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L’ULTIMO DELIRIO: CONDANNARE I MARÒ PER FARLI TORNARE

(di Maria Giovanna Maglie) – Hanno ragione a dire che Le Carré a loro gli fa un baffo. Un senatore Pd
campione dei diritti umani di tutti, proprio tutti, anche del più fetido
spacciatore e del più spietato criminale; un senatore Fi che si suppone essere
liberale, garantista e rispettoso del ruolo dei militari; un avvocato che fa
yoga, si è fatto induista e naturalmente non se lo è tenuto come evento
privato, no, e sta in una associazione nazionale di cui è presidente: tutti
insieme hanno fatto la bella pensata di far condannare per omicidio colposo,
d’ufficio, a opera di due governi, neanche di una Corte, insomma a prescindere,
come diceva Totò, due militari che, per conto dell’Italia, rischiavano la vita
in missione antipirateria, per i quali non esiste ancora neanche un capo
d’accusa, e che patiscono da tre anni un calvario indignitoso per la nazione,
facendolo in silenzio e dignità.

È la riforma della giustizia all’italiana, tutti colpevoli, poi si
svuotano le carceri, e dell’onore perduto chi se ne frega. Siccome io sono
malpensante, mi viene anche in mente che sia un assist fornito gratis al
governo Renzi. Il premier un anno fa inaugurò il suo incarico con pubblica
telefonata ai due marò in India, con promesse rivelatesi fallaci. Le ha tentate
tutte tranne quelle giuste, ha lasciato trapelare che era fatta altrettante
volte, ora sta cercando vie traverse per chiudere l’accordo, pronto anche in
questo a pagare di straforo chiunque in loco, pronto a tutto tranne che a
iniziative internazionali limpide a schiena dritta. Un aiutino gli serve,
devono essersi detti alcuni volenterosi.
Non ci facciamo mancare niente. Siamo al terzo anniversario del calvario
di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, una storia che ai lettori de Il
Giornale è stata raccontata tappa dopo tappa e bugia dopo bugia, e ora arriva
in soccorso la soluzione creativa bipartisan con contributo della società
civile, all’italiana, anzi all’italo-indiana in salsa yoga. I tre pensatori
sono Luigi Manconi, Lucio Malan e Franco di Maria Jayendranatha, e auspicano
che la loro idea venga presa in considerazione dai governi di Roma e Nuova
Delhi «per risolvere finalmente il problema che, oltre ai due militari e alle
loro famiglie, ha incrinato i rapporti fra i nostri Paesi». Si stanno dando da
fare. Prima lo hanno fatto in un convegno tenuto al Senato, poi Manconi lo ha
messo nero su bianco nel suo blog per Huffington Post, infine diciamo che ai
due politici in queste ore tocca qualche insulto veloce via Twitter, magari da
parte di chi da tre anni per i due fucilieri di marina si spende e fatica, e
che non ha apprezzato quel che Manconi si sente di definire così: «E se uno
scatto di fantasia e un lampo di immaginazione nell’irrigidito scenario delle relazioni
internazionali risultassero più efficaci della consunta grammatica della
tradizionale attività diplomatica? D’altra parte il George Smiley di John Le
Carré non ricorreva mica alla geometrica potenza di chissà quale strategia
dell’intimidazione, bensì – e con quali risultati – alle risorse più callide e
sottili dell’invenzione intellettuale».

I tre di fatto propongono una sentenza di condanna a tavolino, ovvero
omicidio colposo, che indica l’assenza di intenzionalità, e permetterebbe la
liberazione dei due fucilieri perché sia in Italia che in India la pena
prevista è di cinque anni, se ne sconta la metà, e due anni e mezzo sono già
trascorsi abbondantemente. Sfugge loro, o non gliene importa niente, una serie
di cose molto serie. La dignità dei due militari e dello Stato, la possibilità
mai esperita di un arbitrato internazionale, l’illegalità di un processo in
India visto che i fatti sono avvenuti in acque internazionali, la naturale
immunità di funzione di cui avrebbero dovuto godere… I 600 militari che
proteggono oggi le petroliere italiane in pericolo nei mari del mondo e
verrebbero consegnati a una possibile sorte analoga… Le bugie raccontate da
tre governi, la commissione d’inchiesta sempre negata, le dimissioni di un
ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che ancora si chiede perché Mario Monti
abbia deciso di rispedire i marò in India. 
La presunzione di innocenza, valida
sempre e per tutti, tanto più ora che finalmente risulta da scambi ufficiali di
email che l’incidente denunciato dalla Lexie avvenne quasi tre ore prima
dell’uccisione dei pescatori indiani… I nostri tre la buttano in sociologia,
«si deve considerare la rispettiva storia diplomatica di Italia e India e il
fatto che ogni vicenda sovranazionale viene regolarmente sopraffatta dal peso
delle diverse tradizioni nazionali, dalle tragedie e dai pregiudizi che le
segnano, dai conflitti geopolitici e, infine, dal peso vischioso delle cronache
domestiche». Già, è tutto molto vischioso, diciamo che fa schifo.

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