Esteri

NELLE BASI NATO SUL BALTICO: “SIAMO A UN PASSO DALLA GUERRA”

Nei Paesi Baltici, in Scandinavia e nelle basi Nato del blocco Est la domanda non è tanto «se» succederà, ma quando e sotto che forma. Dalla guerra in Ucraina in avanti Mosca non ha mai mancato un appuntamento, in un’escalation di provocazioni, violazioni degli spazi aerei Nato, movimentazione di truppe e armamenti ai confini con l’Europa a scopo «intimidatorio». Non solo: nell’ultimo anno il numero di attacchi informatici, tentativi di propaganda, disinformazione e manipolazione dei media sono cresciuti a dismisura. Solo in Estonia del 200%. 

E ora, dopo che il presidente polacco Andrzej Duda ha inaugurato l’inizio dei lavori della base antimissilistica Usa a Redzikowo, nel Nord del Paese, e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg quella di Desevelu, in Romania, tra i soldati Nato si aspetta la reazione dell’Orso. «Stiamo combattendo una guerra, una guerra ibrida che è l’ultimo passo prima di iniziare a sparare», ha detto un alto ufficiale del quartier generale del Corpo Multinazionale Nordest, Mnc, a Szczecin. Ma assicura, e il messaggio sembra diretto oltre confine: «Noi siamo pronti». Già dal summit Nato 2014 nel Galles l’Alleanza Atlantica ha iniziato a colmare l’enorme divario che la separava dalla Russia in termini di tempi di reazione in caso di attacco. Ancora a febbraio scorso un rapporto Rand diceva che «se la Russia decidesse di prendersi una delle tre Repubbliche Baltiche – Estonia, Lettonia e Lituania – che sono membri Nato, potrebbe invadere Tallin o Riga in 60 ore». Alla Nato servivano almeno 30 giorni per reagire e trasportare le truppe sul teatro di guerra.

Il «fronte» Est  

Il ministro della Difesa polacco, Antoni Macierewicz, sente che il tempo stringe e, a poco meno di due mesi dal summit Nato di Varsavia, fa il possibile per spostare l’asse della difesa atlantica ai confini della Russia. Per i Paesi baltici e la Polonia la presenza di missili balistici Iskander nell’enclave di Kalinigrad non è un sospetto, ma una certezza: «Mosca potrebbe distruggere la Lituania in un secondo, ma potrebbe colpire anche Berlino». La stessa preoccupazione della Difesa Scandinava. E il ministro degli Esteri polacco Waszczykowski rincara: «Abbiamo avuto la Cecenia, la Georgia e l’Ucraina: cosa aspettiamo ancora?». Il «problema dei missili Iskander per l’Occidente è duplice – spiega un analista del centro di addestramento di Tomaszow -: sono a corta gittata, e quindi molto difficili da intercettare, ma non abbastanza corta – 500 chilometri – per non riuscire a raggiungere mezza Europa».

La richiesta portata avanti dall’Est di avere truppe ai confini in forma permanente alza di molto il livello dello scontro («e dovrebbe funzionare da deterrente», dice Macierewicz). Se la Russia osasse attaccare un Paese Baltico, non sarebbe più Mosca che invade la piccola Estonia, ma Mosca che dichiara guerra agli Stati Uniti.

Le contromisure  

Dalle basi aeree polacche al quartier generale del Corpo multinazionale Nordest il nuovo corso anti-Mosca è già iniziato: l’architettura difensiva, la catena gerarchica e i tempi di reazione in caso d’attacco sono al centro della «rivoluzione»: «Nato e i Paesi membri stanno aumentando il numero di esercitazioni e air policing, ma il punto cruciale è il tempo di reazione in caso di attacco: prima dell’Ucraina servivano 30 giorni per avere le prime truppe sul teatro di guerra, ora 48 ore – dice il responsabile tattico dell’Mnc a Szczecin -. Mettiamo in atto misure deterrenti sempre più alte per evitare di arrivare alla guerra e all’Articolo V. Negli ultimi 6 mesi sono stati creati nuovi comandi (Nato Force integration Units) per velocizzare le operazioni». Oggi, in caso di attacco, le prime truppe (900 soldati, 400 tra tank e blindati e 180 container) arrivano entro le 48 ore, entro 16 giorni le truppe movimentate diventano 6500.

Aggiunge: «Mai viste prima tante esercitazioni e provocazioni militari da parte della Russia. Sono “alert exercise”, servono a testare se siamo pronti. Non è la guerra come siamo abituati a immaginarla, è una guerra non convenzionale. Mosca cerca di dividere e destabilizzare. La nostra missione è far vedere a Putin che siamo pronti a reagire. E lo siamo».

I piloti della base aerea tattica di Lask, da dove partono 16 dei 48 F-16 polacchi, incontrano spesso i colleghi russi nello spazio aereo polacco, dove non dovrebbero essere. Racconta un pilota: «Abbiamo avuto 18 incontri ravvicinati in due settimane, l’ultimo con un Su-27: dal cockpit il pilota russo mi ha sorriso, ha inclinato l’aereo e mi ha fatto vedere quante bombe portava. Tantissime». Ma la guerra non si combatte solo a bordo di un F-16: al Joint Force Training Center di Bydgoszcz sembra di essere in un film di fantascienza: i soldati di 20 Paesi si addestrano con simulazioni di guerra (spesso usano giochi sul mercato) e si addestrano in ambienti virtuali a riconoscere qualsiasi segnale «sbagliato», dall’accento di un potenziale nemico, agli abiti non conformi alle abitudini di un Paese. Ma il nuovo fronte è «la guerra ibrida, combattuta con propaganda, manipolazione dell’opinione pubblica, cyber war e information war» spiegano gli alti ufficiali del Jftc. «La tecnica di Mosca è quella di dividere la Nato con continue provocazioni, infiltrare e manipolare gruppi russofoni, creare disordini e dimostrare che Europa e Nato non sono né uniti né efficienti».

Nelle basi di addestramento si stanno alleando anche a combattere la cyber war e a mettere in atto tecniche di contro-propaganda. «La guerra ibrida non è fatta solo dagli “omini verdi” utilizzati in Crimea, ma anche da falsi profili su Facebook, finti giornali online che diffondono notizie verosimili che vengono poi riprese dai giornali veri. E le parole, nella guerra ibrida, possono essere molto pericolose».

di Monica Perosino, inviata a Varsavia per la Stampa

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