Sindacati Militari

Carabinieri, “30 gradi e divisa invernale: è inaccettabile. La salute viene prima di tutto”

Maggio 2025, i carabinieri sono costretti a un paradosso che suona come una beffa: temperature che sfiorano i 30 gradi, ma ancora obbligo di indossare uniformi invernali, giacche a vento incluse. Una situazione già denunciata — senza risultato — tre anni fa. Allora, era il 13 maggio 2022, e a sollevare il problema fu proprio Carmine Caforio, Segretario Generale di USMIA Carabinieri. Il suo allarme, pubblicato su InfoDifesa, fu ignorato dai vertici dell’epoca.

Ma questa volta c’è una differenza: a guidare il Comando Generale c’è da poco Salvatore Luongo, nuovo Comandante Generale dell’Arma, da molti considerato portatore di una ventata di rinnovamento. Non è il primo banco di prova per lui — anzi, ha già dimostrato concretezza e coraggio su più fronti — ma questa vicenda potrebbe diventare il primo vero segnale di svolta sulla tutela della salute operativa.

E Caforio torna ora con una denuncia chiara, fondata e difficile da ignorare, indirizzata proprio a quei vertici che — per la prima volta dopo anni — potrebbero ascoltare e agire.

Ecco la versione migliorata e aggiornata dell’articolo, con i corretti riferimenti storici, l’aggiustamento sul ruolo del Gen. Luongo, un tono più incisivo e una struttura ancora più efficace per la lettura e la condivisione:

“30 gradi e divisa invernale: è inaccettabile. La salute viene prima di tutto”

“Il Segretario Generale Carmine Caforio, a nome di USMIA Carabinieri, torna a denunciare l’assurdità di costringere i militari a indossare l’uniforme invernale – compresa la giacca a vento non traspirante – anche con temperature che, in molte regioni, stanno già sfiorando i 30°C.”

Il comunicato è un pugno sul tavolo. Un richiamo alla logica e alla responsabilità, davanti a una situazione che espone il personale a rischi sanitari reali.

“I rischi per la salute sono prevedibili, concreti e molto preoccupanti: colpi di calore, disidratazione, malori e persino svenimenti, soprattutto per il personale che ha raggiunto e superato la mezza età.”

Parliamo di operatori su strada, in pattuglia, in piedi sotto il sole per ore. Una condizione che, con indumenti non adatti al clima, si trasforma in un potenziale pericolo per la salute, oltre che in una inutile vessazione.

Caforio: “Uniforme operativa come DPI. Basta norme scollegate dalla realtà”

“È giunta l’ora di revisionare le regole vigenti e considerare l’uniforme operativa, a tutti gli effetti, come un Dispositivo di Protezione Individuale, adeguata alle esigenze di servizio e alle condizioni climatiche stagionali.”

Non si tratta solo di una battaglia sindacale. La richiesta poggia su fondamenti normativi ben precisi: il D.Lgs. 81/2008, che impone ai datori di lavoro la valutazione e la prevenzione dei rischi, inclusi quelli legati al microclima.

“In un contesto normativo sempre più attento alla sicurezza sui luoghi di lavoro, non è più tollerabile trascurare la salute e il benessere psico-fisico degli operatori in uniforme, un diritto inderogabile, molto a cuore al Presidente della Repubblica, che l’ha ribadito con forza anche in occasione della recente giornata dei lavoratori.”

Una proposta concreta: polo estive e flessibilità per i comandanti

Nel suo comunicato, Caforio non si limita a denunciare: avanza soluzioni semplici, già adottate da altre forze di polizia nazionali ed estere.

“USMIA Carabinieri, con una nota indirizzata al Comando Generale dell’Arma, chiede con urgenza di predisporre un tavolo tecnico con la partecipazione delle APCSM affinché venga valutata:

l’adozione di magliette polo traspiranti e pantaloni estivi leggeri e performanti, analoghi a quelli già da tempo in uso alle polizie nazionali ed estere;
il riconoscimento dell’uniforme operativa come DPI.”

In attesa di un aggiornamento formale dei regolamenti, USMIA chiede che i Comandanti di Corpo possano già da subito autorizzare cambiamenti in base al clima locale, riconoscendo la realtà: l’Italia è un Paese dove il meteo varia da nord a sud e da giorno a giorno.

“È fondamentale riconoscere ai Comandanti di Corpo la facoltà di autorizzare il personale da essi amministrato al cambio dell’uniforme, adattandola al clima stagionale, ormai sempre più instabile e soggetto a repentini cambiamenti.”

Un’Arma che cambia davvero: ora si può dimostrare con i fatti

Caforio conclude con un principio che nessun comando dovrebbe ignorare:

“Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori debbono essere intesi quali sinonimi di efficienza operativa e benessere del personale. Una scelta che non può più attendere. La vita non ha prezzo!”

Ed è vero. Perché una divisa non può diventare una trappola termica. E il benessere di chi serve il Paese non può essere messo da parte in nome di formalismi superati.

La questione è chiara, la soluzione è a portata di mano, la richiesta dei carabinieri è legittima e fondata. Non ci sono ostacoli tecnici, né vincoli economici insormontabili. Solo la necessità di ascoltare chi ogni giorno serve il Paese in condizioni sempre più difficili.

Con Luongo, qualcosa è già cambiato. È considerato da molti finalmente un Generale che ascolta davvero, che rompe schemi e agisce. Ora, la questione divise estive può diventare il simbolo di una nuova attenzione alla realtà quotidiana del personale.

La strada è tracciata. Servono solo le firme, e la volontà di agire.

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