato del distretto Emilia Romagna – Marche, con 570 detenuti di cui più del 60% straniero. Divisi in sezioni da 70-80 detenuti, ognuna delle quali controllate da un solo operatore di polizia. Non siamo nemmeno lontanamente posti nelle condizioni di svolgere le nostre funzioni di controllo, sicurezza, assistenza ma siamo ridotti a fare i camerieri dei carcerati dai quali siamo anche beffati. Io non punto il dito su nessun partito ma siamo incazzati perché questo è uno scempio perpetrato negli anni dalla politica, responsabile di avere portato il sistema carcerario italiano al totale fallimento.”

Parole dure, quelle pronunciate da Francesco Campobasso, segretario nazionale del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (SAPPE), durante l’incontro tenutosi alla sala Pucci con un gruppo di cittadini, molti dei quali appartenenti al controllo di vicinato. In soli sette minuti, Campobasso ha tracciato un quadro allarmante della situazione carceraria modenese, definendola addirittura peggiore rispetto a quella precedente i tragici eventi dell’8 marzo 2020.

Una ferita ancora aperta

Quel giorno di cinque anni fa, la violenta rivolta causò la morte di nove detenuti e danni milionari alla struttura, portando al suo temporaneo svuotamento e chiusura. Oggi, con il ritorno a livelli emergenziali di sovraffollamento – soprattutto per l’alta percentuale di detenuti stranieri – il personale di polizia penitenziaria si trova a fronteggiare criticità quotidiane con risorse drasticamente insufficienti.

Con un’amarezza palpabile, Campobasso ha definito una “farsa” il processo che vede imputati decine di agenti proprio per i fatti del 2020: “Un gruppo di detenuti decise di distruggere un carcere, di distruggersi tra di loro e oggi chi è sotto processo sono gli agenti di polizia. Con la beffa di dovere anche pagare, da contribuenti, anche i due milioni di euro di danni provocati al carcere.”

Crisi vocazionale

La situazione è talmente deteriorata da aver provocato una vera e propria fuga dalla professione. “Un tempo ai bandi da mille posti si presentavano in 12.000. Oggi le domande sono sempre inferiori ai posti messi a disposizioni e quelli che si sono se ne vogliono andare”, ha spiegato il sindacalista.

Di fronte alle richieste di soluzioni concrete da proporre alla politica, la risposta del SAPPE è tanto semplice quanto evidentemente disattesa: “Ciò che chiediamo è di essere posti nelle condizioni di potere svolgere il nostro lavoro e garantire alla collettività ai detenuti all’intero sistema ciò a cui siamo destinati.”

Mentre il dibattito sulla condizione delle carceri italiane prosegue tra proclami e promesse, a Modena la realtà quotidiana parla di agenti abbandonati a loro stessi, costretti a gestire situazioni al limite dell’impossibile con mezzi e personale insufficienti, in attesa che qualcuno trasformi finalmente le parole in azioni concrete.

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