Carabinieri

Omicidio Cerciello Rega, La Cassazione “Finnegan e Hjort non parlano italiano e non hanno capito di trovarsi di fronte a due carabinieri”

In un sorprendente sviluppo giuridico, la Corte di Cassazione italiana ha annullato le condanne di Lee Elder Finnegan e Gabriel Natale Hjort, precedentemente condannati per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. La Cassazione lo scorso marzo ha annullato la sentenza con cui i giudici di secondo grado avevano condannato Lee Elder Finnegan e Gabriel Natale Hjort a scontare rispettivamente 24 anni e 22 anni di carcere. Una decisione che porterà a un nuovo processo di secondo grado nei confronti dei due ragazzi americani accusati di aver ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. E adesso, dopo oltre quattro anni dalla morte del carabiniere, la Cassazione ha motivato la decisione presa la scorsa primavera, trasformando ciò che sembrava essere una conclusione in un nuovo inizio per un caso che ha tenuto l’Italia e gli Stati Uniti in sospeso per oltre quattro anni.

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Le Lacune della Sentenza di Appello

La sentenza di condanna della Corte d’Appello è stata ritenuta dalla Cassazione “lacunosa, incongruente e piena di contraddizioni”. In particolare, i giudici hanno evidenziato dubbi sulla consapevolezza degli imputati, all’epoca dei fatti a digiuno della lingua italiana, di trovarsi di fronte a due Carabinieri. Questo aspetto chiave del caso riguarda la comprensione della situazione da parte di Finnegan e Hjort durante il tragico incidente.

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La Tragica Notte del 26 Luglio 2019

I fatti risalgono al 26 luglio 2019 quando il vicebrigadiere Cerciello Rega, in seguito a una segnalazione, insieme al collega Andrea Varriale, intervenne in una vicenda che coinvolgeva i due giovani americani. Secondo le indagini, Finnegan e Hjort, allora in vacanza a Roma, cercarono di acquistare cocaina e finirono per essere vittime di una truffa. In un tentativo di vendetta, i due rubarono lo zaino di un conoscente dello spacciatore, proponendo poi uno scambio. Tuttavia, invece dello spacciatore, all’appuntamento si presentarono Cerciello Rega e Varriale. Nell’alterco che ne seguì, Finnegan accoltellò Cerciello, provocandone la morte.

Le motivazioni: “Non è chiaro se Elder ha capito la parola ‘carabinieri’”

Poi il processo di primo grado e quello di Appello. Quindi la Cassazione e il rinvio nuovamente in Appello. Perché “la Corte di Assise di appello ha basato il suo convincimento’’ sul fatto che ‘’la parola ‘carabinieri’ è ampiamente conosciuta anche all’estero.

“Un assunto – si legge nelle motivazioni pubblicate dall’Adnkronos – che, non essendo in alcun modo sviluppato, né correlato a ragionevoli termini esperienziali, logici, oppure a dati obiettivi, finisce con il proporre una mera ipotesi congetturale (oltretutto inficiata da un generico ed incompleto riferimento all’ ‘estero’, che neppure individua i Paesi presso i quali il vocabolo sarebbe, in tesi, conosciuto”. “E’ evidente, che se la parola ‘Carabiniere/i’ fosse conosciuta, ad esempio, in Spagna e in America latina, si tratterebbe, pur sempre, di un ‘estero’ che non comprende gli Stati Uniti d’America dove vive l’imputato’’ sottolineano giudici.

In altre parole “non può all’evidenza fondarsi il convincimento circa la esatta percezione e comprensione della qualifica in discussione da parte dell’imputato Elder, del quale la stessa Corte di merito ha messo in rilievo, a più riprese, l’ignoranza della lingua italiana’’. Per quanto riguarda l’imputazione di resistenza a pubblico ufficiale è necessario che ‘’l’autore del fatto sia consapevole che il soggetto contro il quale è diretta la violenza o la minaccia rivesta la qualità di pubblico ufficiale e stia svolgendo un’attività del proprio ufficio”.

“Insuperabili incongruenze motivazionali”

La Cassazione solleva dubbi anche sulle modalità con cui si è arrivati a decidere sull’aggressione. “L’intenzione di ‘portare avanti la colluttazione’ per impedire a Varriale (il collega carabiniere di Cerciello, ndr) di accorrere in aiuto del collega, attribuita dalla Corte di Assise di appello a Natale Hjorth nella sua valenza di elemento comprovante il concorso in omicidio, avrebbe dovuto essere, all’evidenza, messa a confronto con la testimonianza di Varriale, dalla quale parrebbe emergere una volontà diametralmente opposta dell’imputato, ossia quella di sottrarsi al controllo e fuggire, in coincidenza, tra l’altro, con la versione fornita dall’imputato medesimo’’.

Per la Cassazione, ‘’nell’affrontare il tema del concorso di Natale Hjorth nel delitto di omicidio pluriaggravato materialmente commesso da Elder, la Corte di Assise di appello di Roma è incorsa in alcune ‘’insuperabili incongruenze motivazionali messe lucidamente in rilievo dalla difesa’’.

“Mancano passaggi logici”

Secondo la Cassazione, “la Corte territoriale avrebbe dovuto compiere alcuni, indispensabili, passaggi logici, chiedendosi se il progetto omicidiario fosse già contemplato sin da quando maturò l’idea, comune agli imputati, dell’estorsione a seguito della cosiddetta ‘sòla’ di Trastevere e da quali elementi di prova ciò risultasse; se il progetto, viceversa, fosse insorto in un secondo tempo, e, in particolare, in quale momento, se fosse comune a entrambi o no, se, in quest’ultimo caso, Natale Hjorth fosse consapevole e appoggiasse il progetto di Elder e da quali elementi di prova ciò risultasse’’.

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