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IN TUTTI GLI ULTIMI SCANDALI SULLE TANGENTI SPUNTANO SEMPRE UFFICIALI INFEDELI DELLE FIAMME GIALLE

(di
Alberto Statera)
Guardie e ladri che si
rincorrono sotto lo stesso tetto, come in un vaudeville all’italiana
interpretato da Totò e Aldo Fabrizi. Va in scena in tutti gli ultimi scandali,
dal Mose all’Expo, fino all’Unipol.

Popolati da
quelli che una volta si chiamavano con la maiuscola Servitori dello Stato:
pubblici ufficiali, magistrati e quasi sempre anche da finanzieri, nel senso
non di gnomi della finanza, ma di ufficiali della Guardia di Finanza. L’uomo
che fa onore a uno dei simboli del corpo rappresentante un grifone, metà aquila
e metà leone (cioè saggezza e forza), è stato segnalato ieri dal “Sole-24Ore”:
si chiama Renzo Nisi. È il colonnello che quattro anni fa fece la prima
verifica al Consorzio Venezia Nuova, l’inizio della fine. Trasferito a Roma,
non è stato lui mercoledì a portare via in manette Emilio Spaziante, suo
mega-superiore, fino a pochi mesi fa comandante generale in seconda del corpo.
Il generale ladro — secondo l’accusa — ha intascato 500 mila euro, prima
tranche dei due milioni e mezzo promessi dal presidente del Mose Giovanni
Mazzacurati per «influire in senso favorevole sulle verifiche fiscali e sui
procedimenti penali aperti nei confronti del Consorzio Venezia Nuova».
Come ha fatto uno come Spaziante, che aveva un curriculum tutt’altro che puro
come un giglio, a scalare i massimi vertici del corpo? Questo paese, si sa, ha
la memoria corta, ma a qualcuno deve essere rimasta impressa l’indimenticabile
intercettazione della telefonata dell’ottobre 2009 a Silvio Berlusconi di
Valter Lavitola,
che sponsorizzava la promozione del generale. E il presidente del Consiglio,
che pure avrebbe preferito il generale Michele Adinolfi, amico stretto e
“fonte” di notizie riservate del faccendiere pregiudicato Luigi Bisignani,
rispondeva all’altro faccendiere ricattatore: «E allora lo devo chiamare. Gli
fissiamo un appuntamento». Insomma, obbedisco. Il generale in carriera, che era
stato anche nei Servizi segreti, aveva anche altri sponsor. Soprattutto Marco
Milanese, ex finanziere, poi deputato Pdl pluriinquisito, capo operativo del
“Cerchio magico” del ministro Giulio Tremonti, cui pagava persino
l’affitto dell’appartamento condiviso dai due amici a Roma.
Toh, a chi è andata una parte della tangente Mose pagata da Mazzacurati a
Spaziante? Proprio a Marco Milanese, che del resto si occupava al ministero,
oltre che delle nomine negli enti pubblici di conserva con Gianni Letta, anche
di sbloccare al Cipe i fondi per il Mose. Le operazioni sono quasi sempre
mediate da Roberto Meneguzzo, il finanziere (questa volta proprio uno gnomo
della finanza) titolare della Palladio Finanziaria, che si candidava a
“salottino buono” della finanza del Nordest. Figuratevi un po’ i salottini
cattivi. Il generale Spaziante si presenta nell’ufficio di Meneguzzo a Milano
l’8 settembre 2010 per ricevere parte dei soldi e in sua presenza chiama per
quattro volte il comandante del nucleo della Guardia di Finanza di Venezia, che
stava svolgendo le ispezioni al Consorzio, per dimostrare quanto lui contasse.
Sono passati un po’ di anni, ma il Cerchio magico Tremonti-Milanese è vivo e
lotta insieme a loro. Dalla Laguna veneta — udite, udite — al porto di Ostia.
Se ne occupano l’avvocato Dario Romagnoli dello studio Tremonti, ex finanziere
(della Guardia di Finanza), e il solito generale Spaziante. Il presidente del
