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COSÌ L’ITALIA DISTRUGGE IL SUO ESERCITO, PEZZO DOPO PEZZO

Il premier Matteo Renzi che, alla sfilata degli Alpini a L’Aquila (metà maggio 2015) saluta… con la mano sbagliata
(di Francesco Meneguzzo) – È un pugno nello stomaco, l’editoriale che Gianandrea Gaiani, direttore responsabile della
testata Analisi Difesa
, dedica allo sfascio dell’italico
apparato militare
.

Un collasso materiale, prima di tutto,
con un bilancio per le forze armate (Funzione Difesa) passato dai 14,3
miliardi
 di euro del 2010 ai13,2 di quest’anno, per
scendere ai 12,7 previsti per l’anno prossimo di cui
parallelamente aumenta la percentuale destinata alle retribuzioni: 65,4% nel
2010, 73,3% quest’anno e 75,7% cioè oltre tre quarti, nel 2017. Tra
i residui, appena 2,3 miliardi per acquisire nuovi mezzi, oltre al paio di
ulteriori miliardi stanziati da altri ministeri, e poco più di un miliardo per
esercitazioni, addestramento, manutenzioni di mezzi e infrastrutture. Interi
capitoli di bilancio azzerati e chi può si arrangi.
Spese militari in rapporto al Pil per vari paesi
della Ue ed extra-Ue. Dati Sipri
Alla faccia delle dichiarazioni dell’improbabile ministro
della Difesa, Roberta Pinotti
, che l’anno scorso aveva sbottato: “Il
bilancio della Difesa non può essere il bancomat del governo
”. Invece è
proprio così. Alla faccia anche del “Libro bianco” dell’ex ministro Giampaolo
Di Paola
 che prevedeva la diminuzione degli effettivi a fronte del
ribilanciamento delle risorse.
Solo agli ingenui, ignari del bisogno di difendere
più o meno attivamente le frontiere della Nazione, non correrà un brivido lungo
la schiena pensando come mai potremmo far fronte a un attacco organizzato: “Abbiamo
irrisolta da oltre tre anni la penosa vicenda dei fucilieri Salvatore
Girone e Massimiliano Latorre
 mentre in Italia non riusciamo neppure a
difendere Piazza di Spagna da 200 tifosi olandesi ubriachi né il centro di
Milano da altrettanti teppisti black-bloc, ridicolizzando agli occhi del mondo
e dell’opinione pubblica italiana il ruolo di militari e forze dell’ordine,
ormai ridotti al ruolo di mute comparse, non protagonisti della difesa e
sicurezza nazionale
”, scrive Gaiani nel suo fondo,
aggiungendo: “Figuriamoci se in queste condizioni possiamo impensierire
terroristi e jihadisti oppure anche solo pirati e trafficanti, criminali seri
con tanto così di pelo sullo stomaco
”.
L’analisi comparativa delle spese militari in
relazione al Pil, effettuata su dati Sipri, è impietosa.
Tra sette paesi importanti dell’Unione europea l’Italia è
oggi terzultima con l’1,48% di spese militari rispetto al prodotto interno
lordo
, appena meglio di Spagna e Germania (ambedue con forze armate da
barzelletta), peggio della Polonia (1,95%), Regno Unito, Francia e Grecia
(tutte intorno al 2,2%), condividendo con tutti questi paesi (eccetto, recentemente,
la Polonia in chiave anti-russa) una sostenuta diminuzione (in Italia, meno
26% in 10 anni
).
Allargando lo sguardo, non c’è proprio confronto
rispetto alla Cina (2.06%) e alla Turchia (2,17%), per non parlare di Usa
(3,5%) e Russia (4,47%), con quest’ultima che ha aumentato le spese per la
difesa del 50% dal minimo (3%) del 1998.
Se, poi, si considera che l’Italia ha perso intorno
al 30% del Pil dal 2007, è presto fatto il conto di un disastro che si somma
agli altri accumulati dagli ultimi governi.
Non farà quindi impressione quanto scrive
ironicamente Gaiani, che non c’è bisogno degli F-35per
