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Poliziotto con la febbre lascia la carraia e prosegue il servizio in auto per ripararsi dal freddo. Il TAR annulla la punizione

Il ricorrente ha adito Tar Lazio al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento con cui il dirigente ha lui inflitto la sanzione disciplinare del richiamo scritto perché “in qualità di operatore presso il corpo di guardia – postazione avanzata, lasciava incustodita ed aperta la porta carraia per recarsi nel garage a prendere un’autovettura e continuare il servizio all’interno della stessa per ripararsi dal freddo non potendo così assolvere i compiti ad esso assegnati”.

In fatto espone che, in data 6 marzo 2016, prestava servizio di operatore di postazione avanzata presso il Corpo di Guardia con orario di servizio 6.44/13.10 unitamente ad un Sovrintendente responsabile del Corpo di Guardia.

Intorno alle ore 6.50 a causa di lavori all’impianto elettrico veniva a mancare la corrente elettrica e, pertanto, la carraia lato sinistro veniva lasciata aperta per consentire il normale transito pedonale. L’Assistente Capo, a causa dello stato febbrile improvvisamente insorto quel giorno, informava del proprio malessere il responsabile del servizio, il quale lo autorizzava ad utilizzare un autoveicolo di servizio.

Precisamente, veniva accordato il permesso di posizionare il suddetto veicolo all’ingresso, in modo da poter assolvere il compito assegnatogli all’interno dell’autovettura, con sistema di riscaldamento azionato.

Tuttavia, intorno alle ore 8.15, il Dirigente della Polizia di Stato, Sezione Polizia stradale di Roma nell’arrivare in ufficio riscontrava che la porta carraia era aperta senza, apparentemente, nessun dipendente posizionato presso la c.d. postazione avanzata.

L’ufficiale verificava, poi, dopo aver parlato con il Soprintendente Capo, che il ricorrente si trovava all’interno di un’autovettura di servizio con il motore acceso per riscaldarsi e che detta autovettura si trovava presso la carraia.

Il dirigente contestava, quindi, detta condotta ritenendola in contrasto con l’ordine di servizio e, successivamente, dopo aver svolto l’iter istruttorio, lo stesso ufficiale infliggeva al ricorrente la sanzione disciplinare oggetto del presente giudizio.

Il Tar Lazio ha accolto il ricorso per un duplice ordine di motivi:

I chiarimenti istruttori richiesti dal collegio hanno consentito di appurare che il ricorrente non solo era stato autorizzato dal proprio superiore gerarchico, al momento dell’insorgere dell’improvviso stato febbrile, a prelevare l’automobile di servizio e a posizionarsi presso la postazione avanzata dentro l’abitacolo dell’autovettura, ma anche che la postazione avanzata non era rimasta incustodita se non per il tempo strettamente necessario a posizionare ivi l’automobile.

Il secondo motivo è dovrebbe far riflettere poiché, differentemente da quanto accade per Forze di Polizia ad Ordinamento militare e le Forze Armate, il T.A.R. richiama un principio di terzietà costituzionalmente garantito, di fatto non valido per i militari.

L’irrogazione della sanzione del richiamo scritto, che ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.p.r. n. 737/1981, “è inflitto, per iscritto, dal capo dell’ufficio o dal comandante del reparto dal quale il trasgressore gerarchicamente dipende”, è stata effettuata dal dirigente della Sezione Polizia Stradale di Roma, che è lo stesso organo che:

– ha constatato la presunta violazione;

– ha formulato la contestazione degli addebiti disciplinari;

– ha esaminato le giustificazioni del ricorrente;

– ed, infine, ha emesso il provvedimento finale con cui ha inflitto all’Assistente Capo la sanzione disciplinare del richiamo scritto.

Risulta, dunque, palese – secondo il T.A.R. – la violazione del principio generale a garanzia dell’imparzialità e della terzietà della p.a., ricavabile delle norme sopra riferite, secondo il quale il soggetto che irroga la sanzione disciplinare deve necessariamente essere distinto dal soggetto che ha condotto la pregressa fase della rilevazione della mancanza e della contestazione degli addebiti.

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