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Mobbing militare: pensione privilegiata di di 1^ ctg. vitalizia ad un ufficiale vittima di situazioni vessatorie da parte di superiori gerarchici

Un Ufficiale dell’Aeronautica Militare veniva giudicato “permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato” dalla Commissione Medica Ospedaliera del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma per la patologia “Persistente disturbo adattamento con aspetti emotivi misti ansioso depressivi confermati al test, precedentemente trattato con ricovero psichiatrico”. Il ricorrente venne quindi posto in congedo anticipato per infermità non dipendente da causa di servizio.

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L’ufficiale ritenendo che la patologia fosse diretta conseguenza di fatti inerenti la condizione lavorativa, nel 2013 presentò istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, richiedendo la pensione privilegiata.

Nel 2016 l’INPS negava la concessione della pensione privilegiata ordinaria, in quanto il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, aveva espresso il parere che l’infermità “sindrome ansiosa depressiva resistente ai farmaci” non può riconoscersi dipendente da causa di servizio, “in quanto trattasi di forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi di somatizzazione attraverso i canali neuro – vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta”.

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Nel 2017 l’ufficiale si rivolse alla Corte dei Conti dell’Emilia Romagna descrivendo il percorso di visite specialistiche e di cure alle quali si era sottoposto fino alla cessazione dal servizio.

L’Ufficio Medico Legale del Ministero della Salute, all’uopo interpellato, con la partecipazione di un esperto esterno specialista ospedaliero in psichiatria, ha svolto un’approfondita analisi della fattispecie, nel pieno contraddittorio con i periti delle parti, sottoponendo il ricorrente a visita diretta ed acquisendo la documentazione necessaria al fine di valutare il servizio svolto e l’incidenza causale dello stesso nell’evoluzione della patologia psichiatrica accertata.

In particolare, l’UML ha posto in rilievo che il ricorrente, nel corso della sua attività lavorativa, “è andato incontro a diverse situazioni di pericolo per la propria vita durante le missioni all’estero e a particolari situazioni vessatorie da parte di superiori gerarchici, come ampiamente documentato da indagini svolte e i cui resoconti investigativi sono presenti in atti”.

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L’UML ha anche osservato come l’infermità lamentata dal ricorrente, come documentata in atti e riscontrata dalla visita diretta effettuata, è andata incontro ad un progressivo peggioramento, “sino ad assumere aspetti di grave depressione del tono dell’umore come espressione di una sindrome traumatica da stress”, proprio in correlazione con il graduale aumento, nel tempo, della perdita di autostima correlata alle vessazioni subite, intense e continue, ed alle successive conseguenze, fatti di servizio, gravi e costanti, che costituiscono quindi certamente concausa efficiente e determinante dell’insorgere e dell’aggravarsi della patologia che ha cagionato la cessazione dal servizio del ricorrente.

I continui e rilevanti fatti di vessazione subiti dai superiori hanno trovato conferma nel corso delle indagini svolte in sede penale, che descrivono minuziosamente i fatti rilevanti emersi a seguito dell’indagine e delle testimonianze acquisite e che hanno confermato i numerosi episodi di vessazione che hanno determinato l’insorgere e l’aggravarsi della malattia.

Le conclusioni cui è pervenuta l’indagine penale confermano “situazioni suscettibili di essere comprese nel fenomeno che la giurisprudenza comune ha identificato come “straining”, più comunemente noto come mobbing in ambito militare. In effetti, la presente indagine contiene tutti gli elementi costituenti il fenomeno – reato: azioni di reprimenda ingiustificate, emarginazione sociale, violenza psicologica o sabotaggio professionale. Il tutto confluito in apposita documentazione sanitaria comprovante una condizione di “depressione maggiore cronicizzata in disturbo dell’adattamento in situazione occupazionale con aspetti avversativi giunta sino alla riforma totale per inabilità fisica”.

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I fatti di servizio – secondo la Corte dei Conti – confermano l’infondatezza del giudizio medico legale espresso dal Comitato di Verifica delle Cause di Servizio che motiva il giudizio di non dipendenza da fatti di servizio sull’erronea valutazione proprio di tali fatti, quali insufficienti, per intensità e durata, a favorire lo sviluppo dell’infermità.

Risulta – conclude la Corte dei Conti – quindi pienamente provata la rilevanza concausale del servizio reso all’ingenerarsi e, soprattutto, alla rapida progressione della patologia psichiatrica, che l’Ufficio Medico Legale ritiene equo classificare, in relazione alla gravità riscontrata, alla 1^ ctg. della Tab. A.

La Corte ha dunque accolto il ricorso, con accertamento del diritto del ricorrente alla pensione privilegiata ordinaria di 1^ ctg. vitalizia, Tab. A, per l’infermità “sindrome ansioso depressiva, resistente ai farmaci” a decorrere dalla data del congedo, avvenuto il 25 maggio 2015, da durare a vita.

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