Polizia

ROCCO SCHIAVONE, LO SBIRRO CHE SI RULLA LE CANNE!

Con quella canna in bocca, lo sguardo da burbero, l’insulto facile e un dramma umano e familiare ancora da  superare Marco Giallini interpreta il Vice Questore Aggiunto Rocco Schiavone in forza alla Questura di Aosta che affronta quotidianamente quella piccola criminalità di provincia estremamente umana.

Il VQA Schiavone è stato oggetto di feroci critiche da parte di alcuni sindacati di polizia, colpevole soprattutto  di farsi le canne così da dipingere un’immagine distorta della figura del poliziotto. Di sicuro il personaggio nato dalla penna e dalla fantasia di Antonio Manzini rompe gli schemi sganciandosi completamente dalla figura eroica e stereotipata dello sbirro a cui la fiction ci ha abituato.

Rocco Schiavone non porta la pistola, indossa le polacchine ed è refrattario alla cravatta, per Schiavone il ladro è un disperato costretto dal sistema a rubare, non può farlo per scelta, per lui probabilmente l’uomo ha una dignità di base per la quale  è costretto a vivere di espedienti, non può scegliere di delinquere.
Con queste premesse Rocco Schiavone scardina il concetto dello sbirro tutto “chiacchiere e distintivo”, dall’umanità diversa e compromessa che fa i conti con il fantasma della moglie morta con la quale mantiene teneri dialoghi notturni nella solitudine della sua cucina.

Così che tra isterismi collettivi, un cannone rullato e parecchi insulti elargiti specie ai colleghi più anziani, questi ultimi forse un po’ troppo bistrattati, assistiamo non solo alla pochezza delle polemiche di questi giorni ma soprattutto all’audacia di un Dipartimento della Pubblica Sicurezza che evidentemente ha fatto bene a collaborare con questa fiction.

Da anni sostengo, anche attraverso questo mio personale mezzo di comunicazione, che al poliziotto debba essere prima di tutto fornita un’ umana dimensione, laddove esiste lo sbirro retto, corretto e incorruttibile esiste anche quello che, nonostante le mille schifezze della vita, continua la sua opera senza danneggiare nessuno, tra vizi e virtù nemmeno troppo nascosti.

E con questo non voglio significare che il VQA Schiavone debba essere l’esempio, anzi, il problema dipendenze da droghe e non solo esiste anche tra i poliziotti. Dal vizio del gioco a quello dell’alcol passando ovviamente da quello degli stupefacenti, negarlo semplicemente senza mostrarlo serenamente ci riporta in quei bui periodi dove le cose andavano bene solo perché nessuno ne poteva tranquillamente parlare.

Ed è bene invece che se ne parli, senza polemiche, senza riempire stucchevolmente le pagine dei siti sindacali di inutili comunicati capaci solo di attrarre facili consensi, anzi, si chieda ai signori sindacalisti, quelli di grido, quelli che contano, di proporre controlli periodici ai poliziotti sull’uso degli stupefacenti.

Magari a campione, magari iniziando in parallelo politiche di prevenzione anche all’interno delle caserme, siamo esseri umani incardinati all’interno di una società liquida, malata e smarrita.
Sareste d’accordo voi che vi stracciate le vesti e gridate allo scandalo di prevenire per curare quella che è anche per i poliziotti una piaga sociale chiamata droga?

Che si colga quindi il valore del personaggio, che non esiste ma potrebbe esistere, si colgano gli aspetti intelligenti, ci si guardi allo specchio e si lavori davvero per il bene della polizia, dei poliziotti e dei cittadini, non si gridi allo scandalo semplicemente per fare polemica perché se domani, così come sarebbe giusto, cominciassero i controlli a campione sul personale, assisteremmo a una alzata di scudi da parte dei sindacati, di grido e che gridano,  senza precedenti.

Rocco Schiavone non è un poliziotto coerente, forse è anche un mezzo delinquente o, forse, è semplicemente più vero di tante inutili sterili polemiche.
….consigliata visione il prossimo mercoledì!

In Giacca Blu – Michele Rinelli 

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