disporre di aerei “stealth”, dal momento che i Tornado di stanza in Iraq
risultano di fatto “invisibili” al nemico jihadista perché disarmati,
e che nella loro carriera operativa sono stati a lungo e per colmo d’ipocrisia
mediaticamente invisibili” ai cittadini-contribuenti italiani quando
impegnati in missioni belliche in Iraq nel 1991, in Kosovo,
nella sciagurata avventura libica e oggi di nuovo Iraq.
Tanto più che anche il più grande ma solo presunto ammodernamento della
nostra dotazione bellica – appunto il plurimiliardario acquisto di una trentina
di F-35 entro il 2020
 e poi probabilmente tutti i 90
previsti
 per far contento l’alleato Usa – secondo Analisi
Difesa
 non è solo un errore strategico e industriale che ci
metterà del tutto nelle mani di Washington
 ma è anche inutile:
a cosa serve, infatti, avere un bombardiere “invisibile” se non abbiamo neppure
il coraggio di mettergli le bombe a bordo, né i soldi per farli volare, così
come non potremo gestire la nuova flotta che stiamo costruendo
con i fondi della “legge navale” dell’anno scorso.
Per non parlare dei dubbi sulla effettiva competitività
degli F-35
 nello scenario internazionale.
Nel frattempo, continua Gaiani, le
caserme cadono a pezzi e manca il carburante, l’olio e i ricambi per le
manutenzioni e per addestrare il personale, i piloti non hanno mai volato così
poco, l’aviazione dell’Esercito è alla paralisi, interi reggimenti non sparano
un colpo da molto tempo per mancanza di munizioni e per molti
l’unico addestramento attuabile è rappresentato dalla marcia zaino in spalla,
adatta per una guerra di trincea ma non certo per i teatri moderni.
Un collasso morale, inoltre, ben
sintetizzato dal premier Matteo Renzi che alla parata degli
alpini a metà maggio all’Aquila si faceva beccare a salutare meno che
militarmente con la mano… sinistra
, e poi in evidente imbarazzo indossando
la divisa nel corso della visita-lampo al contingente italiano
a Herat in Afghanistan il 2 giugno. Lo stesso giorno in cui si
teneva a Roma un simulacro di parata, per la festa
della Repubblica ma anche per il centenario dell’entrata nella grande guerra:
eccetto le frecce tricolori, infatti, tra crocerossine e bambini
con ombrellini tricolori, non si è visto un solo mezzo, forse per non apparire
guerrafondai”, come suggerisce Gaiani.
Fino a prova contraria, guerrafondai non si sentono
nemmeno i russi o i francesi (soprattutto i primi?), ma le parate del 9
maggio e del 14 luglio
, rispettivamente, costituiscono occasione di sfoggio
per i più avanzati armamenti in un tripudio di orgoglio nazionale e patriottico
(condito, senza dubbio, di sana promozione commerciale). Da noi invece meglio
evitare, “così boy scout e pacifinti, antagonisti e catto-comunisti non si
indignano
”, scrive l’esperto di difesa.
Eppure qualche luce c’è – le Scuole militari per
esempio – che nonostante i posti troppo limitati (circa 270 ogni
anno) riscuotono sempre più successo tra i giovanissimi liceali, mentre qualche
dubbio fa sorgere il sistema di reclutamento degli ufficiali attraverso
le Accademie, non fosse altro per il fatto che una percentuale stranamente
troppo bassa
 dei poco più di 300 posti disponibili è
coperta dagli allievi delle Scuole militari.

È tuttavia una goccia nel mare, e ci sentiamo di
condividere per intero lo sfogo di Gaiani: “Il dilemma in realtà
non riguarda le dotazioni militari ma la totale incapacità della politica di
difendere, anche con le armi, gli interessi nazionali e le frontiere stesse
della Nazione

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