Orte, cavalla pelle e ossa salvata in extremis: denunce, accuse, tensioni istituzionali e social media. Ecco cosa è successo, giorno per giorno, tra attivismo e istituzioni
In questi giorni la vicenda della cavalla denutrita e in pericolo di vita trovata nelle campagne di Orte ha tenuto banco tra social media, notizie locali e dichiarazioni ufficiali. A scatenare il caso è stato l’animalista Enrico Rizzi, che ha denunciato una gestione “inaccettabile” da parte delle autorità coinvolte. Le sue accuse hanno coinvolto Carabinieri, veterinari della Asl, il proprietario dell’animale, e infine persino il Maggiore dei Carabinieri di Civita Castellana. In questo articolo ripercorriamo l’intera vicenda, tra salvataggi in extremis, denunce annunciate e botta e risposta social e istituzionali.
Il ritrovamento: una cavalla a terra, pelle e ossa, sotto il sole cocente. L’allarme parte da due sorelle
Tutto è iniziato il primo maggio, quando due sorelle – una insegnante e una direttrice di banca – si imbattono in un cavallo accasciato a terra, immobile sotto il sole, all’interno di un terreno nella campagna di Orte. L’animale è scheletrico, le costole in vista, le zampe affette da infezioni evidenti. Le due donne lanciano immediatamente l’allarme, chiamano i Carabinieri e cercano aiuto per evitare il peggio. Il cavallo, secondo quanto emerso poi, era destinato alla macellazione.
L’intervento delle autorità: arrivano i carabinieri, ma secondo Rizzi “non fanno nulla per salvarla”
Sul posto arrivano due carabinieri della locale compagnia. Ma secondo quanto denuncia Enrico Rizzi, i militari si sarebbero limitati a identificare le due segnalanti e ad avvertire il proprietario dell’animale, senza disporre il sequestro né chiamare veterinari. L’uomo si presenta poco dopo e – dettaglio che ha fatto discutere – dà del pane alla cavalla, un alimento ritenuto dannoso per un cavallo in quelle condizioni. A quel punto le forze dell’ordine se ne vanno, senza ulteriori azioni.
Enrico Rizzi entra in scena: dirette social, mobilitazione nazionale e denuncia pubblica
Il giorno seguente, Rizzi – attivista molto noto nel mondo della tutela degli animali – si reca personalmente sul posto. Documenta tutto con video, foto, testimonianze, mobilita i suoi oltre 500.000 follower e chiama in aiuto le guardie zoofile e l’associazione Horse Angels. Grazie a un intervento congiunto, arriva un ippiatra e si ottiene il trasferimento della cavalla – in gravi condizioni – verso un maneggio di Narni, dove può finalmente ricevere le cure.
Denunce in arrivo: nel mirino carabinieri, veterinari Asl e proprietario del cavallo
Rizzi annuncia di voler andare fino in fondo. In un lungo post, dichiara che presenterà un esposto alla magistratura, accusando i carabinieri intervenuti, i veterinari della Asl di Viterbo e il proprietario dell’animale. “Citerò le due sorelle come testimoni”, afferma. E aggiunge: “Senza il nostro intervento, la cavalla sarebbe probabilmente morta sotto quel sole, tra le mosche e l’indifferenza”. L’attivista parla anche di reati penali come omissione d’atti d’ufficio, accusando chi indossa una divisa ma “non agisce”.
Il confronto (saltato) con il Maggiore Di Lauro: tensioni istituzionali e accuse di mancanza di rispetto
Il Maggiore Raffaele Di Lauro, comandante della compagnia dei Carabinieri di Civita Castellana, invita Rizzi per un incontro chiarificatore. Ma qualcosa va storto. Una volta sul posto, Rizzi racconta che il Maggiore si rifiuta di parlargli, non avendo gradito che l’incontro fosse stato annunciato pubblicamente sui social. Rizzi si dice incredulo: “Non ho mancato di rispetto, ho solo informato i cittadini di un fatto di pubblico interesse”. Il confronto si interrompe bruscamente e la polemica esplode online.
Le parole di UNARMA: “Non si fa giustizia gridando in piazza”
Nel pieno del clamore mediatico sollevato dal caso della cavalla malnutrita ad Orte, è intervenuta anche UNARMA – Associazione Sindacale dei Carabinieri, che ha preso posizione sul confronto mancato tra l’attivista Enrico Rizzi e il Maggiore Raffaele Di Lauro. In un comunicato ufficiale, l’associazione ha espresso “considerazioni a tutela della dignità dell’Arma e della corretta informazione”.
Secondo quanto dichiarato, l’incontro tra il maggiore Di Lauro e Rizzi sarebbe stato “un gesto di disponibilità e apertura”, non un obbligo. Tuttavia, la decisione dell’attivista di “rendere pubblico sui social l’appuntamento ancora prima che avvenisse” avrebbe “trasformato un momento di confronto civile in una passerella pubblica”.
UNARMA ha poi messo in discussione le reali intenzioni dell’intervento social: “Se esiste una reale volontà di tutelare gli animali, perché non attendere l’esito delle indagini giudiziarie in corso?”, si legge nel comunicato. E aggiunge, con tono critico: “Forse l’obiettivo non era solo la giustizia, ma anche un po’ di visibilità, qualche like, qualche applauso virtuale?”.
Il sindacato carabinieri sottolinea inoltre che “strumentalizzare episodi ancora al vaglio della Magistratura per generare indignazione pubblica e sospetti verso uomini in divisa è una pratica pericolosa e divisiva”. La linea è chiara: “Non si fa giustizia gridando in piazza, ma rispettando le regole, le Istituzioni e i tempi della legge”.
A chiusura, il segretario generale Antonio Nicolosi rivendica la missione dell’associazione: “UNARMA continuerà a tutelare e difendere tutti quei Carabinieri che, ogni giorno, con abnegazione e sacrificio, onorano la divisa. Per chi usa il clamore mediatico per screditare l’Arma, la risposta resta sempre una sola: quella delle sedi competenti, non dei social”.
Una vicenda ancora aperta: tra verità da accertare, indignazione pubblica e dovere istituzionale
Il caso della cavalla salvata ad Orte è diventato molto più di un salvataggio animale: è lo specchio di un’Italia divisa tra fiducia nelle Istituzioni e sfiducia nelle risposte. Da una parte c’è chi denuncia e documenta, dall’altra chi difende l’operato di chi indossa la divisa. Ma la verità, come spesso accade, cammina zoppicante – proprio come Alba Radiosa – e si farà strada solo nelle aule di tribunale, non tra le storie di Facebook o sulle pagine web.
Nel frattempo, resta una certezza: la voce degli animali maltrattati non ha volume, ma genera eco. E questa eco è arrivata lontano.

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