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Pirateria: Guardie Giurate vigileranno a sicurezza delle navi mercantili

 
Il 19 ottobre, Alessandro Pansa, direttore generale della Pubblica Sicurezza, ha firmato la Circolare attuativa del Decreto del ministero dell’Interno, n.266 del 28 dicembre 2012, ovvero il regolamento che riguarda l’impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana, che transitano in acque internazionali a rischio pirateria.

Nonostante lo straordinario impegno della Marina militare che dal novembre 2011 ha assicurato la protezione di circa 245 viaggi nell’Oceano Indiano grazie all’imbarco dei Nuclei Militari di Protezione (Nmp), restavano a tutt’oggi ancora scoperte alcune rilevanti rotte nell’area a rischio pirateria. Da qui la necessità invocata da Confitarma di dare attuazione anche al secondo pilastro della legge n.130/2011 che consente alle società armatrici, in via suppletiva – previa comunicazione della Difesa/Marina Militare dell’impossibilità di impiegare i Nmp per il viaggio richiesto – la facoltà di richiedere i servizi di protezione attiva da parte di istituti di vigilanza privati, a tal fine decretati, per mezzo di guardie giurate particolari a bordo delle navi battenti bandiera italiana in transito nell’area a rischio pirateria.  
 
Riportiamo un estratto dell’intervista per Lastampa.it, di Carlo Biffani, ufficiale in congedo della Brigata Paracadutisti, esperto di operazioni di forze speciali, di security ed intelligence privata. Biffani è attualmente direttore generale di Security Consulting Group, e presidente di Assosecurnav.  
 
«La Circolare Esplicativa rappresentava l’ultimo dei passaggi necessari affinché la Legge 130 avesse pieno compimento anche per quanto riguarda il suo secondo pilastro, quello rappresentato dall’offerta di servizi di protezione da parte di soggetti provenienti dal mondo della sicurezza privata. La pubblicazione rende finalmente possibile l’impiego di Guardie Particolari Giurate a bordo di navi mercantili battenti bandiera italiana».  
  
Cosa cambia ora?  
 
«Si tratta di una sfida senza eguali per il mondo della sicurezza sussidiaria, perché le modalità di impiego, gli aspetti logistici, le interazioni con realtà internazionali, il livello di preparazione degli operatori e le aree di intervento, rappresentano qualcosa di mai tentato fino ad oggi dal mondo degli Istituti di vigilanza. Personalmente ritengo che solo una sinergia forte fra questi e le realtà che nel nostro Paese si occupano di sicurezza in aree di crisi e di fatto rappresentano quanto di più simile alle Private Security Companies di ispirazione anglosassone, possa dare i risultati sperati e soprattutto all’altezza delle richieste degli armatori mercantili italiani, che sarà bene sottolinearlo, conosce ed acquista già da anni questo genere di servizi su navi di proprietà degli stessi armatori italiani, che battono altra bandiera».  
 
Una sfida non priva di rischi e difficoltà quindi…  
 
«Se non si affronterà questa sfida con il giusto approccio, e se non si sarà in grado di confrontarsi con un offerta straniera che è già a livelli altissimi, grazie ai sei o sette anni di vantaggio accumulati dalle società estere che appunto, forniscono da tempo servizi di protezione armata, si rischierà di essere tagliati fuori dal business. Sono curioso di conoscere nel particolare, i protocolli previsti per la formazione del personale civile, perché da conoscitore del fenomeno, so bene quali siano le esigenze dell’operatore che deve salire a bordo e svolgere il proprio servizio e conosco, come tutti coloro i quali svolgono compiti analoghi sia su terra che in mare, quali siano le priorità in termini sia di requisiti che di preparazione, per portare l’operatore al livello di preparazione richiesta».  
 
Si potrebbero creare dei conflitti con le autorità militari?  
 
«Personalmente spero che non si crei una situazione nella quale, la Marina Militare, si trovi contemporaneamente a vendere servizi, per altro in regime di privilegio vista la norma che prevede il diritto di prelazione, e a svolgere i corsi di formazione per gli operatori del mondo della vigilanza. Mi sembra corretto ricordare infatti, che la Marina militare garantisce attualmente più del 50% delle necessità degli armatori e che lo fa da una posizione di privilegio, aspetto questo sul quale potrebbe pendere una sanzione verso il nostro Paese da parte degli organismi europei che vigilano sulle regole del mercato del lavoro nell’Unione.  
 
Rimane però la precedenza per gli organismi militari di Stato…  
 
«Fintanto che la norma prevedrà che un armatore non possa scegliere liberamente di chi avvalersi, ma vi sarà l’obbligo di rivolgersi prima al competitor di Stato, gli spazi per progetti industriali di rilievo da parte degli istituti di Vigilanza, saranno necessariamente ridotti. Gli armatori si aspettano comunque da parte di soggetti come gli Istituti di vigilanza, lo stesso livello di preparazione e di performance delle società che già operano in quel teatro, e gli Istituti italiani dovranno poter contare su chi sia in grado di offrire loro facilitazioni di qualità nella preparazione e nello svolgimento di tali attività.  
 
Com’è la situazione di questi operatori nel Paese?  
 
«Abbiamo in Italia centinaia di operatori in grado di assolvere egregiamente a questo compito, operatori inseriti nel circuito delle compagnie di mitigazione e gestione del rischio, oppure provenienti dalle Forze Armate ed in cerca di impiego, e contiamo, superato un primo momento di affinamento delle reciproche qualità e delle esigenze, di poter essere all’altezza della sfida».  

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