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Strage di Erba, Procuratore chiede la riapertura del caso: “Olindo e Rosa innocenti, errore giudiziario”

È stata depositata dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tartufesser un’istanza per la riapertura del processo per la strage di Erba. Nella richiesta il pg ha smontato le principali prove contro Olindo Romano e Rosa Bazzi. Ecco i nuovi elementi presentati.

Olindo Romano e Rosa Bazzi potrebbero essere detenuti in carcere ingiustamente e non essere stati gli autori della strage di Erba, vittime loro stessi di un clamoroso errore giudiziario. A sostenere questa tesi, ma la cautela è d’obbligo, è il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tartufesser che ha depositato un’istanza nella quale chiede la revisione del processo per i due coniugi condannati all’ergastolo per l’omicidio di quattro persone avvenuto l’11 dicembre del 2006. La relazione, che sarebbe formata da circa 58 pagine, verrà valutata dal procuratore generale Francesca Nanni e dalla sua collaboratrice Lucilla Tontodonati. Particolarmente incisivi alcuni passaggi del dossier. È “in tutta coscienza, per amore di Verità e Giustizia (scritte in maiuscolo nel testo, ndr) e per l’insopportabilità che due persone, vittime probabilmente di un errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo”, così il sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser chiede la revisione del processo.

Nel giorno della strage morirono, uccisi a colpi di coltello e spranga, Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. C’è un teste, Mario Frigerio, marito della Cherubini, anche lui ferito e creduto morto da chi commise l’omicidio plurimo, che riuscì a salvarsi grazie a una malformazione congenita alla carotide grazie alla quale non morì dissanguato. L’omicidio fu compiuto nell’abitazione di Raffaella Castagna che fu data alle fiamme subito dopo. Olindo e Rosa furono ritenuti colpevoli al termine di una lunga e tortuosa vicenda giudiziaria.

Il contenuto dell’istanza presentata dal pg

Scrive Tartufesser: “Le dichiarazioni auto accusatorie sono da considerarsi false confessioni acquiescenti”. Sarebbe questo il risultato “cui giungono i consulenti” sulla base dei “più recenti e avanzati dati scientifici che corrispondono ai criteri che, se mancanti, rendono le confessioni, false confessioni“. Fra gli elementi ‘nuovi’ emersi sulla base di una consulenza, il procuratore segnala anche la non attendibilità di Frigerio, nel frattempo deceduto: “Queste novità – si legge nell’istanza visionata dall’Agi – si possono così riassumere: mancata valutazione dell’idoneità a rendere testimonianza, effettuata in base alla ricostruzione dalle intercettazioni mai entrate al processo, che evidenziano deficit cognitivi non segnalati”. Secondo il pg, quindi, il caso va riaperto.

Gli elementi che potrebbero portare alla riapertura del caso

L’elemento nuovo, precisa Tartufesser, “è costituito dalla decodifica delle intercettazioni ambientali durante la degenza ospedaliera del testimone, nelle quali la somministrazione della testistica clinica è menzionata dai figli ma di cui non vi è traccia nella relazione medica. Dati clinici acquisiti dopo il 2010 che, applicati al caso specifico, dimostrano che Frigerio sviluppò, a seguito dell’aggressione, una disfunzione cognitiva provocata da intossicazione da monossido di carbonio, arresto cardiaco, shock emorragico e lesioni cerebrali focali. Stante la gravità dei singoli eventi neurolesivi, la loro concomitanza in un soggetto anziano ed iperteso ha sicuramente determinato un complessivo scadimento delle funzioni cognitive necessarie a rendere valida testimonianza. Dati nuovi che si ricavano dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali, mai effettuate prima, che evidenziano e dimostrano la presenza di disfunzioni cognitive tipicamente osservabili nei casi con patologia neurologica sopra descritta”.

Frigerio, quindi, da quanto si intuirebbe “dalle intercettazioni mai trascritte, soffriva degli effetti tardivi dovuti all’intossicazione da monossido di carbonio, che hanno a loro volta provocato un’amnesia anterograda. Il paziente che ne soffre è “suscettibile agli effetti distorsivi delle suggestioni ed è da considerarsi un caso di scuola per l’inidoneita’ a rendere valida testimonianza”. Conclusione: “in relazione alle dichiarazioni rese i giorni 20, 26 dicembre 2006 e 2 gennaio 2007 il testimone fu progressivamente indotto ad aderire a suggerimenti che determinarono l’installazione di una falsa memoria circa la corrispondenza fra l’aggressore sconosciuto e Olindo Romano“.

Il sangue ritrovato nella macchina di Romano

Le prove per cui sono stati condannati Rosa e Olindo per la strage di Erba sarebbero dunque maturate in “un contesto che definire malato sarebbe un esercizio di eufemismo“. Riguardo poi alla macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini ritrovata sull’auto di Olindo, il magistrato scrive che “non si può non rilevare come si tratta di una prova che trasuda criticità mai valutate dalle Corti di merito che mai hanno messo in dubbio, né l’origine della macchia di sangue, né la chain of custody dal momento del suo repertamento”.

Nell’istanza per la riapertura del processo, dunque, il magistrato ha smontato le tre prove cardine, il riconoscimento degli imputati come autori del delitto da parte di Frigerio, le confessioni dei coniugi e la macchia di sangue. La richiesta dovrà essere valutata dai giudici prima di un eventuale nuovo processo che si annuncerebbe, nel caso si provasse l’innocenza dei coniugi condannati all’ergastolo, come un clamoroso caso di errore giudiziario.

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