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FORESTALI, I DIRIGENTI SUPERANO GLI AGENTI

(di Francesco Grignetti) –  La grande partita sul futuro della
Forestale è cominciata. Dopo che nei giorni scorsi il ministro Marianna Madia
ha ribadito che per il governo è opportuno ridurre il numero delle polizie in
Italia, il tema è diventato caldissimo.

Molti sindacati, tipo l’Ugl, si sono
indignati. Altri no. Il sindacato autonomo Sapaf, ad esempio, ha appena inviato
una lettera alla presidente Anna Finocchiaro, chiedendo un incontro in
commissione Affari Costituzionali del Senato.

«A
noi – sostiene il segretario del Sapaf, Marco Moroni – interessa mantenere le
capacità investigative. Vogliamo integrarci con le altre polizie forestali
esistenti e diventare una vera polizia ambientale e agroalimentare. Il resto
non ci interessa, né il colore della casacca né le poltrone. Se queste capacità
venissero esaltate confluendo nella polizia di Stato, va bene ugualmente purché
non si disperdano le professionalità: penso alle indagini sui piromani, o gli
ecoreati, o la tutela delle specie protette».
È
più o meno lo stesso ragionamento della senatrice Leana Pignedoli, Pd,
vicepresidente della commissione Agricoltura, dove oggi si voterà un parere
favorevole al ddl Madia, ma condizionato al mantenimento di una seria polizia
ambientale. «Occorre – dice la senatrice – un duro lavoro di “smontaggio” e
riallocazione di risorse da utilizzi improduttivi. Ma i progetti di riordino
non possono non prevedere un corpo dedicato all’agroambientale fortemente
connesso al ministero dell’Agricoltura».
Pignedoli
piuttosto è perplessa per le sovrapposizioni tra Corpo Forestale e nuclei
carabinieri, come il Noe inserito dentro il ministero dell’Ambiente e Nac nel ministero
Agricoltura. «C’è da riflettere».
Il
lavoro di «smontaggio» che viene richiesto dalla commissione Agricoltura merita
un passo indietro: il Corpo Forestale, forte di circa 8000 agenti, costo mezzo
miliardo all’anno, disperde le sue forze su innumerevoli tavoli: sono circa
1000 quelli che si occupano di “biodiversità”, ossia allevamenti (a Belluno gli
equini di razza maremmana, a Castel di Sangro equini di razza
persano-salernitano e bovini, a Follonica equini di razza maremmana, all’Aquila
gli ovini, a Lucca la selvaggina, a Martina Franca gli equini di razza murgese,
a Mongiana equini di razza araba e selvaggina, a Pescara il centro recupero
rapaci, a Pieve equini di razza avelignese e bovini, a Potenza equini di razza
anglo-arabo-sarda, a Siena equini da sella italiano e bovini) e 1500 quelli
messi a disposizione dei parchi nazionali. Questi gestiscono castelli, tenute,
ville.
C’è
poi un reparto volo per lo spegnimento incendi con alcuni elicotteri e un
aerotaxi. Sono in dotazione pure 2 motovedette e venti barche. E poi pesa la
burocrazia interna: comando generale, ispettorato di 700 agenti, venti comandi
regionali, cento comandi provinciali con annesse sale operative. Alla fine,
nelle 1000 stazioni territoriali ci sono appena 2500 agenti.
La
moltiplicazioni di funzioni ha portato anche alla moltiplicazione dei
dirigenti. «Una riduzione sarebbe quanto mai auspicabile, visto che alcuni
annoverano più personale per amministrare di quello operativo amministrato!»,
scrive il Sapaf. A Prato, per dire, ci sono 4 agenti sul territorio e 9 a
dirigerli.
Piuttosto
che lasciare, però, il capo del Corpo, Cesare Patrone, ha rilanciato: la sua
proposta al Senato, pochi giorni fa, è di raddoppiare la Forestale,
incorporando le polizie provinciali che sono rimaste allo sbando, i sei Corpi
Forestali regionali (esistono in Sardegna, Sicilia, Val d’Aosta, Friuli, Trento
e Bolzano), più l’Ispettorato antifrodi del ministero dell’Agricoltura. Sono
circa 6500 agenti che potrebbero confluire nella Forestale. Il contropiano prevede
«direzione delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi», «attività
ricognitiva del territorio», «aggiornamento della relativa mappatura ed
individuazione delle aree ad elevato rischio idrogeologico», «direzione tecnica
delle aree naturali protette nazionali».

tratto da La Stampa

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