Carabinieri

Cocaina rubata dalla cassaforte, capitano dell’Arma condannato a 3 anni

Tre anni di condanna per peculato e assoluzione per l’omessa denuncia di reato: è la sentenza emessa dal tribunale di Modena nei confronti dell’ex capitano dei carabinieri, che comandava la tenenza di Vignola.

Il capitano era accusato di aver sottratto cocaina sequestrata nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria. L’ufficiale dell’Arma, all’epoca dei fatti, ovvero nel 2018 comandante della tenenza di Vignola, era stato rinviato a giudizio al termine di delicate indagini scattate a seguito della scoperta, al termine di un servizio antidroga, di involucri di cocaina ‘manomessi’. La polvere bianca era stata sostituita con altre sostanze.

Durante il processo si è analizzato l’utilizzo di una chiave che permetteva di accedere ai reperti sequestrati che era attaccata con lo scotch sotto il ripiano della scrivania dell’ex comandante.

Una chiave di riserva che in sostanza poteva essere stata utilizzata da tutti per prelevare la droga depositata.

Una tesi, quest’ultima, che il pubblico ministero – dottor Giuseppe Amara – ha tentato di contestare nella sua discussione, conclusa con la richiesta di condanna a 3 anni e 6 mesi. «Nessuno l’ha toccata in tutti questi anni; nessuno poteva accedere all’ufficio del capitano senza autorizzazione; nessuno può aver sottratto dieci dosi di cocaina e averle sostituite con altrettante di infima qualità come ci ha riferito il perito.

Il capitano, in quei giorni di settembre 2018, viveva una condizione precaria, come del resto ci hanno raccontato i suoi sottoposti a Vignola e il maggiore, che comandava la Compagnia di Sassuolo prese provvedimenti. Che il capitano usasse cocaina ce lo ha detto anche un altro teste, spacciatore certificato, a cui lui si era rivolto alcune volte. Possiamo dire che non è possibile trovare verità alternative, le ho cercate con altre indagini e riflessioni ma non esistono».

Secondo l’avvocato difensore «La chiave per aprire la cassaforte è a disposizione di tutti; nell’ufficio del capitano entravano tutti anche quando lui non c’era; lo spacciatore che viene preso come portatore di verità per quanto mi riguarda è invece una persona non così limpida. Il capitano – ha sottolineato il legale – stava attraversando un momento difficile, ma come ha detto lo stesso pubblico ministero aveva un curriculum intonso e perfetto. L’ipotesi del furto e della sostituzione delle dosi è una suggestione, non vi è alcuna certezza né prova». Una difesa intensa, appassionata, che però non è bastata a convincere i giudici.

Resto del Carlino e Gazzetta di Modena

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