Polizia

La poliziotta licenziata per un tatuaggio. Ma oggi le arriva un encomio dal Ministero dell’Interno

Ha lanciato una petizione su Change.org per “L’abolizione della norma sui tatuaggi in Polizia retroattiva per chi era già in servizio”. Arianna Virgolino, oggi 34enne, dopo aver anche ricevuto una “Lode”, è stata infatti licenziata dalla polizia di Stato per un piccolo tatuaggio (che peraltro ha poi cancellato) che aveva fatto a 18 anni. A mandarla via dalle forze dell’ordine il ministero dell’Interno, lo stesso che l’ha premiata con la “Lode”: che oltretutto le è stato consegnato adesso.

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Strano: a guardarsi in giro è pieno di agenti completamente tatuati. Anche perché, dice Arianna Virgolino, “non è, e non può essere, un tatuaggio a compromettere l’operato dell’agente o il decoro della divisa. Un tatuaggio non può stabilire se una persona potrà diventare un eccellente operatore di polizia o potrà fare bene il suo lavoro”.

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E’ stata una sentenza del Consiglio di Stato, del 2020, a decidere che il ricorso presentato dal Viminale andasse accolto. E che l’agente era un “nocumento all’immagne della polizia di Stato”. Ora la questura di Verona (abita a Castelnuovo del Garda) le ha notificato la “Lode” per avere sedato il 16 ottobre 2019 una violenta rissa a Casalpusterlengo, vicino a Lodi, dopo aver indossato la divisa da appena due mesi. Insomma, un doppio messaggio che ha lasciato la ormai ex agente di stucco.

Arianna Virgolino ha anche chiesto aiuto a Giorgia Meloni che prima di diventare presidente del Consiglio aveva scritto su Facebook: “Un poliziotto dovrebbe essere giudicato per le sue capacità professionali, per l’abnegazione e lo spirito di servizio: tutte doti che la giovane agente ha dimostrato di avere. Forza Arianna, siamo con te”. Salvo poi dimenticarsene.

Per argomentare la sua petizione su Change.org, la ex poliziotta spiega anche come “risulta discriminatorio per le donne che intendono accedere ai ruoli della polizia di Stato, se presentano tatuaggi sugli arti inferiori (divisa ordinaria femminile – gonna), sono penalizzate e dichiarate non idonee al contrario degli uomini che possono tranquillamente possederli poiché coperti dal pantalone presente in ogni divisa”. Argomenta anche che la norma “dovrebbe essere abolita perché il tatuaggio viene considerato un ‘danno all’immagine della polizia di Stato’”, ma, si domanda, “come può un residuo di rimozione di un tatuaggio ledere l’immagine della polizia di Stato, dal momento che diversi appartenenti presentano svariati tatuaggi scoperti dall’uniforme estiva e invernale?”.

E ancora: “Durante gli accertamenti medici, anche il personale sanitario della Polizia è sfornito di linee guida a livello centrale cosicché l’idoneità o meno è oggetto di interpretazione: a volte sono stati sospesi gli accertamenti in attesa della rimozione completa purché effettuata nei termini concorsuali, altre volte un residuo di rimozione di tatuaggio in zona scoperta non è stato oggetto di esclusione mentre altre volte sì”.

Infine la norma “dovrebbe essere abolita perché il tatuaggio ormai è attualità e non più stigma di criminalità come veniva considerato tempo fa”. Una “normativa obsoleta in quanto l’Italia è l’unico Paese al mondo a mantenere ancora questo tabù sulla base del quale priva del posto di lavoro vincitori di un concorso pubblico. Un Paese che desidera stare al passo con gli altri Paesi Europei, dovrebbe quantomeno uniformarsi”.

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