Guardia di Finanza

Libertà religiosa e laicità nelle Amministrazioni militari

Nella settimana santa una riflessione riguardante le recenti modifiche alla disciplina dell’assistenza spirituale da parte dei cappellani militari.

Nella tradizione cristiana, la Settimana Santa è la ricorrenza che conduce alla più importante festività del calendario cristiano: la celebrazione della Passione, morte e Resurrezione di Cristo.

Non è intenzione porre disquisizioni di fede religiosa o proporre concezioni ateistiche o agnostico razionaliste, quanto esporre alcune riflessioni concernenti la necessità di affermare e difendere la laicità dello Stato.

Ora la nostra Costituzione garantisce il diritto di libertà religiosa (art. 19 Cost.) e del principio dell’eguale libertà di tutte le confessioni religiose (art. 8, comma 1, Cost.).

Questo perché, sebbene manchi nella Carta costituzionale una chiara ed espressa previsione del principio di laicità, lo Stato italiano è una Repubblica democratica laica e aconfessionale, senza cioè una religione ufficiale.

Il principio supremo di laicità implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale, e anche di tutela dei diritti delle persone non appartenenti ad alcuna religione.

Fatto che non pare chiaro alle Amministrazioni militari, ove difatti, ancora oggi, il professarsi non credenti o professare altre religioni, spesso non basta per essere esentati dalla partecipazione a funzioni religiose cattoliche.

Ma il concetto di laicità dello Stato non sembra chiaro neanche a coloro che sono chiamati a legiferare.

Ciò per dire che, lo scorso 23 marzo, è stato concluso l’esame in Commissione del Disegno di legge C. 2657 concernente la ratifica ed esecuzione di un nuovo protocollo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze Armate.

Un po’ di storia.

La disciplina dell’assistenza spirituale alle Forze armate e al Corpo della Guardia di Finanza, nell’ambito del codice dell’ordinamento militare, fa riferimento alla legge n, 512/1961 che, in materia, ha dato attuazione al previgente regime concordatario. Si tratta degli accordi sottoscritti fra la Santa Sede e l’Italia l’11 febbraio del 1929, cui è stata data esecuzione con la legge n.810/1929.

Il D.lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare), ha assegnato il compito di “integrare la formazione spirituale del personale militare di religione cattolica” (art. 17).

Il Codice prevede, altresì, la facoltatività della partecipazione alle funzioni religiose in luoghi militari (art. 1471, comma 2) e la piena libertà di culto per i militari di qualsiasi fede religiosa, che possono ricevere l’assistenza spirituale dei propri ministri (art. 1471, comma 1) ma al di fuori di un servizio strutturato e stabile a carico dello Stato, che resta attualmente assicurato solo da cappellani cattolici.

Ai sensi dell’articolo 1533 dello stesso C.O.M., l’alta direzione del servizio di assistenza spirituale è devoluta all’Ordinario militare per l’Italia, il quale è coadiuvato dal Vicario generale militare e da tre ispettori che fanno parte della sua Curia [1].

Giustamente, si noterà, una modernizzazione della norma era più che necessaria ed effettivamente il disegno di legge ratifica la recente intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica dell’Accordo di revisione concordataria del 1984.

Con la legge n. 121/1985 era stato disposto che l’assistenza spirituale fosse assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti d’intesa fra tali autorità.

Tale intesa è stata negoziata il 18 dicembre2017 e firmata dalle due Parti il 13 febbraio 2018.

Ma cosa prevede il Disegno di Legge?

In uno Stato democratico si potrebbe pensare che, finalmente, sia stato affermato il principio di laicità anche per i militari.

Perché, è bene sapere che nelle Amministrazioni Militari sono integrati i cappellani militari, i quali percepiscono uno stipendio dallo Stato Italiano e, per di più, con il grado di Ufficiali.

Si potrebbe pensare che questo modello anacronistico, per l’integrazione così intensa di tipo economico gerarchico e disciplinare, non sia coerente né con lo Stato laico, né con la funzione spirituale affidata ai cappellani.

E invece no, con la riforma conseguente alla ratifica del protocollo i cappellani militari saranno ancora presenti.

