Esercito

Militare ucciso a Roma, preso l’assassino. Movente dell’omicidio: forse una lite per il posto auto

E’ durata due settimane la fuga di Mohamed Abidi, il tunisino di 33 anni accusato di aver ucciso il militare dell’Esercito Danilo Salvatore Pipitone la notte tra il 10 e l’11 febbraio a Roma. L’uomo è stato arrestato in Francia e i pm di Roma, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, hanno chiesto la consegna dell’indagato. Su di lui pende l’accusa di omicidio preterintenzionale. La famiglia di Pipitone, dopo la morte del suo caro, ha deciso per la donazione degli organi.

L’aggressione mortale a Roma

Pipitone era stato aggredito in via dei Sesami, nel quartiere popolare di Centocelle, una zona dove spesso di notte circolano spacciatori e prostitute, mentre andava a riprendere la sua auto. Quarantaquattro anni, il militare lavorava come infermiere all’ospedale del Celio. Era stato trovato, pesto e sanguinante, da alcuni passanti con un taglio al sopracciglio e un profondo colpo alla nuca.

Ricoverato d’urgenza al Policlinico Umberto I, era morto per le ferite riportate. Se il movente dell’aggressione sarebbe ancora tutto da chiarire – si tende a escludere la rapina: è stato ritrovato con addosso soldi e cellulare – gli inquirenti di Roma hanno però rapidamente chiuso il cerchio sul possibile aggressore.

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La fuga

Già 48 ore dopo il pestaggio le banche dati, incrociate con le immagini delle telecamere di sicurezza e alcune testimonianze, avevano restituito un identikit altamente attendibile: un trentenne, d’origine tunisina appunto, con precedenti per spaccio di droga e violenza sessuale. Dopo il pestaggio – tra le ipotesi c’è anche una lite per la viabilità – l’uomo sarebbe scappato via con una 500 Abarth noleggiata, per poi far perdere le sue tracce, forse con documenti falsi per eludere i controlli. Almeno fino quando è stato catturato dalla polizia francese.

Dubbi sul movente

Ora si dovrà capire il motivo di quell’aggressione. L’ipotesi della rapina, visto che Pipitone quando è stato soccorso aveva ancora con sé denaro e il cellulare, si sarebbe allontanata definitivamente. Mentre resta quella di una discussione per un posteggio. Un parcheggio che Mohamed Abidi avrebbe rivendicato come “suo”. I dubbi restano, anche perché in quella zona di spaccio e prostituzione, Pipitone non ci viveva. Lui era di stanza alla Cecchignola, lontano dalla Togliatti.

“Rafforzare le strutture di polizia”

Grande apprezzamento per il lavoro svolto dalla polizia di Stato, con il coordinamento della procura della Repubblica di Roma, è arrivato dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi: “Ancora una volta la chiara testimonianza della capacità investigativa delle nostre Forze dell’ordine e delle consolidate sinergie sviluppate nell’ambito di una rete di cooperazione internazionale”.

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