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PAPA FRANCESCO RIDUCE IL NUMERO DI CAPPELLANI MILITARI, MA STIPENDI E GRADI NON SI TOCCANO

Si riduce il numero dei cappellani militari. Saranno soppresse una serie di indennità. È il risultato della nuova intesa sull’assistenza religiosa ai militari in Italia alla quale si è ispirata la commissione paritetica Santa Sede – Italia nella elaborazione del testo di una specifica intesa, in occasione dell’anniversario dei Patti Lateranensi a Palazzo Borromeo. Della nuova intesa parla il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, in un intervento sull’Osservatore Romano.

“Nel complesso – sintetizza Dalla Torre – la riforma è destinata ad alleggerire sensibilmente l’impegno finanziario dello Stato italiano, in ragione della riduzione dell’organico dei cappellani, dei gradi cui essi sono assimilati, della soppressione di tutta una serie di indennità e della cancellazione del lavoro straordinario”. Come spiega Dalla Torre, l’organico dei cappellani militari “è ora stato ridotto da 204 a 162 unità, con cospicua soppressione di gradi superiori e allungamento delle progressioni di carriera”.

Dalla Torre sul quotidiano d’Oltretevere spiega che in virtù della nuova intesa “il cappellano militare viene ad avere uno stato giuridico che, quanto ai gradi militari, ne comporta solo l’assimilazione.

Tale nuova configurazione dello stato giuridico, basata sull’assimilazione e non sull’integrazione nella gerarchia militare, comporta una serie di conseguenze, tra cui: nell’apparato militare non ha poteri di comando o di direzione, né di amministrazione; non porta armi né, di regola, indossa la divisa militare, essendo tenuto a vestire l’abito ecclesiastico proprio; di norma è sottratto al Codice di disciplina militare e sottoposto a un regolamento disciplinare proprio, prevedente obblighi peculiari e sanzioni specifiche, compatibili con la natura delle funzioni da lui svolte”.

Il Manifesto sottolinea invece che, di fatto, non è cambiato nulla. “Come ampiamente prevedibile – le gerarchie ecclesiastiche hanno sempre affermato di non voler rinunciare né alle stellette né al denaro pubblico – tutto resta come prima. Quelle dei più alti in grado della gerarchia clerical-militare erano parole al vento, o fumo negli occhi. E il premier Gentiloni ha preferito genuflettersi – come del resto i suoi predecessori – di fronte all’ordinario militare-generale di corpo d’armata. Risultato: non cambia nulla, o quasi. «L’inquadramento, lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei cappellani militari» restano le stesse, spiega Palazzo Chigi. «Il trattamento economico principale continua ad essere quello base previsto per il grado di assimilazione, mentre per quello accessorio l’Intesa indica specificamente le diverse tipologie».

Unica buona notizia sembra la riduzione del numero dei cappellani: dagli attuali 204 a 162. Ma non è detto che nel lungo iter che l’Intesa dovrà percorrere (Santa sede, Chiesa italiana, Parlamento) non rientrino dalla finestra, come cappellani fuori ruolo.

In ogni caso per il 2018 e il 2019 vale quanto già stabilito dalla legge di bilancio per il triennio 2017-2019: lo Stato spenderà poco meno di dieci milioni di euro l’anno per il mantenimento dei preti sodato. I quali, in base alle tabelle ministeriali, vengono retribuiti come i loro pari grado in mimetica: 126mila euro lordi annui per l’ordinario militare (assimilato ad un generale di corpo d’armata); 104mila per il vicario generale (generale di divisione); 58mila per il primo cappellano capo (maggiore); 48mila per il cappellano (capitano); 43mila per il cappellano addetto (tenente).


«Per risparmiare sarebbe stato sufficiente equiparare i cappellani militari a quelli della Polizia di Stato, che percepiscono uno stipendio medio di 1.350 euro al mese», dice Luca Marco Comellini (segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari e delle Forze di polizia, della “galassia” radicale).

«Volevamo abolirlo, invece il sistema viene rilanciato e consolidato», commenta Vittorio Bellavite di Noi Siamo Chiesa.

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