Ma non saranno più 204 ma solo 162 e ci sarà, forse, un risparmio di spesa iniziale dai 3,7 milioni nel 2021 ai 2,2 milioni nel 2029 [2].

Cosi, i cappellani militari non saranno più militari tra i militari, soggetti in tutto alle leggi e alla disciplina militare, ma potranno meglio esercitare le funzioni spirituali e pastorali.

Pur essendo una figura autonoma rispetto all’organizzazione militare, risiederanno in una delle sedi di servizio loro assegnate e continueranno ad accedere ai gradi militari per assimilazione.

Quindi il cappellano non potrà esercitare poteri di comando o direzione e avere poteri di amministrazione nell’ambito delle Forze armate, né potrà portare armi e indosserà, di regola, l’abito ecclesiastico, salvo situazioni speciali nelle quali sia necessario indossare la divisa.

Insomma il cappellano non sarà militare ma potrà indossare la divisa e percepirà il trattamento economico  con riguardo ai corrispondenti gradi militari di assimilazione.

La retribuzione iniziale sarà però ridotta rispetto alla retribuzione degli ufficiali in servizio permanente effettivo, si arriverà a ben 3.000 euro annuali per l’ordinario militare (corrispondente al grado di Generale di Corpo d’Armata).

E si perché continueranno a percepire talune indennità (integrativa speciale, di impiego operativo di base, di missione e di imbarco).

In compenso saranno escluse la retribuzione per lavoro straordinario e talune indennità operative accessorie tuttora percepite a legislazione vigente (indennità di campagna, super campagna, truppe alpine etc.) e l’indennità mensile pensionabile, precedentemente spettante ai cappellani militari impiegati presso l’Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza.

Una svolta che non c’è stata.

Eppure sarebbe stato il momento adatto per  una vera riforma,  per rompere proprio quel vincolo di integrazione così decisa nel contesto economico, gerarchico e disciplinare, presente nelle Amministrazioni militari, in coerenza con il principio di laicità dello Stato e con la funzione spirituale affidata ai cappellani.

Anche perché la riduzione delle spese per il sostentamento dell’Ordinariato Militare era nel programma di Governo di quel partito i cui esponenti ora sbandierano l’Intesa recentemente approvata.

Il nuovo ddl riguardante l’assistenza spirituale, invece, non modifica nella sostanza l’attuale disciplina dei cappellani militari.

Nondimeno il comma 2 dell’articolo 11 della legge 121/1985, avrebbe consentito una diversa intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede [3].

Ma chi ha voluto questa Intesa? La Conferenza Episcopale Italiana o forse l’Ordinariato militare?

Certo è che il ruolo dei Cappellani militari è in contraddizione con le stesse parole e azioni del messaggio di pace e fraternità rivelato da Gesù nei Vangeli e, anche, con il magistero di papa Francesco contro la guerra e a favore della nonviolenza.

Allora quale  la soluzione? Abolire questo anacronistico privilegio concordatario, e invece che avere “generali” e “colonnelli” pastorali garantire l’assistenza spirituale al personale militare attraverso il sistema diocesano e parrocchiale e l’apertura ai religiosi di ogni confessione.

Fabio Perrotta

Sindacato Autonomo Finanzieri

[1] L’Ordinario militare e il Vicario generale militare sono assimilati di rango, rispettivamente, al grado di generale di corpo d’armata e di maggiore generale. Gli ispettori sono assimilati di rango al grado di brigadiere generale.

[2] Si evidenzia che la relazione tecnica al Disegno di legge C. 2657  fornisce il dato relativo alla spesa complessiva stanziata in bilancio per il 2019 (pari ad euro 13.675.646), nonché un quadro della progressione decennale dell’onere – anch’esso ripartito per grado – determinato in ragione del provvedimento in esame, nei seguenti termini: euro 9.820.801 nel 2020, euro 9.956.063 nel  2021, euro 10.109.480 nel 2022, euro 10.423.910 nel 2023, euro 10.632.983 nel 2024, euro 11.629.696 nel 2025, euro 11.881.429 nel 2026, euro 11.868.674 nel 2027, euro 11.577.650 nel 2028, euro 11.408.423 nel 2029.

[3] «L’assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti d’intesa tra tali autorità.»

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