porto turistico Mauro Balini, legato secondo i magistrati all’ex banda della
Magliana, vuole 100 milioni per ampliare il bacino. E che fa? Chiede al suo
amico generale Spaziante di procurargli un documento che lui provvederà a
falsificare. Il generale, sull’attenti, esegue e il 4 ottobre 2012 consegna il
documento. Un narcotrafficante internazionale lo trasforma in falso. E una
volta taroccato, l’atto viene consegnato all’Agenzia delle Entrate, l’ente che
può destinare un bene demaniale ai privati. Qui entra in scena Romagnoli,
l’avvocato dello studio Tremonti, l’intermediario che deve favorire il finanziamento
dell’Unipol. Con l’inseparabile generale, l’11 dicembre si reca a Bologna, ma
le notizie dell’Unipol non sono buone. Così la coppia — secondo le carte
dell’antimafia — chiama in aiuto Tremonti in persona. All’inizio del 2013 ci
sono già i soldi e il socio: “Italia Navigando”, partecipata da “Sviluppo
Italia” e quindi dal Tesoro.
Ne vedremo delle belle, a quanto si può desumere da un trafiletto
pubblicato ieri sul “Corriere della Sera” circa una possibile fuga di notizie
nel marzo 2013 tra Milano e Bologna ai danni dell’inchiesta milanese sui
derivati dell’Unipol. «Romagnoli — ha scritto Luigi Ferrarella — riferisce
all’ex ministro Tremonti cosa gli è stato raccontato su una guerra intestina a
Consob sui valori dei derivati Unipol». Tremonti risponde: «Intanto avvertiamo
anche Vegas (presidente della Consob, ndr), proviamo a dirglielo».
Abbiamo appena visto come all’Agenzia delle Entrate, secondo gli investigatori,
circolino persino documenti taroccati da malfattori. E proprio in queste ore il
presidente del Consiglio Matteo Renzi è alle prese con la sostituzione di
Attilio Befera al vertice di quella fondamentale Agenzia. Una delle partite
forse più rischiose tra le tante che si appresta a giocare dopo i primi tre
mesi di governo in una struttura statale dove la Guardia di Finanza ha decine
di suoi ex ufficiali, più di qualcuno raccomandato purtroppo da Marco Milanese
quando faceva il bello e il cattivo tempo al ministero dell’Economia sotto
l’ala di Tremonti. Tre delle sette direzioni sono comandate da ex ufficiali
delle Fiamme Gialle. Ben 376 dirigenti sono entrati senza concorso. Il vicario
di Befera Marco Di Capua, è oggi il candidato più quotato alla nomina a numero
uno e a quel che si dice quella candidatura ha prodotto tensioni tra il premier,
che dubita, e il ministro Piercarlo Padoan. Anche Di Capua, il cui fratello
Andrea è caporeparto dei Servizi segreti, è un ex ufficiale della Finanza, ma
soprattutto è considerato molto amico di Milanese, di Spaziante e del Cerchio
magico tremontiano, destinato ormai a difendersi negli scandali che quasi
quotidianamente vengono alla luce dopo la lunga notte del berlusconismo,
nonostante l’allure dell’intellettuale che l’ex ministro tenta
di darsi.
Di Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze, si può dire ciò che si vuole, ma
quando nel 2006 si scagliò contro Milanese, Di Capua e la lobby dei finanzieri
affaristi e tangentari, venendone poi stritolato, mise tutti sull’avviso. Sono
passati quasi dieci anni e gli stessi nomi si rincorrono nella giostra delle
promozioni e di alcuni degli scandali quotidiani.
Non si possono più fare errori all’Agenzia delle Entrate, come nelle nomine
negli alti vertici delle agenzie statali. Anche se, come diceva Michel de
Montaigne, è dubbio che l’uomo onesto possa trovare un posto adeguato in un
mondo che mette l’utile al di sopra di ogni cosa.

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