Il ministro della Difesa di Israele: “No all’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza in questa fase”
Israele non ha intenzione di far riprendere l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza in questa fase, ma questo accadrà in futuro una volta costruito un meccanismo per l’utilizzo di aziende civili. Lo ha precisato il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, sul suo profilo X, che in un post pubblicato in precedenza ha sottolineato che “la politica di Israele è chiara e nessun aiuto umanitario sta per entrare a Gaza”. Secondo quanto spiegato da Katz, impedire l’ingresso degli aiuti nell’enclave palestinese è “uno dei principali strumenti” utilizzati per fare pressione sul movimento islamista Hamas, “oltre alle altre misure che Israele sta adottando”. “Allo stato attuale, nessuno porterà aiuti umanitari a Gaza e nessuno si sta preparando a far entrare alcun tipo di aiuto”, ha dichiarato il ministro. “Ho sottolineato che per quanto riguarda il futuro, deve essere costruito un meccanismo per l’utilizzo di aziende civili, per non permettere a Hamas di accedere (agli aiuti) in futuro”, ha ribadito Katz.
Il presidente dell’Egitto e l’emiro del Kuwait: No allo sfollamento dei palestinesi nella Striscia di Gaza
Il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, e l’emiro del Kuwait, Mishal al Ahmad al Jaber Al Sabah, hanno ribadito in una nota congiunta il loro “categorico rifiuto a qualsiasi tentativo di sfrattare i palestinesi dalla loro terra”. La posizione è stata ribadita durante i colloqui tra i due leader in occasione della visita di Al Sisi in Kuwait, seconda tappa del suo tour nel Golfo dopo il viaggio in Qatar.
I due hanno condannato “la violazione dell’accordo (di cessate il fuoco) da parte di Israele e la ripresa delle ostilità” nella Striscia lo scorso 18 marzo e hanno “sollecitato la cessazione immediata degli attacchi israeliani contro i civili e il flusso ininterrotto di aiuti umanitari, in linea con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.
Al Sisi e l’emiro Al Sabah hanno inoltre messo in guardia “dalle gravi conseguenze umanitarie e dall’instabilità regionale” e hanno invitato la comunità internazionale “a far rispettare la soluzione dei due Stati, istituendo uno Stato palestinese lungo i confini del 4 giugno 1967, con Gerusalemme Est come capitale”.

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