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MILITARI COME 007, IL BLITZ DI FINE LUGLIO

(di Gianluca De Feo) – Poche righe in clima estivo per stravolgere la riforma
dei servizi segreti
, varata nel 2007 dopo un lunghissimo dibattito
parlamentare. E affidare l’attività di intelligence anche ai reparti militari,
all’estero e potenzialmente pure in Italia.
Proprio quello che la riforma
voleva evitare, per superare una volta per tutte il ripetersi di quelle
situazioni oscure che hanno segnato la storia degli ultimi cinquant’anni. «Il
nostro paese ha già pagato molto la deviazione delle regole costituzionali», ha
detto il deputato Pd Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione
delle vittime di Ustica: «Non sarò certo io a mettere una firma sul ritorno al
passato»

La mozione presentata dal senatore Nicola Latorre è stata approvata ieri. E
segna un passaggio fondamentale per la vita democratica. Il nuovo testo di
legge infatti cancella il fondamento della riforma, che assegnava «in via
esclusiva» agli organismi civili dipendenti dalla presidenza del Consiglio le
funzioni di intelligence. Un cambiamento nato nel 2007 dopo lo scandalo dei
dossieraggi illeciti condotti dal Sismi, il servizio segreto militare, durante
la guida del generale Nicolò Pollari. Per questo il Sismi era stato
sciolto, abolendo tutti gli uffici che aveva sul territorio nazionale, e tutta
la materia affidata a nuovi organismi civili: lo spionaggio interno all’Aisi,
quello esterno all’Aise, sotto la direzione del Dis.

Il legislatore aveva riconosciuto un unico compito ai reparti militari,
limitando lo spionaggio alla protezione ravvicinata dei contingenti in azione
all’estero. Da allora però è rimasto irrisolto il destino delle strutture
di intelligence militari
, i vecchi Sios presenti in ciascuna forza armata.
Due anni dopo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta
aveva rimarcato il problema, presentando due alternative: scioglierli oppure
raggrupparli «in un vero e proprio organismo di intelligence militare dipendente
dal ministero della Difesa, con compiti esclusivi di tutela dei nostri militari
dislocati “in teatro”». Un’ipotesi, questa, che aveva trovato il consenso di
Gianni De Gennaro, all’epoca direttore del Dis e quindi coordinatore di tutta
l’attività di intelligence.

In otto anni non ci sono state iniziative concrete. I militari infatti hanno
mantenuto il controllo di apparati fondamentali per la raccolta di
informazioni. Come i sistemi satellitari: dalla
rete Cosmo-Skymed
 con radar che riescono a scrutare il pianeta in ogni
orario e in ogni condizione metereologica fino al nuovo Opsat 3000 di
produzione israeliana con un sensore all’infrarosso.

Sistemi ad alta tecnologia che costano miliardi di euro e catturano
continuamente immagini. O come il Dragone-spia,
l’aereo noleggiato dalla Lockheed
 che decollando da Pratica di Mare fa
incetta di telefonate, mail, comunicazioni radio per arrivare a localizzare i
bersagli indicati. Oppure la nave Elettra della Marina con strumentazioni per
il monitoraggio elettronico, che è stata schierata lo scorso anno nel Mar Nero
subito dopo l’occupazione russa della Crimea.

Anche il più efficace strumento da ricognizione esistente, i droni Predator,
sono dell’Aeronautica, che li ha utilizzati nelle missioni in Afghanistan,
Libia e adesso in Iraq nel contrasto dell’Isis.

Ora il testo di soli quattro articoli presentato da Latorre,
presidente della Commissione Difesa e membro del comitato di vigilanza sui
servizi, permette ai militari di usare questi mezzi nello spionaggio senza
confini. La misura è stata votata da tutti i partiti nella Commissione Difesa
congiunta Camera-Senato. L’unica opposizione è stata del Movimento 5 Stelle,
che prima ha fatto introdurre l’obbligo per Palazzo Chigi di chiedere un parere
preventivo al Copasir. E poi si è astenuto, definendole «poche ma pericolose
righe per dare al presidente del Consiglio il potere eccezionale di trasformare
in uomini dell’intelligence, in 007 quindi, chi fa parte dei reparti speciali
delle forze armate, con tanto di segreto di Stato garantito. A questo si
aggiunge anche il potere di non rispondere di eventuali crimini commessi. Non
solo parole e poteri pericolosi e senza chiari confini, ma anche veri e propri
rischi di costituzionalità».

La Torre ha spiegato che «si tratta di una norma utile a rafforzare le nostre
capacità operative in presenza di particolari casi di emergenza nel quadro
delle missioni internazionali». Mentre alcuni commissari hanno precisato che il
provvedimento dà copertura di legge a situazioni «che già si verificano nella
realtà».

Ma le nuove regole non sono limitate alle operazioni all’estero. Il testo della
legge parla dell’«adozione di misure di intelligence di contrasto, anche in
situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgano aspetti di
sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero». E
quell’«anche» apre la porta alla legittimazione dei militari-007 pure sul
territorio nazionale.

Su “Repubblica” Felice Casson, il deputato Pd che come magistrato
ha indagato per anni sulle deviazioni dei servizi segreti militari e su Gladio,
ha manifestato la sua contrarietà: «Intravedo seri rischi di costituzionalità.
C’è il rischio di creare un sistema di intelligence parallelo». E poi ha
incontrato il sottosegretario Minniti, discutendo «la possibilità di migliorare
l’emendamento, che così come è desta delle perplessità». L’obiettivo è quello
di dare la possibilità di «intervenire solo in situazioni estremamente limitate
e di emergenza, non in casi ampi. Va scritto un testo per bene e il governo è
disponibile».

Una delega del genere, circoscritta a vicende straordinarie in cui sia in
pericolo la vita di cittadini italiani, permetterebbe solo di dare la copertura
legale ai reparti speciali, che si tratti di commandos o di mezzi da
ricognizione, chiamati a intervenire: una misura necessaria in questi tempi di
crisi costanti. Resterebbe però irrisolto lo snodo della riforma: che fine
devono fare le strutture militari di intelligence che gestiscono satelliti e
aerei spia?

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