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MILITARI E FORZE DI POLIZIA, PER RICONGIUGIMENTO FAMILIARE LA CARENZA DI PERSONALE NON E’ OSTACOLO AL TRASFERIMENTO

La vicenda decisa dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento riguardava il caso di un carabiniere che espleta servizio in Nord Italia e che, dopo la nascita di un figlio, invocando l’applicazione del diritto stabilito dall’art. 42-bis del D. Lgs. 151/2001, aveva richiesto il trasferimento nella provincia del Sud dove l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, al fine di ricongiungersi con la propria famiglia.

Il Tribunale Amministrativo Regionale di Trento, con sentenza nr. 206 del 2016 ha accolto il ricorso del militare.

Secondo il TAR infatti, “il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’art.1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati entro trenta giorni dalla domanda e limitato a casi o esigenze eccezionali”. Il Collegio osserva, per un primo profilo, che costituisce pacifico approdo della giurisprudenza amministrativa per un verso l’affermata applicazione di tale norma anche per il personale delle forze armate e delle forze di polizia, e per altro la necessità che l’eventuale provvedimento di rigetto debba essere congruamente motivato, trattandosi di disposizione volta a dare protezione a valori di rilievo costituzionale.  Sotto un secondo profilo, va evidenziato che la locuzione finale dell’art. 42 bis, co. 1, del d.lgs. cit. (“e limitato a casi o esigenze eccezionali”) è stata aggiunta dall’art. 14, comma 7, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in vigore alla data del provvedimento di rigetto qui impugnato. Orbene: ancorché tale aggiunta – così come inserita nell’ambito della norma in esame – non corrisponda esattamente ad esigenze di immediata chiarezza, pare fuor di dubbio che essa debba intendersi riferita al provvedimento di rigetto, sicché è a questo che va ricondotta la possibilità, appunto circoscritta a casi o esigenze eccezionali, per l’amministrazione di denegare legittimamente l’avvicinamento familiare richiesto dal dipendente.

Ne consegue che, a seguito dell’introdotta modifica legislativa, la legittima possibilità per l’amministrazione di negare l’avvicinamento richiesto, qualora effettivamente giustificato dalla necessità di assistere i figli minori all’età di tre anni, non può essere ora semplicemente ricondotta alla scopertura dell’organico nella sede di servizio, nel caso di specie effettivamente sussistente: si deve viceversa riconoscere che, sia pur nel conservato quadro comparativo degli interessi in questione, la situazione del dipendente abbia acquisito una valenza preminente, degradabile – appunto – solo in presenza di casi od esigenze eccezionali, di cui l’amministrazione deve dar conto nella conduzione della fase istruttoria e nella motivazione del provvedimento.

Nella fattispecie in esame, il ricorrente ha dimostrato la propria situazione di genitore della figlia minore e l’impegno lavorativo della coniuge, oltre all’assenso manifestato dal Comandante della compagnia di Lecce, giustificato – come emerso dall’istruttoria disposta dal Collegio – dall’effettiva sussistenza nella sede di destinazione di posti vacanti nello stesso grado rivestito dal ricorrente.

La motivazione addotta dall’amministrazione per respingere la domanda di avvicinamento, basata sull’asserita preminenza della scopertura dell’organico presente nella sede di Sant’Orsola, si appalesa dunque del tutto carente ed insufficiente per legittimare l’operato diniego, attesa vieppiù la possibilità – espressamente riconosciuta dall’art. 42 bis d.lgs. cit. – di consentire l’avvicinamento familiare del dipendente anche in modo frazionato nel corso del periodo massimo triennale consentito dalla norma.

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